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CONTINENTE NERO

Il Niger scaccia gli americani. E non riesce a combattere i jihadisti

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Il Niger revoca l'accordo militare con gli Usa. Una scelta di campo a favore della Russia, comune alle nuove giunte golpiste africane. Ma i risultati nella lotta al jihad sono pessimi.

Esteri 19_03_2024
Niger, il colpo di Stato militare (La Presse)

Il Niger ha revocato con effetto immediato l’accordo relativo allo status del personale militare e civile degli Stati Uniti presente nel paese. In altre parole ha deciso che i soldati e gli impiegati civili statunitensi se ne devono andare, subito. L’annuncio è stato dato il 17 marzo al termine della visita di una delegazione Usa che si era recata nel paese per parlare dei termini di una possibile ripresa della collaborazione di Washington con il governo nigerino, sospesa lo scorso luglio quando i militari hanno preso il potere con un colpo di Stato.

Il 13 marzo era previsto un incontro con Abdourahame Tchani, presidente della giunta militare e di fatto capo dello Stato. Ma era stato annullato perché «la delegazione Usa non aveva seguito il protocollo diplomatico e non aveva informato il governo della sua composizione, della data del suo arrivo e della sua agenda». Questa è stata la debole giustificazione fornita da Abdramane parlando alla televisione di stato, seguita da una durissima dichiarazione. La presenza degli Stati Uniti nel paese è illegale – ha esordito il presidente – perché decisa dal governo precedente «senza consultare il popolo sovrano». La delegazione Usa, ha proseguito, ha accusato il Niger di aver stretto un accordo segreto per fornire uranio all’Iran, accusa definita “cinica” e “rievocativa della seconda guerra in Iraq”, e ha assunto un intollerabile atteggiamento condiscendente accompagnato però dalla minaccia di ritorsioni contro il governo e la popolazione nigerini. «Alla luce di quanto detto – ha concluso – il governo del Niger revoca l’accordo».

Il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Matthew Miller, si è detto perplesso per le parole di Abdramane «che fanno seguito alle franche discussioni ad alto livello avute con i rappresentanti del governo nigerino nel corso della settimana». Finora in effetti la giunta golpista aveva adottato una linea abbastanza morbida con gli Stati Uniti. Ma la decisione non sorprende chi aveva capito fin dall’inizio che i militari nigerini stavano facendo una scelta di campo e intendevano entrare nella sfera di influenza della Russia. Sbagliava chi pensava che nutrissero ostilità e risentimento solo nei confronti della Francia e, caso mai, dei paesi europei che con Parigi avevano trasferito la base operativa delle loro truppe impegnate nella lotta al terrorismo islamico in Niger dal vicino Mali, anch’esso in mano ai militari autori di due colpi di Stato nel 2020 e nel 2021.

Lo scorso dicembre le ultime truppe francesi hanno lasciato il Niger e Parigi ha chiuso definitivamente la sua ambasciata. Anche i 120 agenti di sicurezza della missione dell’Unione Europea Eucap sono partiti dopo aver affiancato per oltre 10 anni l’esercito nigerino. In Niger sono rimasti finora circa 1.100 soldati statunitensi dislocati in due basi, una delle quali, vicino ad Agades, gestisce i droni usati a partire dal 2018 per combattere lo Stato Islamico del Grande Sahara e la Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimeen, un gruppo jihadista affiliato ad al Qaeda attivo nel Sahel.  

Niger, Mali e Burkina Faso, l’altro paese del Sahel in mano ai militari dal 2022, hanno dichiarato di voler d’ora in poi fare da soli e hanno reciso non solo i legami con la Francia, con l’Europa e con l’Occidente, ma anche con l’Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, di cui sono stati paesi fondatori nel 1975. Hanno annunciato la decisione di uscirne il 28 gennaio con un comunicato congiunto letto dalle loro emittenti televisive nel quale affermavano che l’Ecowas «si è allontanata dagli ideali dei suoi padri fondatori e dallo spirito del panafricanismo. Sotto l’influenza di potenze straniere, tradendo i propri principi fondanti, è diventata una minaccia per gli Stati membri e per le loro popolazioni». Il comunicato si concludeva accusando l’Ecowas di non averli aiutati ad affrontare la violenza jihadista, la stessa accusa rivolta all’Occidente.

Sul piano militare lo scorso settembre i tre paesi si sono ritirati dal G5, la forza regionale composta anche da Mauritania e Chad che era stata creata nel 2014, e hanno stipulato un patto di mutua difesa, l’Alleanza degli Stati del Sahel. Adesso intendono costituire una forza congiunta destinata a combattere la minaccia jihadista. Il 7 marzo il capo dell’esercito nigerino, Moussa Salaou Barmou, ha detto che sarà operativa al più presto. In realtà, però, nella lotta al jihad confidano sull’aiuto militare della Russia e sul sostegno dei mercenari russi della compagnia Wagner, già operativi in Mali da quasi tre anni, senza peraltro risultati di rilievo.

Per le tre giunte dimostrare di essere in grado di contrastare il jihad è essenziale. Gli abitanti dei tre paesi hanno festeggiato i loro colpi di Stato pensando che dei militari avrebbero saputo come affrontare i jihadisti meglio degli inetti governi civili, ma si sono dovuti ricredere. Secondo un rapporto dell’Africa Center for Strategic Studies diffuso nell’agosto del 2023, in Burkina Faso nei 18 mesi di governo militare il numero dei civili uccisi dai jihadisti è quasi triplicato rispetto ai 18 mesi precedenti. In Niger e in Mali dopo la partenza delle truppe europee si sono sensibilmente intensificati gli attacchi a villaggi e basi militari, e il Mali incomincia a risentire anche della conclusione voluta dalla giunta militare della Minusma, la missione di peacekeeping delle Nazioni Unite che il 31 dicembre ha lasciato il paese dopo 11 anni di attività.

Il Global Terrorism Index 2024 dell’Institute for Economics and Peace sostiene che l’epicentro del terrorismo islamico si è definitivamente spostato dal Medio Oriente all’Africa sub-sahariana e in particolare al Sahel. In questa regione, concentrati proprio in Niger, Mali e Burkina Faso, si contano ormai quasi metà delle vittime mondiali del jihad.