Idolatria e senso della Chiesa
Di fronte all'apostasia, alla codardia, all'indegnità di tanti pastori, qual è la strada adeguata per chi ama la Chiesa e ritiene l'unità un bene prezioso da salvaguardare? Torniamo alle parole del cardinale Sarah a Milano: difendere la verità ma anche essere santi per i pastori che non lo sono. Vale anche come giudizio per la querelle sulla pachamama....
Mi perdonerete se riprendo ancora una volta le parole pronunciate dal cardinale Robert Sarah a Milano, in occasione della presentazione del suo ultimo libro “Si fa sera e il giorno ormai volge al declino”. Ma credo che ci siano dei passaggi che affrontano il rapporto tra fedeli e pastori particolarmente illuminanti per la grave situazione di disorientamento che c’è fra i cattolici; e per la divisione della Chiesa che tende sempre più a radicalizzarsi e non può non preoccupare chi crede che l’unità della Chiesa sia un bene prezioso. Passaggi che sono estremamente attuali. Riprendiamo dunque queste parole:
«Non dobbiamo inventare e costruire l'unità della Chiesa. La fonte della nostra unità ci precede e ci viene offerta. Sono ferito di vedere tanti pastori vendere la dottrina cattolica e creare confusione, smarrimento e divisioni tra i fedeli».
«La tentazione della codardia è ovunque. In particolare, regna sui pastori».
«I pastori sono coperti da difetti e imperfezioni. Ma non è disprezzandoli che costruirete l'unità della Chiesa. Non abbiate paura di esigere da loro la fede cattolica, i sacramenti della vita divina, l’esempio della purezza nella loro condotta morale! Ricordate la parola di Sant'Agostino: "Quando Pietro battezza, è Gesù che battezza. Ma quando Giuda battezza, è ancora Gesù che battezza!” Il più indegno dei sacerdoti rimane lo strumento della grazia divina quando celebra i sacramenti. Guarda fino a che punto Dio ci ama! Egli accetta di mettere il suo corpo eucaristico nelle mani sacrileghe dei preti miserabili.
Se pensate che i vostri sacerdoti e vescovi non siano santi, allora siate santi per loro! Pregate, fate penitenza, digiunate per i loro difetti e la loro codardia. Solo così si può portare il fardello dell'altro!».
Queste parole ci sono di conforto ma devono essere anche una guida per il nostro giudizio sulla Chiesa e sui pastori.
Ci sono di conforto anzitutto perché ci ricordano che la Chiesa è di Cristo, è guidata da Lui e non lascerà che venga distrutta. Forse Gesù si è addormentato mentre la barca si trova ad affrontare la tempesta ma siamo certi che non la lascerà affondare. La Chiesa non è un partito o un governo, la cui sorte definitiva è affidata agli uomini, a questa o quella maggioranza, a questa o quella cordata vincente. Se siamo consapevoli di questo, non diminuirà di un’unghia il nostro impegno per la verità, anche all’interno della Chiesa, ma nella serenità di chi si affida completamente al Signore.
Le parole del cardinale Sarah devono però fare anche da guida nell’atteggiamento giusto nei confronti dei pastori che non solo non sono santi, ma gettano confusione insegnando cose sbagliate, «vendono la dottrina cattolica», sono «codardi», sono «preti miserabili» dalle «mani sacrileghe». Ed è chiaro che nessun pastore è al sicuro da questa descrizione, Papa incluso. Cosa fare dunque in questi casi?
Certo, esigere la fede cattolica, ovvero ciò che la Chiesa ha insegnato da sempre. E riaffermare la dottrina cattolica così come l’abbiamo ricevuta. Se la Chiesa ha sempre ritenuto gli atti omosessuali uno dei peccati che «gridano vendetta al cospetto di Dio», non potrà mai essere accettato l’insegnamento di vescovi o teologi che pretendono di legittimare le unioni omosessuali, fosse anche il Papa a volerlo. Né si potrà mai giustificare la codardia di vescovi che, per non inimicarsi il mondo e anche le alte gerarchie, tollerano che la dottrina cattolica sia svenduta o che addirittura diventano più realisti del re. Non si può scendere a patti su ciò che Cristo ha rivelato, che coincide con la Verità della nostra persona e della storia.
Ma proprio perché abbiamo la consapevolezza di cosa sia la Chiesa, oltre a questo ci è indicata la strada della preghiera, del digiuno, della penitenza per i nostri pastori. Il peccato dei pastori deve essere occasione di maggiore conversione per noi. Si è detto molte volte che i veri riformatori nella Chiesa sono i santi; ecco, appunto, saremo di aiuto alla Chiesa solo se ci lasceremo prendere da Cristo, solo se ci decidiamo a metterci sulla strada della santità, solo se desidereremo questo sopra ogni cosa. Difesa della dottrina e santità sono due strade che vanno di pari passo. Il disprezzo – per i pastori o per i fedeli - non è contemplato tra le opzioni.
Questo richiamo è fondamentale anche per giudicare la querelle della pachamama che continua ad infiammare il dibattito ecclesiale. Si rimane certamente basiti dall'ostinazione di chi continua a rigirare la frittata cercando di dimostrare che non c’è alcuna idolatria nel simbolo della Madre Terra: spiegazioni patetiche, per non dire altro, pure di fronte all’evidenza delle immagini; scandalo che si aggiunge allo scandalo. C'è da chiedersi però se sia corretta, adeguata e utile alla Chiesa l’iniziativa dei giorni scorsi di un documento che accusa di sacrilegio direttamente il Papa e chiede ai vescovi di intervenire.
Nessuno prima e più di noi si è occupato dello scandalo della pachamama; lo abbiamo affrontato, e condannato, da tutti i punti di vista. Lungi da noi dunque minimizzare quanto è accaduto prima e durante il Sinodo. Ma proprio per questo sentiamo necessario evitare strade che alimentano la divisione, che incentivano la radicalizzazione delle posizioni. Peraltro si rischia di facilitare la narrazione che tanto piace intorno a Santa Marta di una Chiesa in cui ci sarebbero da una parte i fedeli al Papa (guarda caso, però, sono gli stessi che hanno sempre ostacolato e contraddetto i papi che hanno preceduto Francesco) e dall’altra i suoi nemici.
È un gioco a cui volentieri ci sottraiamo, il Papato è uno dei pilastri della Chiesa e l’eventuale indegnità di un singolo Papa non deve trascinare con sé l’ufficio voluto da Cristo. Il cardinale Sarah ci ha indicato giustamente un’altra strada e anche il cardinale Raymond L. Burke, attorno a cui è stata costruita una sorta di “leggenda nera”, ancora una volta - nella recente intervista al New York Times - ha respinto con forza l’etichetta che gli hanno affibbiato di “nemico del Papa”. «Penso – ha detto Burke - che qui sia subentrata una visione molto politica del papato, secondo cui il Papa è una specie di monarca assoluto che può fare quello che vuole. Ma non è mai stato così nella Chiesa. Il Papa non è un rivoluzionario, eletto per cambiare l’insegnamento della Chiesa. È tipico di una visione secolarizzata non capire che cos’è in profondità la Chiesa».
Permanere nella Verità è compito anche del Papa, dei vescovi e dei preti oltre che nostro. Questo dobbiamo esigere, senza sconti, dai pastori ma chiedendo soprattutto al Signore. Ci diceva il cardinale Sarah in un momento conviviale: «Nella Chiesa si discute molto, ma si prega poco». Ecco, proviamo a cambiare la tendenza.