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L’insegnamento

La custodia degli occhi, spiegata dai santi

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Nel nostro combattimento spirituale la custodia degli occhi e in generale dei sensi ha un ruolo tanto importante quanto dimenticato. Riscopriamo l’insegnamento dei santi, da Domenico Savio a Josemaría Escrivá.

Ecclesia 05_03_2024

È cosa nota che la nostra è stata definita, per più motivi, “società dell’immagine”. Ed è esperienza comune che una sola immagine può colpire, nel bene o nel male, più di mille parole. Oggi assume quindi un’importanza perfino maggiore che in passato il tema della custodia degli occhi. Un tema legato strettamente alla purezza e che purtroppo è sempre più trascurato anche all’interno della Chiesa cattolica, nonostante due millenni di insegnamenti chiarissimi al riguardo.

Oggi è ampiamente radicata l’idea che bisogna tutto vedere, tutto provare, per “sapere” di più (in fondo, è la tentazione di Genesi 3, che si ripete in forme nuove) e per esprimere un giudizio su una data realtà. Evidentemente non è così perché, non di rado, la sola visione ricercata di qualcosa (un esempio facile: la pornografia) o la “prova” di qualcosa (altro esempio: la droga) possono costituire un male in sé. E se è così, sono da evitare.

La questione della custodia degli occhi abbraccia innumerevoli ambiti della nostra vita: tra i più emblematici c’è il cinema, che ha una capacità d’influenza – nel bene e più spesso (per i “modelli” che presenta) nel male – enorme. È cosa frequente, pure nei media cattolici, leggere recensioni entusiaste di film che attaccano la legge morale naturale, specie a livello di matrimonio, famiglia, pudore e sessualità: film che la prudenza cristiana raccomanderebbe di nemmeno vedere (ricordiamo, tra gli ultimi, il caso di Povere Creature!), tanto più oggi che è possibile informarsi in anticipo sulla presenza di determinati contenuti. E questo del cinema, appunto, è solo un esempio tra tanti in cui siamo chiamati a esercitare una certa accortezza.

I santi ci hanno lasciato molte testimonianze della necessità di custodire gli occhi e gli altri sensi. Nella “Vita del giovanetto Savio Domenico”, san Giovanni Bosco ci restituisce in proposito degli esempi molto edificanti che hanno avuto per protagonista il suo allievo più famoso. San Domenico Savio si era dato per regola di dominare gli occhi, evitando ogni sguardo contrario alla modestia, anche camminando per strada. «Gli occhi, egli soleva dire, sono due finestre. Per le finestre passa ciò che si fa passare. E noi per queste finestre possiamo far passare un angelo, oppure il demonio colle sue corna e condurre l’uno e l’altro ad essere padroni del nostro cuore».

Un giorno Domenico vide un gruppo di compagni circondare un ragazzo estraneo all’oratorio che aveva con sé un giornale con immagini sconce. Anche lui si avvicinò, credendo che stessero guardando delle immagini religiose. Ma quando si accorse di cosa si trattava, non si mise certo a verificare se quelle figure fossero accompagnate da qualche bella poesia volta a esaltare la bellezza femminile o se fossero state impresse sul foglio con qualche tecnica di stampa sopraffina… più semplicemente, prese il giornale e lo strappò in tanti piccoli pezzi, tra lo stupore dei compagni. Qualcuno di loro non accettò i suoi richiami sui danni e i pericoli eterni per l’anima, ribattendo di non vedere «tanto male» in quelle immagini. Ma il santo fanciullo, tra l’altro, rispose: «Peggio ancora; il non vedere tanto male in guardar simili sconcezze è segno che i vostri occhi sono già abituati a rimirarle; e queste abitudini non vi scusano dal male, ma vi rendono più colpevoli». Parole che oggi potrebbero costare al Savio, a seconda dei contesti, l’accusa di bigotto o rigido moralista, ma che mostrano come il santo allievo di don Bosco avesse chiara la necessità di custodire particolarmente tutto quanto è legato alla sfera sessuale. La quale, come insegna san Tommaso d’Aquino, è quella in qualche modo più colpita dalla concupiscenza seguita al peccato originale.

Se andiamo al XX secolo, incontriamo un altro salesiano, don Giuseppe Tomaselli, esorcista e taumaturgo morto in fama di santità, che insisteva sull’importanza della purezza come via per preservare i sensi: «Per mezzo di questa virtù noi portiamo il massimo rispetto al nostro corpo ed al corpo altrui e teniamo a freno la mente, evitando i cattivi pensieri ed i cattivi desideri; inoltre custodiamo gli occhi per non insudiciarli di fango morale; dominiamo la lingua per non contaminarla con parole, frasi o discorsi indecenti; custodiamo l’udito, evitando la compagnia degli sboccati».

Altra testimonianza vicina ai giorni nostri, che ha tanto da insegnarci, è quella della beata Edvige Carboni, una mistica ricca di doni soprannaturali (tra cui le stimmate), che ricevette numerose rivelazioni da Gesù in persona, raccolte in un diario scritto per obbedienza al confessore. In esso sono presenti vari passaggi in cui emerge lo sdegno di Dio per la perdita del pudore, le «mode immodeste» e «scandalose», la partecipazione – perfino di domenica – a spettacoli impuri al teatro e al cinema, dove non vanno solo gli adulti ma «ci conducono i loro piccoli innocenti per rovinarli prima del tempo col vedere scene immodeste», come le disse Gesù nel dicembre 1944. Se si pensa che parliamo di ottant’anni fa, ci si può facilmente figurare che oggi questo genere di offese a Nostro Signore si sono moltiplicate e aggravate. E non è un caso che parallelamente nella stessa Chiesa si sono andate via via diradando la vigilanza e le catechesi su queste tematiche.

Tra le lodevoli eccezioni c’è quella di san Josemaría Escrivá, che scriveva: «Gli occhi! Attraverso di essi entrano nell’anima molte iniquità. Quante esperienze “alla David”!… Se custodite la vista avrete assicurato la custodia del cuore» (Cammino, 183). Dunque, alla luce della realtà odierna e della pervasività di certe tendenze, è quantomeno da ingenui ritenere  ad esempio che la pornografia in qualche film d’autore sia in fin dei conti innocua, giustificabile o addirittura “arte”, come ormai si dice.

E il discorso, come accennato, si può chiaramente allargare a tante situazioni della vita quotidiana, che richiedono in vario modo un dominio della vista e degli altri sensi. Come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, nella sezione significativamente intitolata “La lotta per la purezza”, questa lotta si vince anche «mediante la purezza dello sguardo, esteriore ed interiore; mediante la disciplina dei sentimenti e dell’immaginazione; mediante il rifiuto di ogni compiacenza nei pensieri impuri, che inducono ad allontanarsi dalla via dei divini comandamenti: “La vista provoca negli stolti il desiderio” (Sap 15,5)» [CCC 2520]. In definitiva, non è bene vedere tutto: anche gli occhi vanno usati cum grano salis.



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