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IL CASO

Jet privati: I potenti fanno i verdi, ma inquinano più di tutti

La recente Conferenza sul clima in Egitto, con grande sfoggio di jet privati, ha messo in evidenza una situazione paradossale: chi impone draconiane leggi ecologiche che penalizzano la libera circolazione di cittadini e lavoratori, è in realtà tra i più grandi inquinatori.

Creato 06_12_2022

Si è conclusa da pochi giorni la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite (Cop27) tenutasi a Sharm el-Sheikh. Proprio mentre i rappresentanti dei paesi di tutto il mondo si riunivano per affrontare le problematiche relative al cambiamento climatico, nella speranza di poter “salvare” il pianeta dal riscaldamento globale provocato dall’attività dell’uomo ed in particolare dalla produzione di CO2 (secondo la narrazione maggiormente accreditata dal mainstream, ma smentita da autorevoli scienziati), nell’aeroporto della celebre località turistica egiziana si è registrato un intenso traffico di jet privati (solo tra il 4 e il 6 novembre, l'inizio del vertice, ne sono atterrati ben 36) con a bordo i delegati delle diverse nazioni, incuranti della enorme massa di emissioni inquinanti (e non inquinanti) prodotta.

La composizione delle emissioni degli aerei è molto simile a quella degli altri mezzi di trasporto che si avvalgono dalla combustione di un idrocarburo allo stato liquido. I carburanti più comunemente utilizzati per l'aviazione commerciale (compresi i jet privati) sono il Jet A e il Jet A-1 a base di cherosene, contenenti additivi per migliorare o mantenere proprietà importanti per le prestazioni del carburante. Le emissioni degli aerei sono costituite da sostanze inquinanti (dannose per l’ambiente e per la salute dell’uomo) e sostanze non inquinanti. Tra gli inquinanti troviamo: sostanze gassose come gli Ossidi di azoto (monossido, biossido, protossido), gli Ossidi di zolfo (anidride solforosa, anidride solforica) e il Monossido di carbonio (CO); sostanze non gassose come il Particolato (PM) costituito prevalentemente da nano-particelle di carbonio e, in minore quantità, polveri di metallo, silice, residui di additivi, nonché Idrocarburi incombusti. Fra le sostanze non inquinanti vi sono l’anidride carbonica (CO2) e l’acqua (H2O emessa allo stato di gas dai motori).

I jet privati bruciano notevoli quantità di carburante, variabili a seconda delle dimensioni e delle caratteristiche del jet da un minimo di 50 galloni ad oltre 600 galloni all’ora (1 gallone corrisponde a 3,785 litri). Per fare un confronto col consumo di un’autovettura (in media un’auto a benzina consuma 7,5 litri per 100 km, mentre un’auto a gasolio in media 6 litri per 100 km) e considerato che un jet in un’ora percorre circa 1000 km, si evince che un’automobile consuma circa 75 litri di benzina (60 di gasolio) ogni 1000 km, mentre un jet privato - per percorrere la medesima distanza – consuma  dai 189 litri (jet più piccoli) ai 2271 litri (jet più grandi), con conseguenti immissioni di sostanze inquinanti da tre a trenta volte superiori.

Gli ambientalisti hanno aperto sui social network degli account di «flight-tracking», ovvero pagine in cui tracciano le rotte dei jet privati al fine di monitorare i viaggi intrapresi dai miliardari e dalle star dello spettacolo. Fra coloro che viaggiano su jet supercostosi e con alti consumi di carburante compaiono gli uomini più ricchi del pianeta: Elon Musk, Jeff Bezos e Bill Gates. I tre magnati utilizzano per i loro spostamenti il Gulfstream G650ER, un jet di lusso che può ospitare fino a 19 passeggeri e può percorrere tratte fino a 13.890 km, con un consumo orario medio di carburante di 490 galloni all'ora (1.854 litri).

Ciò che stupisce, non è tanto che gli uomini più ricchi del mondo siano tra coloro che inquinano di più, facendo largo uso di jet privati, ma che si professino, al contempo, convinti ambientalisti. La sensibilità verso l’ambiente del CEO di Tesla Elon Musk è fatto notorio: sue sono le auto elettriche più diffuse al mondo, suoi gli impianti fotovoltaici e i sistemi di accumulo più noti sul mercato, sua l’idea di ridurre il traffico di superficie nelle città con la costruzione di tunnel sotterranei (The Boring Company). Il fondatore di Amazon Jeff Bezos è noto alle cronache per il suo impegno alla lotta al cambiamento climatico attraverso la creazione del Bezos Earth Found, un fondo di 10 miliardi di dollari per sostenere scienziati, attivisti e organizzazioni che lavorano per mitigare gli effetti delle emissioni di CO2 sul clima. Bill Gates è tra le figure più influenti nel dibattito ecologista: oltre agli innumerevoli investimenti per sostenere progetti incentrati sulla lotta al cambiamento climatico (in particolare attraverso Breakthrough Energy, un’organizzazione finanziata da investitori privati che mira a promuovere lo sviluppo di tecnologie mirate alla riduzione delle emissioni di gas serra), il fondatore di Microsoft è riconosciuto come esperto divulgatore in materia ambientale e climatica (autore tra l’altro di libri sull’argomento).

È stato evidenziato come non possa costituire motivo di giustificazione il fatto che i jet privati permettano di raggiungere luoghi che non sono serviti da rotte commerciali e conseguentemente di risparmiare tempo, considerato che la maggior parte dei voli sono effettuati verso grandi città ben servite da mezzi di trasporto alternativi. Spesso, inoltre, vengono utilizzati jet privati per effettuare brevi tratte (inferiori a 500 km), ben potendo essere sostituiti con un’opzione meno inquinante, senza considerevoli perdite di tempo. Infine i dati rilevano un aumento di utilizzo di jet privati durante i periodi estivi e verso località di vacanza, a conferma che codesti voli nulla hanno a che fare con le attività imprenditoriali dei miliardari. Ma la cosa davvero sorprendente è che manca allo stato, almeno in Europa, una tassa applicabile ad ogni viaggio effettuato con jet privato. In Italia per i voli su jet privati sono previste tasse ridicole (10 € per tragitti inferiori a 100 Km; 100 € per tragitti non superiori a 1.500 km; 200 € per distanze superiori a 1.500 Km), se paragonate alle disponibilità finanziarie di chi fa uso di tali mezzi di trasporto.

Così veniamo al paradosso: per limitare gli effetti del cambiamento climatico i governi dei paesi industrializzati di tutto il mondo impongono ai propri cittadini restrizioni alla libertà di circolazione nei centri urbani. Solo in Europa, ad oggi, sono 320 (diventeranno 507 entro il 2025) le città che hanno introdotto low emission zones, zone in cui non solo è proibito guidare auto inquinanti, ma spesso è anche prevista una tassa ecologica per tutte le altre vetture, ad eccezione di quelle elettriche o con ridotte emissioni. Ora è evidente che tale tendenza, destinata a estendersi dalle grandi città ai centri urbani minori, penalizza il cittadino medio che vi risiede o lavora, costretto a dotarsi di un mezzo di trasporto di recente immatricolazione. E quindi ci si chiede: perché il cittadino comune per circolare nei centri urbani deve munirsi di un’auto elettrica ovvero deve pagare un’ecotassa, mentre chi si sposta con l’aereo privato, che inquina enormemente di più, paga poco o nulla? E perché i “potenti” della Terra e i miliardari non potrebbero riunirsi viaggiando con mezzi meno inquinanti o addirittura usare le videoconferenze?

Oppure è vero che la sensibilità ambientalista dei “paperoni” della Terra è soltanto un mezzo per incrementare il proprio business e per orientare - attraverso donazioni che, guarda caso, sono sempre legate ad uno specifico progetto - le scelte dei governi verso i propri interessi connessi alla transizione ecologica?