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LA CRISI DELLA CHIESA / 3

FSSPX, il ministero dei sacerdoti è illegittimo. Ecco perché

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Lo aveva esplicitato Benedetto XVI: senza chiarimento dottrinale nessuno stato canonico per la Fraternità e nessuna legittimità del ministero. Il punto da capire è che qui c’è in gioco l’essenza della Chiesa.

Ecclesia 21_08_2023 Español

Un primo chiarimento all’articolo Delusi da Roma, ma seguire i lefebvriani non è la soluzione è d’obbligo. Allorché si afferma la prerogativa esclusiva del Papa di nominare un vescovo, non si intende che spetti direttamente al Papa eleggere un vescovo. La modalità elettiva ha conosciuto e conosce concretizzazioni diverse: elezione del candidato da parte di un Sinodo (per le chiese orientali), del Capitolo cattedrale, presentazione di una terna da parte di una Conferenza episcopale, etc.

Quello che rimane sempre fermo e non derogabile è il diritto del Papa di nominarlo e concedere il mandatum apostolicum, senza il quale la consacrazione, pur essendo valida, risulta illegittima. Nessun vescovo può essere consacrato contro la volontà del Papa, né può esercitare il suo ministero se il Papa non ne accetta la consacrazione, unendolo in tal modo al Collegio dei vescovi. Ora, nel caso di mons. Lefebvre, Giovanni Paolo II aveva esplicitamente rifiutato di conferire il mandatum ‒ e spiace davvero che, all’inizio del rito consacratorio, l’allora Superiore della FSSPX, l’abbé Franz Schmidberger, avesse invece confermato di avere il mandatum apostolicum. Inoltre, una volta avvenute le consacrazioni, lo stesso Papa non ha accolto questi vescovi nel Collegio.

Nemmeno si può invocare l’analogia con i vescovi ausiliari: i quattro vescovi consacrati nel 1988 non sono ausiliari, in quanto mons. Lefebvre non era un Ordinario; né la FSSPX aveva alcun diritto di incardinare i propri membri sacerdoti (ordinati illecitamente). E se pure li si considerasse arbitrariamente tali, si deve ricordare che anche i vescovi ausiliari devono essere nominati (non eletti!) dal Papa, necessitano del mandatum apostolicum e devono essere confermati dalla Sede apostolica.

Si è visto come la revoca delle scomuniche da parte di Benedetto XVI non abbia comportato alcun cambiamento quanto alla situazione scismatica. Ma, scisma o non scisma, un altro punto fondamentale da comprendere è che i sacerdoti della FSSPX esercitano un ministero illegittimo.

Proprio quel Papa che aveva deciso di rimettere la più grave sanzione canonica ai quattro vescovi consacrati da mons. Lefebvre, aveva anche spiegato che «finché le questioni concernenti la dottrina non sono chiarite, la Fraternità non ha alcuno stato canonico nella Chiesa, e i suoi ministri – anche se sono stati liberati dalla punizione ecclesiastica – non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa».

Si tratta di una mera questione disciplinare? Di una semplice “irregolarità canonica”?
La Chiesa cattolica insegna che per esercitare legittimamente il proprio ministero, il clero dev’essere parte della struttura giuridica della Chiesa; non è sufficiente un’ordinazione valida, ma è necessario ricevere una missione giuridica, da parte del Papa per i vescovi, e da parte dell’Ordinario per i sacerdoti e i diaconi (incardinazione). Per evitare fraintendimenti, sottolineiamo subito che non si tratta di semplici questioni di diritto ecclesiastico: alla base c’è la dottrina sulla Chiesa, un’ecclesiologia, che si distingue nettamente da quella protestante, proprio perché afferma la necessità di essere parte della Chiesa cattolica visibile, mediante il triplice vincolo della vera fede, dei veri sacramenti e della sottomissione alle legittime autorità. L’appartenenza alla struttura giuridica della Chiesa è requisito necessario e per il clero si traduce nel fatto di ricevere una missione canonica da parte delle legittime autorità.

Di nuovo, non è una questione puramente “formale”, se con questo termine si intende qualcosa di non essenziale; è il Concilio di Trento, nei canoni sul sacramento dell’Ordine, a colpire con l’anatema quanti affermano che «quelli che, senza essere stati regolarmente ordinati o inviati (rite ordinati nec missi sunt) dall’autorità ecclesiastica e canonica, ma provenendo da altri, sono legittimi ministri della parola e dei sacramenti» (Denz. 1777). Dunque è questione di fede e non di semplice disciplina; o, meglio, di quella disciplina che nasce dalla retta fede.

Pio XII, nella Mystici Corporis, spiegava il senso profondo della dimensione giuridica della Chiesa. Parlando del «modo con cui Gesù Cristo vuole che l’abbondanza dei suoi doni dalla propria divina pienezza affluisca nella Chiesa», sottolineava che la Chiesa dev’essere intesa «secondo tutto il suo modo di vivere, quello visibile e quello invisibile». Questa visibilità della Chiesa si connette con la sua struttura giuridica, da cui deriva la missione giuridica. Per questo, Pio XII poté affermare che è «in virtù di quella missione giuridica per la quale il divin Redentore mandò nel mondo gli Apostoli come egli stesso era stato mandato dal Padre (cfr. Gv 17, 18; 20, 21)», che nella vita della Chiesa è Cristo stesso «che battezza, insegna, governa, assolve, lega, offre, sacrifica, per mezzo della Chiesa».

Come si può notare, l’elemento giuridico è tutt’altro che secondario e discutibile: esso appartiene alla costituzione stessa della Chiesa, così come Cristo l’ha voluta, e connette la gerarchia con la missione che Egli ha ricevuto dal Padre: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). I successori degli Apostoli devono, come gli Apostoli stessi, ricevere questa missione da Cristo, a cui «è stato dato ogni potere in cielo e in terra» (Mt 28, 18). Senza quell’«andate dunque e ammaestrate...» (Mt 28, 19), ricevuto da Cristo per mezzo del suo Vicario in terra, nessuno può esercitare alcun legittimo ministero. Nella Chiesa cattolica si può trasmettere solo se prima si ha ricevuto; un vescovo non può “mandare” i suoi sacerdoti se a sua volta non è stato “mandato” dal Papa, né tanto meno un vescovo o un sacerdote possono inviare se stessi.

Si comprende che qui siamo nel cuore della Chiesa, nel cuore della sua unità: la sua natura giuridica e la missione giuridica sono strettamente collegate e sono inseparabili. Se si colpisce la seconda, se la si ignora, se la si disattende inevitabilmente si colpisce la natura stessa della Chiesa, perché la Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica visibile, e riconoscibile proprio grazie agli elementi visibili che scaturiscono dalla natura giuridica.

Ora, la FSSPX, dalla sua soppressione nel 1975, non ha alcuna realtà giuridica nella Chiesa cattolica. I suoi sacerdoti non sono incardinati e i suoi vescovi non hanno alcuna missione canonica. È per questa ragione che il loro ministero rimane illegittimo. Nella visione cattolica, non basta che i sacramenti siano validi: devono essere anche legittimamente amministrati.

Qualcuno potrà sollevare l’obiezione che queste siano tutte considerazioni ormai inutili, dal momento che papa Francesco ha concesso loro la giurisdizione per il sacramento della Penitenza e l’autorizzazione (vedi qui) agli Ordinari «perché possano concedere anche licenze per la celebrazione di matrimoni dei fedeli che seguono l’attività pastorale della Fraternità» (la delega è concessa ad un sacerdote della diocesi e, solo dove ciò non sia possibile, direttamente ad sacerdote della FSSPX).

Iniziamo con la cosa più evidente: se il Papa ha concesso queste autorizzazioni «in modo da assicurare la validità e la liceità del sacramento da loro amministrato e non lasciare nell’inquietudine le persone», lo ha fatto perché senza queste autorizzazioni i due sacramenti non sono validi. Con questo atto, il Papa non ha riconosciuto la validità di quei sacramenti fino ad allora amministrati, ma li ha resi validi; anteriormente al 27 marzo 2017, non lo erano. Purtroppo. La FSSPX, di nuovo, ha usurpato un diritto che appartiene solo al Papa e all’Ordinario, “prendendosi” la giurisdizione per le confessioni e le deleghe per assistere ai matrimoni, giurisdizione che nessuna legittima autorità ha dato loro.

In secondo luogo, facciamo notare che ritenere che la discutibile decisione di papa Francesco significhi che la FSSPX non sia più in scisma o che i suoi sacerdoti possano esercitare legittimamente il loro ministero (e dunque che i fedeli vi possano ricorrere) è del tutto errato. Che si condivida o meno la decisione del Papa, la Chiesa può dare facoltà per singoli sacramenti anche a sacerdoti scismatici in situazioni particolari, per il bene delle anime. Questo è evidente nel can. 844 §2, dove si riconosce la validità del sacramento della Penitenza da parte dei ministri delle chiese orientali non in comunione con la Chiesa cattolica. Il che significa che il Papa ha concesso a questi sacerdoti giurisdizione per questo sacramento, che altrimenti sarebbe invalido (ricordo che la Penitenza e il Matrimonio sono gli unici due sacramenti che per essere validi, devono anche essere legittimamente amministrati).

Questa decisione del Papa ha certamente creato molta confusione; ma rimane il fatto che egli ha la potestà di conferire giurisdizione per ascoltare le confessioni anche a sacerdoti non in comunione con la Chiesa, senza che questo atto comporti che allora quei sacerdoti rientrino nella comunione con la Chiesa. La Chiesa, per esempio, conferisce la facoltà di assolvere anche ad un sacerdote dimesso dallo stato clericale qualora si trovi di fronte ad un morente che non può ricorrere ad un sacerdote legittimo; e va da sé che questo non significa che questi possa conferire lecitamente anche gli altri sacramenti. E dunque anche il ministero dei FSSPX , eccettuati questi due sacramenti (con la precisazione sul matrimonio di cui sopra), rimane illegittimo, per volontà della stessa Fraternità che ha sempre rifiutato la regolarizzazione canonica.

3. Continua

P.S. Viste le tante mail ricevute in redazione in seguito a questa serie di articoli, non saranno più date risposte personali. Ma dopo la quarta e ultima puntata, Luisella Scrosati scriverà un ulteriore articolo per rispondere alle principali domande e obiezioni.



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