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Ora di dottrina / 154 – Il supplemento

Il Graduale Romanum, un tesoro da riscoprire

Oggi si ignora che esiste, per la forma ordinaria del Rito romano, un Proprium gregoriano per ciascuna domenica dell’anno liturgico: il Graduale Romanum. Un tesoro incomparabile che non accompagna la liturgia, ma la costituisce. Partiamo dal Proprio della I Domenica di Quaresima.

Catechismo 09_03_2025

Il Concilio Vaticano II, nella costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium (n. 116), aveva voluto rilanciare il canto gregoriano, definendolo solennemente come il «canto proprio della liturgia romana», al quale doveva essere riservato il «posto principale» nell’azione liturgica. Rilancio che divenne di fatto il “de profundis” del gregoriano, praticamente cacciato da ogni tipo di celebrazione liturgica. Al punto che oggi non si sa nemmeno più, a partire da vescovi e preti, che esista un Proprium gregoriano per ciascuna domenica dell’anno liturgico (a cui si somma quello per feste, solennità e alcune ferie), che ritroviamo non in foglietti volanti o libretti parrocchiali stampati in proprio, ma in un vero e proprio libro liturgico ufficiale del Rito romano, il Graduale Romanum, erede degli antichi Antifonali che, non a caso, venivano ornati come gli altri libri liturgici.

Qualcuno, leggendo, potrebbe pensare che si stia parlando della liturgia secondo la forma antica, che Benedetto XVI chiamò “forma straordinaria” del Rito romano. Il pensiero è comprensibile, perché in effetti è quasi impossibile trovare chiese cattoliche nelle quali si celebri il rito riformato avvalendosi di questo libro liturgico; libro che nacque precisamente con lo scopo di concretizzare l’insegnamento conciliare sopra richiamato, anche dopo la riforma liturgica. Addirittura venne alla luce anche il Graduale Triplex, che contiene, oltre alla notazione quadrata, anche le preziose notazioni metense e sangallese, ma che di fatto gira tra le mani solo di qualche specialista del gregoriano; possibilmente in contesti non liturgici.

Il Graduale Romanum contiene l’Introitus, il Graduale, l’Alleluia (o il Tractus), l’Offertorium, il Communio ed eventuali Sequentiæ di ciascuna domenica: un patrimonio liturgico, spirituale e culturale straordinario, che – questo è il punto fondamentale da comprendere – non accompagna la liturgia, ma la costituisce, così che non si canta nella liturgia, ma si canta la liturgia. O almeno così dovrebbe essere. Vogliamo offrire, in queste domeniche del sacro tempo quaresimale, alcune riflessioni che speriamo possano aiutare a riscoprire, apprezzare e, perché no, riportare nuovamente nelle nostre chiese e santuari – vescovi, parroci e rettori permettendo –, questo tesoro incomparabile del Rito romano.

Il Proprio della prima domenica di Quaresima è una splendida tessitura del Salmo 90, tutto incentrato sulla protezione di Dio per mezzo degli angeli verso quanti confidano in Lui e lo invocano con piena fiducia. Si tratta di una singolare insistenza, che si comprende solo avendo presente che si tratta della domenica delle tentazioni del Signore, prototipo delle prove di ogni cristiano. E nelle tentazioni la disposizione fondamentale da adottare è quella della supplica incessante e confidente e del ricordo consolante della protezione divina.

Ogni testo risuona però in modo diverso, offrendo così una ricca esegesi, a seconda del diverso “colore” musicale. La ricorrenza continua degli stessi testi ricalca il processo della meditatio, il secondo gradino della lectio divina, che consiste primariamente proprio in una ripetizione senza la quale è impossibile l’assimilazione. Emerge così con chiarezza che il canto gregoriano non è un canto qualsiasi, scelto secondo criteri soggettivi, ma è una vera e propria lettura interpretativa e meditativa del testo sacro nel contesto liturgico, ragione per cui, solo, merita il titolo di canto proprio del Rito romano.

L’Introito (si può ascoltare qui) apre con le parole del Salmo 90 pronunciate direttamente da Dio: «Invocábit me, et ego exáudiam eum: erípiam eum, et glorificábo eum: longitúdine diérum adimplébo eum – mi invocherà e lo esaudirò: lo libererò e lo glorificherò, lo colmerò di lunghi giorni». La Quaresima viene così inaugurata non solo con la promessa del soccorso divino a quanti hanno appena imbracciato le armi tipiche della lotta spirituale di questo periodo – digiuno e astinenza, preghiera, elemosina –, ma ancor più con un chiaro accento cristologico, perché in queste parole è il Padre che parla al Figlio incarnato, sottoposto alla tentazione. È dunque nel Figlio che noi viviamo la prova e nel Figlio possiamo anche udire la voce del Padre.

Il maestro Fulvio Rampi ha felicemente fatto notare che, dal punto di vista melodico (e ritmico), in questo Introito risuona già in qualche modo la vittoria pasquale. La cellula musicale relativa alle sillabe cá-bo (della parola glorificábo) anticipa quella dei cantici della Veglia pasquale, in particolare il Cantico di Mosè, che celebra la vittoria sul faraone e sugli egiziani; oltre a raggiungere il culmine dell’ottava su cui si estende l’intero brano (mi-mi), proprio sulla parola che indica la glorificazione del Figlio. Ancora, la scelta dell’ottavo modo gregoriano non appare casuale; sappiamo che l’otto (7+1) è il numero della risurrezione, dell’ingresso della creazione (7) nell’eternità (1). L’ottavo giorno, l’ogdoade dei padri greci, è il giorno eterno che non tramonta e che ricapitola l’intera creazione. L’otto, per queste ragioni, rimanda anche al battesimo (da cui i battisteri ottagonali), e il battesimo è intimamente associato alla Pasqua e, in particolare, alla Veglia.

Anche solo a partire da queste semplici sottolineature, si può intuire come il Proprio gregoriano sia strutturalmente connesso alla liturgia e alla parola di Dio, tessendo una rete meravigliosa di rimandi, di richiami, di simbolismi; la sua omissione provoca la perdita inesorabile (e insostituibile) di queste ricchezze liturgiche, che altrimenti si imprimerebbero nel fedele non mediante una concettualizzazione, ma attraverso il canale più evocativo e formativo per l’essere umano: il canto.

Il Graduale (qui) appartiene al secondo modo, quello più caratteristico di questa parte del Proprio, e riporta curiosamente le parole del salmo che, nel Vangelo del giorno, è il diavolo a rivolgere al Signore, per tentarlo di vanagloria: «Angelis suis mandávit de te in ómnibus viis tuis. In mánibus portábunt te, ne unquam offéndas ad lápidem pedem tuum – Ha dato ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi, perché il tuo piede non inciampi nella pietra». E non è casuale che questo testo venga riportato prima del canto del Vangelo, ad indicarne la vera interpretazione musicale, del tutto opposta rispetto a quella data dal maligno. E così abbiamo che quel riferimento agli angeli che ci portano perché non abbiamo ad inciampare e cadere, che nella logica di Satana dovrebbe alimentare la convinzione di essere una sorta di super eroe, con il Signore ridotto a servo dei nostri desideri, nel Graduale viene ricondotto al senso pieno dell’abbandono umile e confidente, marcato dal melisma sulla sillaba -ta della parola portábunt, quasi a cullare con la melodia il fedele, protetto dagli angeli di Dio sia quando è condotto nelle altezza che quando precipita nelle profondità (estensione sol-fa).

Il più lungo Tractus dell’anno liturgico (il Tractus sostituisce l’alleluja dalla Settuagesima al Sacro Triduo), che presenta un intreccio di forma ornata e semi ornata (qui), riporta integralmente il Salmo 90; la sua esecuzione dura circa quindici minuti, più o meno la media delle prediche domenicali! La Chiesa non si è fatta per secoli alcun problema nel proporre ogni anno ai fedeli l’ascolto di questo lungo canto liturgico; anzi, nella forma del canto romano antico, con le sue melodie che ci portano vicino al canto bizantino, l’esecuzione risulta ancora più lunga e articolata, che richiede, come per la versione gregoriana, la preparazione di una schola o di un solista. Evidentemente per secoli e secoli si aveva una concezione ben diversa della partecipazione attiva dei fedeli alla liturgia e li si stimava degni di poter essere progressivamente introdotti ed educati dalle ricchezze del canto gregoriano.



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09_03_2025 Luisella Scrosati

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