Il messaggio Cei pieno di luoghi comuni per giustificare l'aborto
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Nell'ultimo messaggio della Cei in occasione della prossima Giornata per la vita tutti i luoghi comuni per non combattere l'aborto: dalla clandestinità, alla difesa della 194 fino ai problemi economici. E non affronta il vero problema: la mancanza di fede e di cultura.
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La Giornata per la vita fu indetta dai vescovi italiani per la prima volta nel febbraio del 1978. Fu pensata perché ormai si era capito che anche l’Italia si sarebbe dotata di una norma che avrebbe legittimato l’aborto. Norma che, infatti, fu approvata il 22 maggio di quello stesso anno. La Giornata per la vita fu pensata come risposta alla 194.
Da allora i messaggi della Cei, negli anni, si sono sempre più scoloriti tanto da non parlar più, a volte, nemmeno di aborto, ma della salute, degli anziani, etc. L’ultimo messaggio è per certi versi simili ai precedenti: si fa cenno ai bambini che muoiono nelle guerre, durante le migrazioni, per fame, per varie malattie, per la povertà. Poi un cenno anche all’inverno demografico e alla sostituzione di specie, ossia si preferiscono gli animali domestici ai bambini.
Il messaggio chiama in causa anche l’aborto? Sì. Vi sono passaggi lodevoli a tal proposito, ma altri per nulla convincenti, come il seguente: «Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali (le statistiche dicono che sono le lavoratrici, le single e le immigrate a fare maggior ricorso all’IVG) esprime una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da circostanze che sarebbe giusto e “civile” rimuovere?».
Non si citano altre motivazioni che inducono la donna ad abortire. Un paio di riflessioni. Secondo una ricerca americana, pare che la motivazione principale per cui non si voglia un figlio è che non lo si vuole (cfr. Le esperienze degli adulti americani che non hanno figli realizzata dal Pew Research Center: qui un approfondimento). È come regalare uno schiaccianoci ad uno a cui non piacciono le noci. Le motivazioni economiche e sociali a cui fa cenno la Cei adombrano il vero motivo per cui si sceglie di abortire: non si comprende la preziosità intrinseca del figlio e dunque la gravità della scelta abortiva. Qui sta il problema, non nei soldi.
Seconda riflessione: addebitare alla società la causa degli aborti è veterocomunismo. Le sovrastrutture sociali sono loro le vere colpevoli, mica la donna e il medico abortista. Invece il problema è il cuore dell’uomo: ad immagine di questo si modellano le società. E nel cuore dell’uomo post-moderno Dio è assente. È la mancanza di fede che uccide i figli nei ventri delle loro madri. A margine: non solo Cristo è assente nei cuori di molti, ma anche nel messaggio della Cei in riferimento all’aborto.
Continuiamo con il messaggio: «Dobbiamo poi constatare come alcune interpretazioni della legge 194/78, che si poneva l’obiettivo di eliminare la pratica clandestina dell’aborto, nel tempo abbiano generato nella coscienza di molti la scarsa o nulla percezione della sua gravità, tanto da farlo passare per un “diritto”». Bene la critica alla qualificazione dell’aborto come diritto, male il riferimento all’aborto clandestino. Questa motivazione, lo sanno anche i paracarri, era solo pretestuosa, uno specchietto per le allodole. Tanto è vero che è ormai è stata abbandonata nelle retorica abortista e sostituita, per l’appunto, dallo slogan “L’aborto è un diritto”. In secondo luogo in nessuna parte della 194 c’è scritto che questa legge è stata pensata per eliminare l’aborto clandestino. In terzo luogo – dato che non ci sono commenti critici a riguardo da parte dei vescovi – pare che il fine di eliminare la clandestinità sia un fine buono per varare una legge abortista, fine da recuperare tenuto conto delle derive massimaliste che vedono nell’aborto un diritto.
Proseguiamo: «Per di più, restano largamente inapplicate quelle disposizioni (cf. art. 2 e 5) tese a favorire una scelta consapevole da parte della gestante e a offrire alternative all’aborto». Intendiamoci bene: tutto quello che si può lecitamente fare per dissuadere una donna dall’abortire è benvenuto, ma indicare la 194 come soluzione all’aborto è come avvalersi dell’aiuto dei mafiosi per stroncare la criminalità organizzata nel nostro Paese.
Infatti gli articoli 2 e 5 sono stati costruiti per essere inefficaci e facilmente aggirabili. Come scrivevamo a suo tempo, illustrando in modo più analitico il contenuto di questi due articoli, «la reale esiguità della portata degli obblighi di legge, l’impossibilità della sanzione in capo agli operatori sanitari che non fanno il loro dovere, il fatto che è il medico abortista a dover dissuadere la donna, fanno sì che la 194 può essere applicata benissimo e nello stesso non inceppare per nulla la macchina abortiva che uccide un bambino ogni cinque minuti. Quindi nella 194 non c’è reale prevenzione all’aborto, non perché gli artt. 2 e 5 vengono applicati male (difetto fenomenologico), ma per intrinseca struttura della 194 (difetto giuridico)».
Dunque per abrogare la 194 non si può far ricorso alla 194. Per combattere l’aborto non ci si può alleare con la 194. Sono evidenti contraddizioni in termini. Ben venga qualsiasi appiglio normativo presente anche nella 194, vedasi l’obiezione di coscienza normata dall’art. 9, ma non è nella 194 la soluzione. La soluzione è nella fede che diventa cultura.
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