Fecondazione artificiale, dal figlio trans di Musk una verità
Ascolta la versione audio dell'articolo
Xavier Alexander Musk critica la scelta del padre di farlo venire al mondo tramite la fecondazione artificiale, sentendosi un prodotto acquistato e selezionato. Da lì, nasce il rifiuto di sé. Il problema di Elon Musk: pronatalista, ma non pro vita.

Xavier Alexander Musk è figlio di Elon Musk. Nel 2022 decise di cambiare nome in Vivian Jenna Wilson perché si sentiva una ragazza. In un post su Threads critica la scelta del padre di farlo venire al mondo tramite la fecondazione artificiale sia perché si sente un prodotto acquistato sia perché il padre lo avrebbe selezionato tra gli altri embrioni a motivo del suo sesso maschile, sesso che lui avrebbe poi rifiutato. Ecco le parole di Xavier: «Il sesso che mi è stato assegnato alla nascita era una merce che è stata comprata e pagata. Quindi, quando ero femminile da bambino e poi sono diventato transgender, mi sono opposto al prodotto che veniva venduto. Quell'aspettativa di mascolinità contro cui ho dovuto ribellarmi per tutta la vita era una transazione monetaria. Una transazione monetaria. UNA TRANSAZIONE MONETARIA. Come c…. può essere legale?».
Il giovane Xavier conferma che, come spesso accade, solo quando le condotte immorali ci toccano da vicino ne comprendiamo le storture. In secondo luogo, il figlio di Elon Musk giustamente si sente un prodotto, dato che è stato oggetto di una compravendita ed è stato selezionato in base al sesso. Come acquistare un’auto a seconda della marca o della cilindrata.
In terzo luogo, è interessante e insieme triste notare che il rifiuto del proprio sesso biologico potrebbe derivare anche e soprattutto dalla stessa tecnica di fecondazione extracorporea. Il rifiuto di sé – e il sesso biologico è aspetto identitario della persona – nasce dal rifiuto di come Xavier è venuto al mondo. La ferita inferta alla dignità di questo ragazzo non è stata superata e lui ha scelto un modo per sanare quella ferita che peggiorerà solo la sua condizione. Snodo cruciale è la sua frase: «Quell'aspettativa di mascolinità contro cui ho dovuto ribellarmi per tutta la vita era una transazione monetaria». Quanti ragazzi si ribellano alle aspettative dei genitori, le quali però nulla c’entrano con la loro identità, con la loro vocazione? Xavier si è sentito progettato, costruito a tavolino ben prima del concepimento e addirittura mercificato. Voluto non per sé, ma in quanto oggetto della soddisfazione dei genitori. Da qui il rifiuto radicale di quello Xavier programmato dal padre, per costruirne uno nuovo, tanto essenzialmente diverso dal precedente che avrebbe dovuto essere femmina. Da qui, poi, l’ovvia rottura con il padre.

E ora parliamo di lui, del Musk più famoso. Elon Musk non è un pro-vita, ma un pronatalista. Iniziate ad abituarvi a questo termine perché probabilmente diventerà sempre più diffuso a motivo del famigerato inverno demografico dell’Occidente. I pronatalisti sono a favore delle nascite e ad ogni costo. Insomma, per loro, il fine giustifica i mezzi. Questo particolare fa la differenza con i pro-life, i quali sono anche loro per l’incremento della natalità, ma non con qualsiasi mezzo.
Musk, da pronatalista, è a favore della fecondazione artificiale. Il padre di Tesla ha avuto 14 figli da 4 donne e almeno 5 di essi tramite fecondazione extracorporea. Musk però è un pronatalista impuro, non radicale; infatti è a favore dell’aborto, pratica che impedisce le nascite. Quando il Texas varò la famosa legge che impediva di abortire un bambino il cui cuore battesse, Musk, sicuramente ispirandosi a Stuart Mill, così commentò la notizia: «Credo nella massimizzazione della libertà individuale, a patto che non danneggi gli altri. Le posizioni estreme da entrambe le parti di questo dibattito sono perdenti». Peccato che l’aborto danneggi la libertà del nascituro, dato che lo uccide.