Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
EGITTO

Cop27, l'Europa firma le cambiali per il futuro

La Conferenza internazionale sul clima si è conclusa a Sharm-el-Sheikh con un accordo solo economico che impegna i paesi occidentali a pagare un enorme risarcimento a partire dal 2030. Unione Europea protagonista dell'accordo alla guida del fronte catastrofista.

Creato 22_11_2022

La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Cop27 si è conclusa il 20 novembre con un accordo che prevede il finanziamento di "perdite e danni" per i Paesi vulnerabili colpiti da disastri climatici, la conferma della volontà di ridurre le emissioni di C02  in quantità tale da ottenere una riduzione della temperatura del globo terrestre di 1,5 gradi Celsius rispetto ai livelli pre-industriali (nonostante l’assenza di un serio confronto scientifico sulla correlazione) e, grazie al cielo, nessun impegno a ridurre l’uso di idrocarburi e, soprattutto, nessun reale crono-programma di attuazione per le decisioni.

Il risultato finale della Conferenza svoltasi a Sharm-el-Sheikh, è stato valutato in modo diverso dai protagonisti della Cop27. «Questo risultato ci fa progredire», ha dichiarato Simon Stiell, Segretario esecutivo delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici, secondo il quale è stato molto importante la decisione di deliberare aiuti finanziari «per le perdite e i danni per i paesi in via di sviluppo e le comunità le cui vite e i cui mezzi di sussistenza sono stati rovinati dai peggiori impatti del cambiamento climatico». 

Una intesa resa possibile dalla iniziativa di Frans Timmermans, vice-presidente della Commissione Europea, poi sostenuta anche da Usa, Canada e Regno Unito ed i cosiddetti paesi emergenti ed in via di sviluppo guidati dalla Cina e il Pakistan a nome del G77 (ovvero i 134 paesi del mondo in ‘via di sviluppo’, tutti i paesi africani, gli asiatici ed i centro e sud americani).
La proposta europea avanzata da Timmermans il 18 novembre si fondava su una correlazione chiara: il risarcimento ai paesi in via di sviluppo e la riduzione dell'inquinamento «sono due facce della stessa medaglia... se non facciamo abbastanza per la mitigazione [ndr riduzione inquinamento da fonti energetiche fossili], non ci sono abbastanza soldi sulla Terra per affrontare le conseguenze della crisi climatica».

Alla fine, l’unica decisione generica presa è quella dell’impegno economico dei paesi occidentali di risarcire gli altri paesi del mondo. Una decisione oltremodo infondata (non c’è prova scientifica della correlazione sviluppo industriale - catastrofi climatiche), ingiusta (mette a pagamento oggi eventuali distorsioni climatiche causate da sviluppo industriale dei secoli scorsi), iniqua (non considera il diverso percorso storico di sviluppo ed inquinamento industriale tra i paesi sviluppati). 

Ad ogni modo, la vittoria della maggioranza dei paesi del mondo contro l’ideologia verde occidentale, ha significato anche la bocciatura di ulteriori impegni sulla riduzione delle emissioni e su ogni specifico programma di abbandono delle fonti energetiche fossili. L’Europa mette nelle mani dei paesi in ‘via di sviluppo’, incluse molte delle fortissime economie del G20 (Arabia Saudita, Argentina, Brasile, Cina, Corea del Sud, India, Indonesia, Messico, Russia, Stati Uniti, Sudafrica, Turchia), crediti economici che pagheremo noi tutti e solo per il gusto di vedersi riconoscere una leadership ideologica.

Il fondo per le ‘perdite ed i danni’, celebrato dalle Isole-stati del pacifico come una vittoria storica, dovrà comunque attendere l’istituzione di un "comitato di transizione" che formulerà raccomandazioni su come rendere operativi i nuovi accordi di finanziamento entro la Cop28 del prossimo anno. Secondo il Presidente della Cop27, l’egiziano Sameh Shoukry, gli investimenti dovrebbero prevedere una spesa di 4-6.000 miliardi di dollari all'anno dal 2030. Obiettivi e promesse ipocrite ed irrealistiche.
Non a caso, si applaude agli impegni futuri e, allo stesso tempo, si prende anche atto che l'obiettivo dei paesi occidentali di mobilitare congiuntamente 100 miliardi di dollari all'anno per l'economia green nei paesi in via di sviluppo e che sarebbe dovuto partire dal 2020, non è stato ancora raggiunto.

Tra le altre notizie di rilievo emerse in Egitto, si segnalano i tanti annunci e promesse di istituzioni e/o paesi, come quello del Segretario generale ONU Guterres di un piano da 3,1 miliardi di dollari per sistemi globali di allarme rapido contro le catastrofi naturali entro i prossimi cinque anni (un inquietante grande fratello verde). Timmermans a nome dell’Europa, pur essendone stato l’artefice, non ha ritenuto l’intesa finale «un passo avanti sufficiente per le persone e per il pianeta» perché il testo non ha «affrontato il divario enorme tra la scienza del clima e le nostre politiche climatiche».

In parole molto semplici, per Timmermans, i paesi del mondo dovrebbero semplicemente limitarsi ad assecondare le soluzioni indicate dai reports allarmistici dei catastrofisti dell’ambiente, nuovi profeti ‘infallibili’ ed incontestabili dell’unico verbo degno di devozione globale. Una linea condivisa da Ursula Von der Leyen che, nel commentare i risultati della Cop27, ha lamentato la mancanza di impegni ulteriori «sulle emissioni o sul clima», promettendo tuttavia che l’UE «manterrà l’impegno, in particolare attraverso il Green Deal europeo e RePowerEu». La difesa ad oltranza e l’impegno indefesso di Timmermans e Von der Leyen per la ideologia verde catastrofista, contrastano con l’assoluta mancanza di impegno della Commissione nel presentare, a 6 mesi dalle richieste dei paesi europei e a due giorni dalla riunione dei Ministri europei dell’Energia, le loro proposte di soluzione della crisi energetica e il ‘price cap’.