Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Tutti i Santi a cura di Ermes Dovico
Vita eterna

La preghiera per i defunti e il desiderio di una morte santa

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La ricorrenza del 2 novembre ci ricorda l’importanza di offrire suffragi per i defunti, la migliore carità verso di loro. La pace di chi muore in grazia di Dio. E lo sprone per noi stessi: convertirci e aspirare a una morte santa.

Ecclesia 01_11_2025

«Poi udii una voce dal cielo che diceva: “Scrivi: Beati d’ora in poi, i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono» (Ap 14,13). Questo versetto dell’Apocalisse – il libro scritto da san Giovanni Evangelista e che chiude il canone biblico – ci aiuta ad entrare nel senso della commemorazione di tutti i fedeli defunti, che si celebra ogni 2 novembre. In questo giorno i cimiteri si riempiono di visitatori, che portano un fiore, un lumino, una preghiera, per onorare il ricordo di chi in terra non c’è più, a parte che con le sue spoglie mortali. Il dolore per la perdita di una persona cara è una situazione che accomuna, presto o tardi, tutti noi. Può certamente variare d’intensità, a seconda delle circostanze. Ma a cambiare più spesso sono i modi di affrontarlo.

Oggi viviamo in una società diffusamente secolarizzata, dove spesso non si ha idea di cosa ci sia dopo la morte (“se c’è qualcosa”) e se la si ha, a volte, è confusa. Questo non può stupire se si tiene conto che anche in seno alla Chiesa cattolica è ormai rara la catechesi su morte, giudizio, Inferno, Purgatorio e Paradiso. Di fronte a una persona cara che muore, anche tra noi battezzati si fa fatica ad accettare, ci si arrabbia – perfino con Dio – non si riesce a trovare la pace. Eppure, questa pace può venire solo se si riscopre la nostra realtà di pellegrini sulla terra, cioè se si recupera la dimensione della vita eterna, di un Dio che ci ama e ci ha amato fino a umiliarsi, fino ad assumere su di Sé la condizione umana e morire in croce, pur di offrirci la salvezza. E, ancora, la si trova – la pace – se si guarda all’amore della Madre celeste, quella stessa Madre che sul Calvario intercedeva e pregava per la conversione di coloro che gli stavano uccidendo l’unico Figlio, l’Agnello. Il cui sacrificio ci ricorda che il dolore, offerto in unione al Suo, è redentivo.

Allora, questo inizio di novembre è propizio perché si riscopra la sicura consolazione di chi muore in grazia di Dio (come l’Apocalisse ci conferma) e perché si offrano preghiere, Messe, elemosine e altre opere di carità in suffragio di quei nostri defunti ancora sulla via della purificazione: chiaramente, noi non possiamo sapere chi di loro è in Purgatorio, ma di certo lo sa Dio, che distribuisce i nostri suffragi secondo la Sua infinita sapienza e bontà.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica riassume la dottrina sul Purgatorio in tre numeri (1030-1032), il primo dei quali appunto afferma: «Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo» (CCC, 1030). E all’inizio del numero successivo spiega: «La Chiesa chiama purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt’altra cosa dal castigo dei dannati. [...]» (CCC, 1031). Quindi, per usare un’immagine classica, il Purgatorio permette al fedele defunto di lavare le sue vesti per presentarsi puro, con il vestito candido, alle nozze del Cielo. Egli desidera ormai, ardentemente, contemplare Dio, perciò con le nostre opere di pietà nei suoi confronti possiamo abbreviargli il tempo che lo separa dalla visione beatifica.

Le anime purganti non possono più acquisire meriti per loro stesse, ma già intercedono per noi e pregano affinché rifuggiamo il peccato e possiamo più facilmente conseguire la salvezza eterna. Anche questa loro cura verso di noi è segno di quella realtà splendida che la Chiesa chiama comunione dei santi e che san Paolo VI esprimeva così: «Tra i fedeli, che già hanno raggiunto la patria celeste o che stanno espiando le loro colpe nel purgatorio, o che ancora sono pellegrini sulla terra, esiste certamente un vincolo perenne di carità ed un abbondante scambio di tutti i beni, per mezzo dei quali, con la espiazione di tutti i peccati dell’intero corpo mistico, viene placata la giustizia; la misericordia di Dio viene così indotta al perdono, affinché al più presto i peccatori, sinceramente pentiti, possano essere introdotti a pieno godimento dei beni della famiglia di Dio» (Indulgentiarum doctrina, 5).

Sempre a proposito di pietà per i defunti, va ricordata l’ampia possibilità che la Chiesa offre lungo tutto l’ottavario che inizia oggi. Infatti, da mezzogiorno dell’1 novembre fino a tutto il 2 novembre si può lucrare l’indulgenza plenaria per un defunto, visitando il cimitero o una chiesa e ivi recitando il Padre Nostro e il Credo. Vanno adempiute altre tre condizioni: Confessione (anche otto giorni prima o dopo, purché ci si comunichi in grazia di Dio), Comunione e preghiera secondo le intenzioni del Papa (Padre Nostro, Ave Maria e Gloria). La stessa possibilità – con le medesime tre condizioni – è concessa dall’1 all’8 novembre, una volta al giorno, ai fedeli che visitano un cimitero e pregano, anche solo mentalmente, per un defunto.

Com’è vero che questi giorni di novembre ci esortano particolarmente alla preghiera per i nostri cari defunti, è altrettanto vero che devono servirci da sprone ad arrivare preparati a quella che sarà la nostra morte. Perché, come ci ricorda Gesù nel Vangelo, non sappiamo «né il giorno né l’ora» (Mt 25,13). Bisogna cioè imitare i santi, come spiega sant’Alfonso Maria de’ Liguori in uno dei suoi scritti più noti: Apparecchio alla morte (1758). E come si preparano loro alla morte? «I Santi non si affliggono in dover lasciare i beni di questa terra, poiché ne han tenuto staccato il cuore. […] Non si affliggono in lasciare gli onori, poiché più presto li hanno abbominati, e tenuti (quali sono) per fumo e vanità; solo hanno stimato l’onore di amare, ed essere amati da Dio. Non si affliggono in lasciare i Parenti, perché costoro – aggiunge sant’Alfonso Maria – solo in Dio l’hanno amati; morendo gli lasciano raccomandati a quel Padre celeste, che gli ama più di loro, e sperando di salvarli, pensano che meglio dal Paradiso, che da questa terra potranno ajutarli. Insomma quel che sempre han detto in vita: Deus meus, et omnia [Mio Dio e mio tutto]; con maggior consolazione, e tenerezza lo van replicando in morte».



LA COMMEMORAZIONE

Fedeli defunti, si prega per loro perché il Purgatorio c’è

02_11_2021 Stefano Bimbi

La Chiesa ci ricorda di pregare per quei morti che devono ancora scontare la loro pena in Purgatorio. Un luogo che non è un’invenzione medievale, ma la cui verità risulta già dall’Antico Testamento (e poi dal Nuovo) e dai primi secoli cristiani, vedi il diario di santa Perpetua del 203. Se si prega e si offrono Messe per i defunti è perché li si ritiene in Purgatorio, e li si vuole aiutare a giungere al più presto alla visione beatifica.
PRONTI ALLA MORTE, di T. Scandroglio

L’insegnamento

Le anime del Purgatorio e la loro intercessione per noi

02_11_2023 Ermes Dovico

Il Catechismo e i santi insegnano che non solo noi possiamo offrire Messe e preghiere per abbreviare le pene delle anime purganti, ma queste stesse anime intercedono per noi, ottenendoci grazie corporali e spirituali.