Le raccomandazioni dello Stato etico
L’ultimo decreto del presidente del Consiglio contiene, oltre a divieti e obblighi, anche “raccomandazioni” che riguardano la condotta a casa. Che valore hanno? Dal punto di vista giuridico, nessuno. La decisione di inserirle nel Dpcm si giustifica esclusivamente nell’ottica di una morale di Stato. E desta allarme in ragione dei metodi da Stasi evocati dal ministro Speranza
Insomma: cosa sono questi Dpcm che ci siamo abituati ad aspettare e a leggere affannosamente appena pubblicati? Che natura hanno? La domanda è legittima quando scopriamo che l’ultimo decreto del presidente del Consiglio dei ministri (firmato da Giuseppe Conte il 13 ottobre ma, nella tarda serata dello stesso giorno, non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, quindi ancora non efficace: del resto la validità del precedente Dpcm è stata prorogata al 15 ottobre) contiene - oltre a divieti, obblighi, prescrizioni, disposizioni per le Amministrazioni pubbliche - anche raccomandazioni.
L’articolo 1, in effetti, prima stabilisce l’obbligo di indossare le mascherine nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private nonché all’aperto, salvo le eccezioni specificamente indicate, e poi aggiunge: “È fortemente raccomandato l’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie anche all’interno delle abitazioni private in presenza di persone non conviventi”.
L’art. 6, invece, nel vietare le attività delle sale da ballo e delle discoteche anche all’aperto, aggiunge: “Sono vietate le feste nei luoghi al chiuso e all’aperto. Le feste conseguenti alle cerimonie civili e religiose sono consentite con la partecipazione massima di 30 persone nel rispetto dei protocolli e delle linee guida vigenti. Con riguardo alle abitazioni private, è fortemente raccomandato di evitare feste, nonché di evitare di ricevere persone non conviventi di numero superiore a sei”.
Ci interessano queste due raccomandazioni che - non è un caso - riguardano la condotta tenuta all’interno delle abitazioni private. Secondo una prassi che abbiamo già visto in precedenza, prima il Governo ha fatto circolare bozze che parlavano di divieti di feste, ricevimenti nonché obblighi di mascherine anche all’interno delle abitazioni; nell’intervista televisiva, il ministro della Salute aveva fatto comprendere come questi divieti e obblighi sarebbero stati fatti rispettare: i delatori (figure tornate alla ribalta nei mesi di lockdown) e la polizia, che, in qualche modo allertata dai primi, sarebbe riuscita ad entrare nelle case dei cittadini riottosi e festanti. Si trattava di una diffusione controllata di notizie “per vedere l’effetto che faceva”: e, poiché la reazione di moltissime persone è stata rabbiosa, indignata, sarcastica, il Governo ha pensato bene di fare un passo indietro.
In effetti, quanto proclamato dall’art. 14 della Costituzione - “Il domicilio è inviolabile” - è profondamente iscritto nel sentire comune di ogni cittadino di uno Stato democratico: la casa dove abito con i miei familiari, dove custodisco le cose per me importanti, dove si svolgono gli atti più importanti della vita non deve essere violata, né da estranei, né dallo Stato! E infatti la norma costituzionale stabilisce limiti e garanzie per ispezioni e perquisizioni e prevede, altresì, che “gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità o incolumità pubblica sono regolati da leggi speciali”: quindi ci vuole una legge del Parlamento che permetta solo in certi casi l’accesso all’abitazione, per motivi limitati e specificamente indicati; non basta certo un atto del presidente del Consiglio!
Tutto bene quel che finisce bene, allora? Non del tutto. In primo luogo, abbiamo scoperto che, all’interno del Governo, ci sono esponenti che sembrano ignorare questo diritto fondamentale del cittadino e che hanno tentato di far approvare norme che, per fortuna, sono state bloccate da chi, come il presidente del Consiglio, conosce bene la Costituzione.
In secondo luogo, sono rimaste le famose “raccomandazioni”. Che valore hanno? Dal punto di vista giuridico, nessuno: nessuna multa potrà essere elevata nei confronti di coloro che ricevono in casa loro più di sei persone non conviventi e che, per di più, non indossano mascherine. Sembra che si possa escludere anche un’efficacia giuridica diversa: nessuno potrà chiedere un risarcimento del danno per essersi infettato in conseguenza dell’essere entrato in un’abitazione in cui non venivano indossate le mascherine, anche perché in nessun modo potrà essere provato che sicuramente il contagio è avvenuto in quell’occasione.
Quindi, la decisione di lasciare nel decreto raccomandazioni non vincolanti si giustifica esclusivamente nell’ottica dello Stato etico, in una morale di Stato. Ricordate il presidente Conte quando disse che scaricare l’app Immuni, benché facoltativo, era un “obbligo morale”? Il ragionamento è lo stesso: mettendo i panni del bonus paterfamilias (secondo molti, del tutto abusivamente), Conte ci “fa la morale”, ci dice implicitamente: “Tu che non scarichi l’app Immuni e non ti metti le mascherine in casa, vergognati!”.
Possiamo certamente sorridere di fronte a questo atteggiamento. Anzi: possiamo ironizzare pesantemente. Ma, purtroppo, dietro il bonus paterfamilias si affaccia colui che ha controfirmato il decreto, il ministro della Salute, colui che ha evocato senza timore i metodi della Stasi. All’erta, quindi!
Del resto, la norma sul numero massimo di partecipanti alle feste ci fa intravedere una certa malafede. Rileggete la norma e chiedetevi: il divieto di feste con più di 30 persone si applica anche per quelle nelle abitazioni private? Da giurista, rispondo negativamente: per le feste nelle abitazioni private vale soltanto la raccomandazione non vincolante. Ma la norma non è forse scritta in modo che si possa ritenere il contrario?