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PROGRAMMI MILITARI

La Nato aumenta le sue truppe. Ma non ha i mezzi per sostenerle

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Il nuovo segretario della Nato, l'olandese Mark Rutte, propone di aumentare di 250mila unità le forze Nato in Europa. Lo rivela Die Welt. Ma in piena crisi produttiva, materiale e di arruolamenti, con che mezzi si sosterrebbero?

Esteri 11_10_2024
Parata delle truppe Alleate a Varsavia (La Presse)

Secondo quanto pubblicato dal giornale tedesco Die Welt, Mark Rutte (il nuovo segretario generale della Nato) avrebbe già messo a punto un programma per “lasciare il segno” che prevede il potenziamento delle forze dell’alleanza per prepararsi alla futura guerra con la Russia che è stata prevista entro pochi anni, ormai, da molti leader militari e politici in tutta Europa ma ampiamente negata da Mosca.

Da un lato il Cremlino ha negato qualsiasi piano di attacco alla Nato che Vladimir Putin ha definito "sciocchezze" e propaganda dei governi occidentali volta a spaventare le popolazioni europee "per estorcergli spese militari aggiuntive". Dall’altro diversi esponenti russi hanno avvertito che il coinvolgimento crescente dell'Occidente in Ucraina crea il rischio di uno scontro diretto tra Mosca e il blocco.

Secondo i documenti riservati citato dal quotidiano tedesco, Rutte intende chiedere ai governi di schierare 49 brigate in più a partire dal 2030, dalle attuali 82 a 131: cioè circa 250 mila militari tenuto conto che una brigata Nato comprende circa 5mila militari. In realtà Die Welt prende in considerazione 5mila effettivi per ogni brigata prendendo a riferimento le brigate tedesche e non citando il documento che a quanto sembra delinea il numero di nuove brigate da costituire ma non il totale dei militari da arruolare. In ogni caso 5 mila unità è in media la forza effettiva di una brigata presso quasi tutte le nazioni della Nato.

Il documento di pianificazione definito “riservato” da Die Welt (ma tutto ciò che attiene la pianificazione è di solito classificato) riguarda i cosiddetti "Requisiti minimi di capacità" e delinea i requisiti che la Nato deve soddisfare per difendersi da un potenziale attacco russo all’Europa. Oltre alle unità da combattimento (brigate) il piano prevede anche l’aumento di comandi di corpo d’armata (da 6 a 15) e di divisione (da 24 a 38) e l’incremento di sistemi di difesa aerea a medio e corto raggio di ben cinque volte, da 293 a 1467 mente gli squadroni di elicotteri alleati dovrebbero aumentare da 90 a 104.

Rutte ha già chiesto agli alleati di non addurre scuse per dribblare l'impegno economico e militare necessario a sostenere un tale piano di potenziamento che sarebbe stato messo a punto dal comandante delle forze Usa e Nato in Europa, il generale Christopher Cavoli e dall’ammiraglio francese Pierre Vandier, dal 20 giugno a capo del comando Nato per la Trasformazione. (Supreme Allied Commander Transformation).

Non è chiaro quanto velocemente i paesi della Nato sarebbero in grado di soddisfare i nuovi requisiti il cui raggiungimento sembra essere previsto per dopo il 2030. L'aumento richiederebbe "ulteriori finanziamenti significativi", hanno affermato gli autori, come citato da Die Welt. Il piano «probabilmente richiederebbe di spendere per la difesa molto più del 2%» del Pil nazionale degli stati membri: non a caso la Polonia ha raggiunto il 4% del Pil per sostenere il suo ambizioso piano di riarmo.

Ognuno dei 32 Stati membri dovrebbe quindi costituire in media 1,5 brigate ma considerando le ridotte dimensioni di molti partner della Nato un simile potenziamento richiederebbe alle nazioni più grandi (Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna) di mettere in campo ognuna almeno 3/4 nuove brigate da equipaggiare con ulteriori investimenti multi miliardari. Il documento prevede infatti che la quantità di stanziamenti sarà comunque determinata dalla "ricchezza relativa e dalle dimensioni della popolazione di ogni alleato".

Le fonti del ministero della Difesa tedesco sentite da Die Welt valutano che alla Germania venga chiesto di costituire "dalle 5 alle 6 brigate da combattimento aggiuntive", e un altro squadrone di elicotteri in aggiunta alle 8 brigate oggi disponibili, più una in fase di costituzione e un’altra prevista entro il 2031. Il progetto potrebbe venire presentato e discusso alla riunione ministeriale Difesa il 17 e 18 ottobre a Bruxelles considerato che il vertice sull'Ucraina convocato il 12 ottobre nella base statunitense in Germania di Ramstein è stato rinviato per il mancato arrivo del presidente statunitense Joe Biden.

Gli obiettivi, tutti vincolanti secondo il documento citato da Die Welt, saranno presentati ai ministri della Difesa a Bruxelles, aprendo ancora una volta la discussione sull'esigenza di «significative risorse finanziarie aggiuntive ben oltre il 2% del Pil» raggiunto oggi solo da 23 dei 32 stati partner.

L’esistenza di questo documento dimostra che gli organismi militari della Nato lavoravano già da tempo a questo piano di potenziamento, trapelato solo ora dopo che Mark Rutte ha assunto l’incarico di segretario generale. Oppure, considerato che Die Welt ha potuto pubblicare i dati presi da un documento classificato, non si può escludere che l’ambizioso programma di rafforzamento della Nato sia stato fatto trapelare appositamente per “informare” della determinazione degli alleati occidentali.

Il limite più evidente del documento è che sembra pianificato senza tenere conto della realtà, cioè degli elementi economici, sociali, politici e militari che lo rendono difficilmente realizzabile.

Innanzitutto occorre chiedersi quali governi in Occidente potranno puntare sui “cannoni” mentre il popolo chiede “burro” in una fase economica caratterizzata in Europa da recessione, de-industrializzazione e caro-energia, conseguenza diretta del conflitto ucraino e della postura assunta dall’Europa nei rapporti con la Russia. Inoltre in termini sociali la minaccia di un’invasione russa dell’Europa non sembra essere per nulla avvertita dall’opinione pubblica: appare più uno spauracchio utile a moniti lanciati dai governi, ma di nessuna presa popolare.

In termini economici un’Europa che non dispone di materie prime, costretta a pagarle sempre più care sul mercato, che non produce neppure polvere da sparo e non riesce più a produrre acciaio né a farlo in modo competitivo (la Turchia produce più acciaio della Germania) come potrà sostenere un lungo e costoso programma di massiccio riarmo? Per quanto potremo sostenere un’elevata spesa militare a fronte di una sempre più grave crisi economica e sociale?

Infine il limite più irrisolvibile è legato al crollo delle vocazioni militari in tutto l’Occidente in atto da un decennio ma ingigantitosi dopo l’inizio del conflitto in Ucraina. Dall’America all’Europa, dal Giappone ad Australia e Nuova Zelanda, ovunque si registra un esodo di personale che lascia le forze armate e al tempo stesso il crollo dei reclutamenti. Con questa tendenza sarà già arduo non dover ridurre il numero delle brigate, figuriamoci aumentarlo.

Quasi tutte le Marine occidentali non hanno abbastanza equipaggi e devono radiare o lasciare ormeggiate parte delle navi. Le forze armate britanniche sono al minimo storico di militari in servizio da dopo le guerre napoleoniche, nessuna nazione Nato riesce a rispettare gli obiettivi di nuovi arruolamenti e non saranno certo le illusioni di un improbabile ripristino della leva militare a cambiare la situazione.