Emma Bonino: piccolo partito, grandi ricatti
Benché sia un partito con pochissimo seguito, +Europa di Emma Bonino si comporta come se fosse l'ago della bilancia. Coglie il pretesto del cavillo della legge elettorale che impedisce di raccogliere firme "in bianco" (senza elenco dei candidati) per inscenare la protesta e ricattare il Pd. E la classe dirigente di sinistra le va dietro.
In passato avevano fatto anche di peggio, cioè vendersi al miglior offerente, tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi. Chi offriva più seggi diventava l’alleato preferito, e così facendo per molte legislature i radicali sono entrati con disinvoltura in Parlamento, salvo poi giocare su più tavoli in quasi tutte le partite legislative, contribuendo alla formazione di maggioranze trasversali su singoli temi.
In questi giorni la lista +Europa, che ha come leader Emma Bonino, sta minacciando il Pd di correre da sola perché ufficialmente teme di non riuscire a raccogliere le firme previste dal Rosatellum bis. Il paradosso è che la legge elettorale è stata salutata con favore dai radicali, che vi hanno intravisto il pertugio propizio per far valere i loro pochi voti al tavolo di trattativa con un moribondo Partito democratico, a caccia di alleanze con piccole forze per tentare di conquistare il maggior numero di seggi nei collegi uninominali. Si è parlato di 5 collegi sicuri per Bonino e soci, ma evidentemente non bastano ad appagare i loro appetiti e allora ecco il cavillo per far saltare l’alleanza o per alzare il prezzo con i dem.
Ufficialmente la ragione del dissenso è un cavillo applicativo della legge elettorale. La leader radicale ha lamentato la mancanza di disponibilità da parte del Pd, perché a quanto pare sui moduli da presentare per le firme occorre già scrivere i nomi dei candidati nei collegi uninominali per l’intera coalizione e quei nomi ovviamente non ci sono ancora. Il termine per la presentazione dei candidati nei collegi uninominali è il 21 gennaio e fino a quella data non ci saranno nomi certi. Dunque, a preoccupare +Europa non sono tanto le 25.000 firme necessarie (400 per ognuno dei 63 collegi del proporzionale) alle formazioni non presenti in Parlamento, ma l’obbligo, non smentito dal Viminale, di scrivere già oggi sui moduli per Camera e Senato i nomi precisi e non modificabili di 348 candidati uninominali del Pd e delle altre liste della coalizione, esentate dalla raccolta firme. Quei nomi saranno decisi negli ultimissimi giorni e diventerebbe a quel punto impossibile raccogliere, autenticare e corredare dei certificati elettorali le firme di 25.000 italiani. Ecco perché i radicali, per poter presentare per tempo le liste raccogliendo le firme necessarie, dovranno inserire fin da ora propri nominativi per i collegi uninominali, che inevitabilmente entreranno in competizione con quelli del Pd, togliendo loro voti decisivi, con indiretto vantaggio per i candidati pentastellati e del centrodestra.
Ma al di là di queste dispute burocratiche si gioca una partita tutta politica. Anzitutto va ricordato che al seguito elettorale dei radicali, storicamente scarso e marginale, ha fatto sempre da contraltare un’altissima considerazione nei loro confronti da parte degli apparati di potere consolidato e dei cosiddetti “poteri forti”, probabilmente in ragione dei rapporti internazionali che la Bonino intrattiene da tempo immemorabile con ambienti che solitamente decidono.
Non si spiegherebbe in altro modo il corteggiamento che da sempre subiscono da parte dei principali e ben più votati partiti di destra e di sinistra sia la Bonino in prima persona che i suoi pochissimi seguaci. Non a caso anche ieri si sono susseguite attestazioni di interesse e solidarietà nei loro confronti. Una mano tesa è arrivata da socialisti e verdi, che si sono detti "pronti" a "mettere insieme le forze", non solo per "superare l'impasse sulle firme", ma "per convergere in un'unica lista per ribadire la centralità del pilastro europeo all'interno della proposta del centrosinistra". Sempre 24 ore fa è arrivato l’appello del Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda per un dialogo con la Bonino. "Emma Bonino – ha scritto Calenda su twitter - è un pilastro fondamentale dell'alleanza riformista liberal democratica che serve all'Italia". Infine, Piero Fassino, designato da Renzi come pontiere per tessere la tela di un’alleanza di centrosinistra sempre più allargata, ha ribadito l’interesse a imbarcare nella coalizione anche Bonino e soci: "Andare divisi sarebbe un danno per tutti: sia per i radicali, sia per il centrosinistra, dando così un vantaggio gratuito al centrodestra e ai 5Stelle - ha chiarito l’ex sindaco di Torino - Per questo non ci si può rassegnare. Anche perche ci sono le condizioni politiche e organizzative per realizzare un'intesa, a partire dall'impegno del Pd e del centrosinistra a sostenere organizzativamente la raccolta delle firme necessarie alla presentazione delle liste radicali in tutte le circoscrizioni". Ma se i radicali dovessero andare da soli non è detto che riescano a far eleggere propri candidati e in ogni caso toglierebbero chance di elezione ai candidati del Partito democratico.
Ecco perché una spiegazione dietrologica attribuisce i “capricci” della Bonino alle pressioni che la leader radicale starebbe ricevendo da Enrico Letta, Romano Prodi e altri vecchi big del Pd affinchè molli Renzi e corra da sola. Grazie ai suoi voti i candidati del Pd nell’uninominale potrebbero prevalere in alcuni collegi dove la partita col centrodestra appare incerta ed equilibrata. Per converso, senza i suoi voti, i cavalli renziani rischierebbero di soccombere. Con inevitabile ulteriore indebolimento della leadership nazionale del segretario dem. E chi da anni combatte contro il renzismo, anche dentro il Pd, potrebbe finalmente consumare la sua vendetta.