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IL BELLO DELLA LITURGIA

L’Arca di San Domenico, compendio di teologia e bellezza

È un capolavoro di scultura l’Arca che custodisce, all’interno della basilica bolognese di San Domenico, le spoglie del fondatore dell’Ordine dei Predicatori. Da Arnolfo di Cambio a Michelangelo, tanti gli artisti che nei secoli vi contribuirono, trasmettendo una straordinaria catechesi sulla vita del santo e il messaggio di salvezza.

Cultura 08_08_2020

Arca di San Domenico – Bologna, Basilica di San Domenico

Guida e proteggi, Signore, la tua Chiesa per i meriti e gli insegnamenti di san Domenico: egli, che fu insigne predicatore della tua verità, interceda come nostro patrono davanti a te” (Colletta festa liturgica San Domenico di Guzmán).


Era il 6 agosto del 1221 quando, a Bologna, moriva san Domenico di Guzmán. Architettonicamente parlando, la basilica del convento dell’Ordine dei Frati Predicatori da lui fondato - riconosciuto definitivamente qualche anno prima, nel 1216, da papa Onorio III - sarebbe stata presa come modello per le chiese domenicane costruite, copiose, nei secoli a seguire. Ciò che sicuramente, però, la contraddistingue è la presenza, al suo interno, delle reliquie del santo, custodite in una cappella che è, prima di tutto, luogo di profonda spiritualità. E dalla devozione dei confratelli verso il loro padre spirituale scaturì, inevitabilmente, la bellezza: san Domenico riposa in un’arca che è un capolavoro di scultura e, insieme, un compendio di teologia inserito in un contesto via via impreziositosi nel tempo.

Tutto ebbe inizio dopo la sua canonizzazione, sancita da Gregorio IX nel 1234, e dal conseguente afflusso di pellegrini che accorrevano sempre più numerosi sulla tomba del santo. Da qui, la decisione di trovare una sistemazione più idonea e visibile per le sacre spoglie e la commissione di un nuovo, monumentale sarcofago a Nicola Pisano, all’epoca scultore – e architetto – già pienamente affermato. L’impresa si rivelò essere una palestra fondamentale per uno dei suoi più stretti collaboratori, Arnolfo di Cambio, destinato anche lui a un futuro di successo.

I rilievi del parallelepipedo, che rappresentano le storie della vita di Domenico, sono un prezioso documento agiografico, essendo stati ispirati da quanto direttamente riferito all’artista dai frati che avevano personalmente conosciuto il santo, avendogli vissuto accanto. Il pannello a destra sul lato lungo verso l’entrata segna l’incipit del racconto: proseguendo in senso orario si succedono gli episodi miracolosi di cui fu costellata la sua esistenza terrena, tra cui l’apparizione di Pietro e Paolo, mandanti della sua missione di predicatore.

La storia di quest’opera straordinaria si arricchì, nel tempo, di ulteriori incisivi episodi. Negli anni Settanta del XV secolo Niccolò da Bari, significativamente chiamato Niccolò dell’Arca, scolpì la cimasa ovvero il “coperchio” del sarcofago. Il suo lavoro, lasciato incompiuto, coinvolse un giovanissimo Michelangelo che, non ancora ventenne, eseguì le parti mancanti. Un secolo più tardi il ferrarese Alfonso Lombardi decorò il basamento. Il risultato dei molteplici interventi fu, ed è, una catechesi da approfondire lasciando scorrere lo sguardo dall’alto verso il basso.

Il Padre Eterno che si erge sul globo terrestre, reggendone contemporaneamente un altro vicino al cuore in segno del Suo divino amore, è simbolo della Creazione che si manifesta nei festoni dei frutti della terra, nei putti del cielo e nei delfini che popolano le acque marine. Il mistero della Redenzione è, poi, opera di Cristo, qui affiancato da due angeli, quello dell’Annunciazione e quello della Passione: accanto a loro sono presenti i quattro Evangelisti cui è affidato il compito di diffondere nel mondo il messaggio salvifico.

Con il Padre e il Figlio, ecco lo Spirito Santo, visibile attraverso gli effetti che la Sua forza opera nella Chiesa, rappresentata dagli otto santi protettori di Bologna, nel cui alveo si sviluppa l’Ordine domenicano, la cui storia è ampiamente narrata attraverso le gesta del suo fondatore.

Su tutto risplende la Gloria di San Domenico affrescata nel Seicento da un altro maestro, Guido Reni, nel catino absidale. Domenico è, infine, accolto in cielo tra la Vergine e il Cristo, nel Paradiso festante che la presenza di numerosi angeli musicanti lascia anche a noi desiderare.