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resistenze al cambiamento

Il nord traina il sud, l’autonomia può riequilibrare il Paese

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Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna producono il 41% del Pil. Lo squilibrio conferma la necessità di riorganizzare lo Stato in senso federalista. Anche per aiutare le altre regioni a identificare i nodi da risolvere.

Politica 25_07_2024
SERGIO OLIVERIO - Imagoeconomica

Per anni ampi settori della sinistra e anche qualche esponente della destra hanno fatto le barricate per difendere la Costituzione dalle aggressioni degli “sfascisti” che puntavano a scardinarne l’impianto (questa era l’accusa più ricorrente). Oggi le parti si sono invertite. Il centrodestra, soprattutto su input della Lega, ha spinto molto negli ultimi anni sul disegno di legge sull’autonomia differenziata, che finalmente è diventato legge e che si muove proprio nel solco del principio regionalista presente nella Costituzione.

Le opposizioni si sono subito schierate contro e stanno raccogliendo le firme per promuovere un referendum per cancellare l’autonomia differenziata, che reputano un pericolo per l’unità nazionale e che invece esalterebbe le diversità territoriali e realizzerebbe un modello di gestione delle risorse diverso da quello attuale, che si è rivelato penalizzante per alcuni e, nel complesso, iniquo per l’intero Paese.

In passato però alcuni governatori regionali come l’emiliano-romagnolo Stefano Bonaccini, da poco eletto al Parlamento europeo, avevano sostenuto l’autonomia differenziata, creando un asse con altre regioni del nord governate dal centrodestra. Fu un ottimo esempio di collaborazione istituzionale per attuare più efficacemente il principio costituzionale del decentramento. Ora, però, Bonaccini sembra aver cambiato idea e con lui altri esponenti del centrosinistra che sembravano convinti della necessità di cambiare l’assetto istituzionale del nostro Paese garantendo maggiori margini di libertà e autodeterminazione ai territori e alle comunità. Alcuni sindaci di sinistra peraltro avranno seri problemi nella gestione del consenso in territori che premono da tempo per avere più autonomia. Non a caso alcuni primi cittadini dem si sono dissociati dalle iniziative prese dal Pd a livello nazionale e hanno dichiarato apertamente la loro preferenza per un assetto federale dello Stato.

Ma la cosa più importante da dire è che a suggerire di procedere in quella direzione sono anche i numeri, che dimostrano gli squilibri tuttora esistenti tra le diverse aree del Paese. Anche nel 2024, infatti, la Lombardia, l’Emilia Romagna e il Veneto saranno le regioni che traineranno il Prodotto interno lordo (Pil) reale nazionale che, stando ai principali istituti di statistica, dovrebbe attestarsi attorno al +0,7 per cento, contro il +0,1 per cento della Germania, il +0,7 per cento della Francia e il +2,1 per cento della Spagna. Le cifre sono della Cgia di Mestre, che prende atto delle rilevazioni dell’ufficio studi su dati Prometeia e prevede per quest’anno una crescita dello 0,95% in Lombardia, dello 0,86% in Emilia Romagna e dello 0,8% in Veneto.

Le tre regioni, messe assieme, producono il 41% del Pil nazionale, il 53% circa delle esportazioni italiane.  In Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna risiedono oltre 19 milioni di persone (33% dell’intera popolazione del Paese). Nella classifica dei migliori si inserisce anche la Valle d’Aosta con un aumento della ricchezza dello 0,81%. In generale, per le regioni del Centronord sono previsti incrementi superiori allo 0,5%, mentre la crescita del Mezzogiorno rimane una chimera, con cifre davvero poco significative. La Lombardia ha un Pil superiore del 6,65% rispetto al 2019. Bene anche Trentino Alto Adige +4,98%, Friuli Venezia Giulia (+4,77%) e Veneto (+4,6%).

L’autonomia differenziata potrebbe consentire al nord di puntellare questo primato e al sud di fare chiarezza sulle sacche di inefficienza che si annidano nei processi produttivi e burocratici delle regioni meridionali. È come quando in casa c’è una perdita d’acqua e non si capisce da dove arrivi. Fondamentale diventa fare un check e intervenire chirurgicamente sul guasto per far funzionare regolarmente la fornitura d’acqua in tutta l’abitazione.

Ci sono poi alcune considerazioni sugli squilibri che questa situazione provoca nell’intero Paese. L’industria italiana in generale non se la passa bene, con le manifatture in agonia e in particolare i settori della moda, dell’automotive e del metallurgico in gravi difficoltà.

È questa un’ulteriore conferma della necessità di riorganizzare lo Stato in senso federalista, a prescindere dalle differenze culturali e ideologiche, per assicurare un governo equilibrato delle risorse e rilanciare il made in Italy nel mondo. Il referendum sull’autonomia rappresenta, invece, l’emblema delle invincibili resistenze al cambiamento da parte di forze politiche che possono continuare ad alimentare le loro clientele solo preservando un ormai insostenibile status quo di stampo assistenzialista.



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