La collusione. Quei politici dell'Ue soci in affari di Putin
L'eurodeputato Witold Waszczykowski, ex ministro degli esteri della Polonia, ha proposto una risoluzione di condanna del conflitto di interessi di molti alti esponenti europei cooptati in aziende di Stato russe. La risoluzione è stata bocciata da PPE e S&D. Il che rivela una vasta rete di collusioni fra la politica europea e la Russia che ci rende ricattabili.
Ci sono i fatti, importanti e significativi, che non vengono notati dai media o vengono abilmente sottaciuti. Uno di questi è accaduto la settimana scorsa: durante la sessione del Parlamento europeo c'è stato un dibattito sulla politica della Russia nei confronti dell'Ucraina e sulla minaccia di un'invasione. L'eurodeputato polacco Witold Waszczykowski, ex ministro degli esteri della Polonia, ha presentato un emendamento alla risoluzione in cui proponeva di condannare le attività dei politici europei che si erano lasciati corrompere dalle società russe, principalmente dalla Gazprom, offrendo loro incarichi nei consigli d’amministrazione o nei consigli di sorveglianza. Bisogna ricordare che c'erano e ci sono ancora oggi molti politici al servizio dei russi, che in precedenza ricoprivano altissime cariche statali nei loro Paesi. Basta citare i più famosi: ex cancellieri di Germania e Austria, Gerhard Schroeder e Wolfgang Schuessel, ex primi ministri di Francia e Finlandia, François Fillon e Paavo Lipponen e l'ex ministra degli esteri austriaca Karin Kneissl (Putin in persona ha partecipato al suo matrimonio).
L’emendamento proposto da Waszczykowski non è stato sostenuto dagli eurodeputati che rappresentano il Partito Popolare e la Sinistra. E così si scopre che condannare la Russia a parole è una cosa, ma quando bisogna stigmatizzare le azioni dei politici che hanno scelto la lucrativa collaborazione con le società energetiche russe, è difficile condannarli. Nel 2014 l’UE e gli USA hanno imposto delle sanzioni alla Russia per l'annessione della Crimea e tentativi di staccare la regione di Lugansk e Donetsk dall’Ucraina. Ma le sanzioni mantenute fino ad ora sono abbastanza blande e permettono alla Russia, anche grazie ai politici europei al servizio degli interessi russi, di trovare i modi di mantenere proficui rapporti commerciali con l’UE.
L’atteggiamento filorusso del Parlamento europeo si è visto già molto prima quando c’erano dei tentativi di bloccare la costruzione del gasdotto Nord Stream2. La bozza di risoluzione era stata presentata dal gruppo CRE già nell'aprile 2020, ma veniva bloccata delle due più grandi fazioni: PPE e S&D. Ma ora, dopo la conclusione della costruzione del Nord Stream2, la Russia ha l'opportunità di vendere il gas ai Paesi dell'Europa occidentale, senza utilizzare i gasdotti che attraversano l'Ucraina. In questo modo l’Ucraina si troverebbe ricattabile dalla Russia che senza interrompere le forniture all’Europa potrebbe chiudere i rubinetti del gas al Paese. Non bisogna meravigliarsi che l’accordo russo-tedesco riguardante il Nord Stream2, ora sospeso dopo l'ingresso delle truppe russe nel Donbass, viene visto da molti come una specie di nuovo patto Ribbentrop-Molotov economico fatto a scapito dei Paesi dell’Europa centrale ed orientale.
Invece ora gli stessi Paesi dell'Europa occidentale sono ricattati dalla necessità di mettere in servizio questo gasdotto poiché i prezzi del gas sono aumentati vertiginosamente a causa delle speculazioni di Gazprom dall'estate dello scorso anno: con questa crisi Putin sta già facendo affari d’oro. Più spesso si alzano voci che dicono che il Nord Stream 2 non sia nell’interesse dell'Europa, perché il prezzo non dipende da come il gas viene trasportato, ma dal contratto con chi lo rifornisce. Bisogna sottolineare che nella situazione odierna il prezzo viene regolato politicamente dai russi e non dal mercato. Se si aprisse il gasdotto Nord Stream 2 questa sarebbe già la grande vittoria di Putin nell’attuale conflitto.