Il piano del governo Orban per rilanciare le nascite
Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha presentato un piano in sette punti per incoraggiare i suoi concittadini a sposarsi e fare figli, così da contrastare il declino della popolazione. Per le donne con almeno quattro figli prevista l’esenzione a vita dall’imposta sul reddito. Si tratta di misure nel complesso buone, ma che vanno accompagnate da un lavoro culturale fondato sulla riscoperta del cristianesimo.
Un piano in sette punti per incoraggiare gli ungheresi a sposarsi e fare figli, contrastando il declino della popolazione. Il primo ministro Viktor Orban lo ha presentato domenica 10 febbraio nel suo annuale discorso sullo stato della nazione, sottolineando la diversa prospettiva del suo governo e di altri Paesi dell’Europa centro-orientale rispetto all’idea dominante nell’Europa occidentale. «In Europa nascono sempre meno bambini. Per l’Occidente la risposta è l’immigrazione: per ogni bambino mancante ce ne dovrebbe essere uno che entra e allora i numeri andranno bene», dice Orban sintetizzando l’argomento di chi lo critica: «Ma noi non abbiamo bisogno di numeri. Abbiamo bisogno di bambini ungheresi», ha chiarito il leader di Fidesz, aggiungendo che «il nostro futuro è la continuazione delle vite dei nostri genitori e nonni, salvaguardando i nostri mille anni di tradizione, difendendo la nostra economia, la nostra famiglia e la cultura cristiana».
Tra gli elementi chiave del piano ungherese vi è l’esenzione a vita dall’imposta personale sul reddito per le donne che hanno partorito e cresciuto quattro o più figli. Inoltre, come riassume l’Hungary Journal, ogni donna sotto i 40 anni avrà diritto a un prestito di favore al momento del primo matrimonio, previsione che già solo implicitamente tiene conto dell’importanza della stabilità familiare. Viene estesa la misura, diretta a coppie con due o più figli, sul prestito di favore per l’acquisto della casa, sia essa nuova (come da programma precedente) o soggetta a rivendita. Per le famiglie con almeno due figli è previsto anche un rimborso del mutuo pari a un milione di fiorini, circa 3.100 euro. I genitori che allevano almeno tre figli potranno accedere a una sovvenzione di 2.5 milioni di fiorini (oltre 7.800 euro) per l’acquisto di una nuova auto da sette posti a salire. Il governo promette di creare 21.000 asili nido nei prossimi tre anni (ciò ha tuttavia pure i suoi contro, nel senso che soprattutto nei primissimi anni di vita del bambino è fondamentale il tempo passato con la mamma) e, infine, si sottolinea il ruolo dei nonni poiché coloro che si prenderanno cura dei nipoti, al posto dei genitori, potranno ricevere un contributo economico.
Queste misure sono state pensate appunto per invertire una rotta non più sostenibile. «I tassi di fecondità ungheresi sono al di sotto del livello di sostituzione da decenni», spiega Steven Mosher, presidente del Population Research Institute. «Il governo Orban spera di capovolgere questo, e rapidamente, premiando coloro che sono generosi nell’avere figli. Dopo tutto, queste coppie stanno provvedendo al futuro dell’Ungheria nel modo più essenziale: fornendo la prossima generazione di ungheresi». Secondo i dati dell’Onu il tasso di fecondità dell’Ungheria è iniziato a scendere sotto il livello di sostituzione, pari a circa 2.1 figli per donna, già negli anni Sessanta per risalire leggermente sopra quel livello verso la fine degli anni Settanta e crollare successivamente, fino a toccare il fondo all’inizio del terzo millennio con 1.3 figli per donna, in pratica la stessa drammatica cifra che si registra oggi in Italia (vedi i dati dell’Istat).
L’Ungheria, secondo l’Eurostat, è risalita a un tasso di fecondità di 1.53 nel 2016, ma è chiaro che si è ancora lontani dal garantire il ricambio generazionale. Dal 2007 al 2018 il Paese magiaro ha subito un calo della popolazione di quasi 288.000 persone, contraendosi di anno in anno. Nello stesso periodo il numero delle nascite ha seguito fasi alterne e di non semplice lettura, crescendo nel 2008, 2012, 2014, 2016 e diminuendo negli altri anni. Nell’ultimo anno con i dati completi, il 2017, il saldo tra nuovi nati e morti è stato negativo, causando una diminuzione complessiva di circa 37.000 persone e ad oggi la popolazione ungherese si aggira sui 9.7 milioni di abitanti.
Eppure dal 2010, da quando cioè Orban, al suo terzo mandato consecutivo, è a capo del governo, non mancano i segnali incoraggianti, semi per un’inversione di tendenza, che non può che avere la sua base nella cellula fondamentale della società: la famiglia. Dal 2010 al 2017 - in base ai dati forniti dal ministro Katalin Novak, madre di tre figli - i divorzi sono scesi da 23.873 a 18.600, gli aborti ufficiali da 40.449 a 28.500 e nello stesso periodo i matrimoni sono aumentati di oltre il 42%, passando da 35.520 a 50.600. Miglioramenti anche sul fronte del tasso di disoccupazione, che per l’Eurostat è passato dal 10% del 2009 al 4.2% del 2007.
Adesso bisognerà vedere quali effetti produrranno queste nuove sette misure (e se verranno attuate saggiamente, legandole ai reali bisogni familiari), che si aggiungono ad altre politiche con lo stesso fine messe in campo da Orban e compagni negli ultimi anni. Certo, c’è bisogno di tempo per cambiare le sorti di quella che è divenuta una crisi demografica strutturale - più o meno grave in quasi tutto l’Occidente - e poi va considerato che quando oggi un uomo e una donna pensano di metter su famiglia, aprendosi al dono dei figli, l’aspetto economico è sì importante ma non è l’unico in gioco, potendo in alcuni casi concreti essere secondario o addirittura irrilevante. È noto che nella fase di accelerata secolarizzazione che ha preceduto e seguito il Sessantotto è cambiata radicalmente la mentalità comune, le leggi su divorzio e aborto sono state introdotte come per contagio da un Paese occidentale all’altro, con ricadute immediate sull’instabilità familiare, e le nascite sono andate crollando, con effetti negativi sulla stessa economia.
Perciò, bene l’aiuto economico ma facendo allo stesso tempo un imprescindibile lavoro culturale volto a ricordare la bellezza di ogni vita che nasce e in quest’opera la riscoperta del senso cristiano - di chi guarda con speranza alla vita e sa che la Provvidenza agisce nella storia dell’uomo, di una fede capace di diventare cultura, come spiegava san Giovanni Paolo II - è fondamentale. Dei segnali in questa direzione nell’Ungheria di Orban - che al di là dei suoi limiti paga agli occhi dell’establishment europeo l’accento sull’identità cristiana - ci sono, come dimostrano le parole della nuova Costituzione su vita, matrimonio e famiglia, nonché diversi discorsi tenuti dal premier, come quello del 12 ottobre 2017 quando fece diretto riferimento al Signore parlando dell’aiuto da dare ai cristiani perseguitati, o ancora un articolo del 23 dicembre dello stesso anno quando scrisse che «dobbiamo difendere la cultura cristiana», aggiungendo: «Il nostro punto di partenza, l’alfa e l’omega della nostra filosofia di vita è il valore della vita, la dignità della persona ricevuta da Dio. Senza ciò non saremmo in grado di apprezzare neanche i diritti dell’uomo e altri simili concetti moderni».