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ALLEANZE FORZATE

Il campo largo è un'illusione. In realtà, nella sinistra si odiano

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Mettendo assieme Pd, M5S, Avs, Italia Viva, Azione e cespugli di sinistra, forse si supera di poco la coalzione di centrodestra. Ma già le nomine Rai dimostrano che non è un gruppo coeso.

Politica 28_09_2024
I leader del "campo largo" di fronte alla Cassazione (La Presse)

In politica, si sa, dominano gli slogan a effetto e ultimamente una delle espressioni più gettonate a sinistra è “campo largo”, che indica l’insieme di tutti i partiti di opposizione all’attuale governo di centrodestra. La segretaria dem Elly Schlein sta lavorando da tempo a questo progetto per riunificare tutte le anime della sua area politica, nel tentativo di costruire un’alternativa credibile e numericamente vincente.

Infatti, sommando già oggi le percentuali elettorali di Pd, Cinque Stelle, Avs, Italia Viva, Azione e altri cespugli e liste minori si arriverebbe a superare, sia pur di poco, il dato complessivo della coalizione guidata da Giorgia Meloni. Il problema della sinistra, però, è che questa alleanza tra una miriade di sigle molto diverse tra loro ben difficilmente riuscirebbe a elaborare un programma condiviso e fatalmente si sfascerebbe alla prima lite su temi identitari dell’uno o dell’altro partito. Più ancora le divisioni sorgerebbero sulle poltrone, sulle spartizioni di potere, che rimangono il più allettante stimolo per qualsiasi forza politica.

Ne stiamo avendo testimonianze tangibili proprio in queste ore. Giovedì tutti i leader del centrosinistra si sono fatti fotografare sulle scale della Cassazione in occasione del deposito del milione di firme per il referendum abrogativo dell’autonomia differenziata. Sembravano un gruppo armoniosamente coeso, ma era semplicemente un’illusione, perché di lì a poco è esploso il caos in Parlamento sulle nomine dei consiglieri della Rai.

Su quella partita si è infatti consumato uno scontro violentissimo tra il Pd e Italia viva da una parte, che hanno deciso di non partecipare al voto, rinunciando quindi a proporre propri candidati per il cda della tv pubblica, e il Movimento Cinque Stelle e Alleanza verdi sinistra (Avs) dall’altra, che invece hanno fatto un accordo con il centrodestra e si sono votati i propri candidati, che dunque sono stati eletti: Alessandro Di Majo, grillino, riconfermato per il secondo mandato, e Roberto Natale, gradito a Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni.

Il paradosso è che la votazione si è svolta sulla base di quanto previsto dalla legge n.220 del 2015, voluta dal governo Renzi, quando Matteo era il segretario del Pd. Quindi Pd e Italia Viva hanno scelto l’Aventino e hanno rinunciato a votare per un proprio candidato ad un posto di consigliere Rai boicottando di fatto una legge voluta da loro. Dicono che la legge va cambiata, ma l’hanno proposta proprio loro 9 anni fa.

Una incoerenza disarmante da parte dei dem e dei renziani, che si sposa con la voracità dei grillini e di Avs, interessati a una poltrona a tutti i costi e quindi ben contenti di non avere rivali a sinistra nelle votazioni per il rinnovo del cda della tv pubblica. Peraltro sembra che i grillini abbiano anche chiesto la direzione di un tg e varie poltrone nei contenitori informativi e di intrattenimento, in cambio del sostegno all’aspirante presidente della Rai Simona Agnes, attuale consigliere d’amministrazione Rai in quota Forza Italia.

Ma le contraddizioni nel campo largo non finiscono qui. Sempre sulle poltrone i partiti del centrosinistra si stanno letteralmente scannando anche per la composizione delle liste in Liguria. Matteo Renzi, che da tempo non perde occasione per ribadire che lui la scelta l’ha fatta ed è quella di entrare nel campo largo, ieri ha annunciato il ritiro di Italia Viva dalle elezioni regionali in Liguria. I renziani erano in trattative per entrare in un listone con i socialisti e con +Europa, ma si sono visti sbattere le porte in faccia con una serie di veti su singoli candidati proposti agli alleati. In altri termini, i grillini, che avevano puntato i piedi con la Schlein affinchè non accogliesse Renzi nello schieramento a sostegno di Andrea Orlando, si sono mostrati irremovibili nel contrastare l’ingresso di Italia Viva in quell’alleanza con candidati considerati troppo chiacchierati e quindi squalificati agli occhi dell’elettorato pentastellato.

Se si aggiunge a tutte queste situazioni ingarbugliate anche il fatto che Schlein, Conte e Renzi si guardano in cagnesco e hanno opinioni molto diverse sulla politica estera, sui temi del lavoro e su quelli della famiglia ce n’è abbastanza per concludere che il campo largo è davvero diventato un campo minato e che un’alternativa al governo Meloni appare ancora confinata nel libro dei sogni di qualche visionario.