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La sentenza

La Consulta vuole il sesso neutro, cardine dell’ideologia gender

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In un giudizio pubblicato il 23 luglio, la Corte Costituzionale propende per il riconoscimento di un sesso “neutro”. Non potendo però cambiare da sé l’intero sistema normativo, chiede al Parlamento di intervenire. Ma la sessualità binaria è un principio sovracostituzionale, che struttura la persona.

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Vita e bioetica 25_07_2024

I fatti sono questi. Laura (nome di fantasia) chiede al Tribunale di Bolzano la rettificazione di attribuzione del sesso da femminile ad “altro”, il cambio del nome in Ignazio (sempre nome di fantasia) e una mastectomia.

Però la legge 164/1982 prevede il “cambio” di sesso da femminile a maschile o viceversa e non prevede il “cambio” verso un sesso neutro. Dunque il Tribunale chiede alla Corte Costituzionale di dichiarare incostituzionale l’art. 1 di detta legge perché – come leggiamo nella sentenza della Consulta n. 143/2024 depositata il 23 luglio scorso – ritiene che «l’impossibilità di attribuire in rettificazione il genere non binario leda l’identità sociale della persona, la sua salute come benessere psicofisico e il rispetto della sua vita privata e familiare; sarebbe inoltre violato il principio di uguaglianza, poiché la rettificazione sarebbe consentita solo ai portatori di un’identità binaria, con immotivata esclusione di coloro che viceversa sentano di appartenere a un genere non binario».

Cosa risponde la Corte? In sintesi, i giudici danno ragione al Tribunale di Bolzano, ma non possono disapplicare quell’articolo della legge 164 perché gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità investirebbero un intero e vasto sistema normativo basato sulla differenza sessuale tra maschile e femminile e che dovrebbe essere radicalmente rivisto dal Parlamento. Dunque, intervenga prima il legislatore inserendo anche il sesso neutro nell’ordinamento giuridico e poi la Corte potrà mettere mano a quell’articolo.

Ma vediamo più in dettaglio le argomentazioni della Consulta. Innanzitutto i giudici ricordano che per il DSM-5 (quinta revisione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), per l’OMS e per alcune modulistiche dell’Unione Europea esiste già il sesso neutro. In seconda battuta affermano che non riconoscere il “genere altro” sarebbe incostituzionale: «La percezione dell’individuo di non appartenere né al sesso femminile, né a quello maschile – da cui nasce l’esigenza di essere riconosciuto in una identità “altra” – genera una situazione di disagio significativa rispetto al principio personalistico cui l’ordinamento costituzionale riconosce centralità (art. 2 Cost.). Nella misura in cui può indurre disparità di trattamento o compromettere il benessere psicofisico della persona, questa condizione può del pari sollevare un tema di rispetto della dignità sociale e di tutela della salute, alla luce degli artt. 3 e 32 Cost.».

Come rispondere? La sessualità binaria struttura ontologicamente la persona, è condicio sine qua non per l’esistenza della stessa. Infatti, provate ad immaginare una persona senza sesso? Impossibile. Essere maschio o femmina è quindi aspetto essenziale della persona, non aspetto accessorio che si può cambiare come il colore dei capelli. Se non può esistere una persona senza sesso vuol dire che il sesso neutro, il sesso “altro”, non esiste. Dunque, è proprio nel rispetto della persona evocato dalla Consulta che non si dovrebbe permettere ad un soggetto di identificarsi in un “genere neutro”, perché lo condannerebbe all’inesistenza.

In secondo luogo, questa pronuncia – che nella sostanza promuove il gender free – discende direttamente dalla ratio sottesa alla legge 164 prima evocata. Tale ratio considera prevalente la percezione soggettiva sul dato oggettivo. La realtà ci dice che l’essere umano o è maschio o è femmina. Tertium non datur. È la mente che deve riconoscere e accettare questo dato di realtà e non tentare di convertire la realtà alla propria percezione. Bisogna cambiare mente, non cambiare sesso. Infatti il sesso genetico, di per sé, non è una patologia. Mai e poi mai essere maschio o femmina potrà essere un errore. È la mente invece che può cadere in errore e quando lo fa i danni psicologici e fisiologici possono essere drammatici (clicca qui). È quindi proprio in virtù della tutela costituzionale della salute, evocata dalla Consulta, che non si dovrebbe permettere di “cambiare” sesso.

La 164, insieme alla Consulta, invece ci dice che la rappresentazione di sé vince sulla realtà e dunque anche l’ordinamento giuridico deve tutelare questa percezione soggettiva. Ma se è legittimo sentirsi femmina quando si è biologicamente maschi o viceversa e se dunque il dato di realtà fisiologico è irrilevante, ne consegue che un soggetto può anche percepirsi neutro dal punto di vista sessuale. Oppure un giorno maschio e un altro femmina. O maschio al 20% e femmina all’80%. Altrimenti, come indicato dalla Corte, sarebbe discriminatorio permettere la rettificazione sessuale solo ad alcuni soggetti, ma non ad altri. Quindi, accettato il “cambio” di sesso verso il maschile e femminile non si può che accettare anche il “cambio” di sesso verso il neutro.

Va da sé che il criterio soggettivo legato alla percezione potrebbe e per logica dovrebbe investire tutti gli aspetti fisici della persona: credersi un ventenne quando anagraficamente si è ottantenni; pensarsi alti 1,90 quando invece si misura 1,60; vedersi magri quando si è obesi; credersi di etnia caucasica quando invece la propria etnia è quella africana; addirittura percepirsi un leone quando invece si appartiene alla specie umana. Voler essere tutto ciò che si pensa di essere. La mente come strumento di produzione del reale e non come strumento di riconoscimento del reale.

Dal punto di vista invece più strettamente giuridico, la richiesta del Tribunale di Bolzano doveva essere ritenuta inammissibile non per motivazioni che riguardano alla fine la competenza dei giudici della Consulta che non possono mettere mano a centinaia di norme per inserire il sesso neutro nella nostra legislazione, ma per motivazioni ben più importanti. La differenza sessuale è un principio sovracostituzionale, una condizione previa perché, per i motivi prima indicati, esista una nazione e quindi uno Stato e dunque un ordinamento giuridico. La sterminata normativa, richiamata dalla stessa Consulta, che fa riferimento alla diversità sessuale maschile e femminile, ci fa capire che tale diversità, come ammette lo stesso Tribunale di Bolzano, innerva tutto l’ordinamento, lo struttura internamente ed è tra i praeambula ineludibili all’esistenza stessa del diritto. È come la sussistenza in vita: è condizione tacita e insieme ineludibile per riconoscere la titolarità di un qualsiasi diritto in capo a qualcuno. Potrebbe chiedere la Consulta che il Parlamento legiferi a favore dei morti per evitare ogni sorta di discriminazione?

In subordine, come ricordava l’Avvocatura dello Stato e come riporta la sentenza, «l’identità di genere, “per sua natura mutevole”, non si presterebbe a formare oggetto delle attestazioni di stato civile, che quindi ragionevolmente il legislatore baserebbe sull’identità sessuale, quale dato provvisto di stabilità».

E dunque la Consulta conclude così: ha ragione nel merito il Tribunale di Bolzano, ma se noi giudici qualifichiamo come incostituzionale l’art. 1 della legge 164 gli effetti di questa decisione andrebbero a minare un elemento giuridicamente fondante l’intero assetto legislativo e sotteso a moltissime discipline normative. Perciò «tali considerazioni […] pongono la condizione non binaria all’attenzione del legislatore, primo interprete della sensibilità sociale». E, di questo andazzo, stiamo pur certi che prima o poi il legislatore, in questa schedina del sesso, dopo la M e la F ci regalerà anche la X.



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