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SICUREZZA ALIMENTARE / 2

Due strade per evitare una crisi alimentare globale

La prima misura per calmierare i prezzi mondiali dei prodotti alimentari è immettere nel mercato una parte delle scorte accumulate. Ma servono poi interventi strutturali che aumentino la produzione: l'UE ha preso la strada opposta, puntando sul biologico, e per questo i Paesi in via di sviluppo devono procedere autonomamente. Le conseguenze negative della Laudato si’ e il ruolo positivo che invece potrebbe avere la Chiesa.

Economia 15_06_2022 English
Grano

Alla luce di quanto descritto nella prima parte di questo articolo, appare evidente che per calmierare i prezzi sui mercati internazionali sarebbe essenziale che i paesi che oggi detengono grandi scorte (Cina in primis) immettessero sul mercato parte delle scorte stesse, in attesa che la crisi militare russo-ucraina si risolva. In tal modo si eviterebbero i rischi insiti nel far inoltrare navi da carico per il trasporto dei cereali nell’area di guerra del mar Nero, infestata da mine e altre insidie. Ci si deve chiedere però se una tale politica sia nelle corde di qualcuno o se invece si preferisca la logica degli infiniti lai sulla cattiveria della Russia affamatrice del mondo.

Al proposito, mi sento in dovere di introdurre un dato personale: non sono mai stato filorusso e, anzi, quando facevo il servizio militare in un reparto operativo di artiglieria da campagna, l’avversario strategico era per noi l’Unione Sovietica. Peccato che chiusasi la guerra fredda i nostri leader si siano del tutto scordati di tale quadro strategico e ci abbiano viceversa messi alla mercé della Russia per l’energia e in parte anche per il cibo. Insomma, chi oggi in Europa impartisce lezioni di atlantismo dovrebbe riflettere sugli enormi errori strategici commessi in un passato recente e che ci hanno allontanati dagli obiettivi fondanti per la Comunità europea fissati nei trattati di Roma del 1957, e cioè la sicurezza alimentare ed energetica delle nostre popolazioni.

Fra questi errori strategici ricade sicuramente il Farm to Fork – F2F (parte agricola del Green deal dell’UE) che si popone entro il 2030 di estendere dal 9% attuale al 29% della superficie agricola europea quella gestita con metodo biologico, che a seconda delle colture produce dal 20 al 70% in meno rispetto all’agricoltura convenzionale. F2F è indice dell’insensibilità delle nostre classi dirigenti rispetto al dovere produttivo che i nostri paesi hanno per garantire sicurezza alimentare alle popolazioni europee e calmierare al contempo i prezzi sui mercati mondiali. L’Europa ha terre fra le migliori del mondo ed è un enorme peccato non sfruttarle per fare agricoltura allo stato dell’arte impiegando le tecnologie più efficienti e più sostenibili sul piano ambientale e socio-economico.

Il ruolo marginale dell’Italia

In tale contesto geopolitico l’Italia è destinata a giocare un ruolo del tutto marginale in virtù di politiche dissennate fondate sul rifiuto dell'innovazione tecnologica e sulla mancanza di volontà di incentivare il raggiungimento di dimensioni aziendali paragonabili a quelle dei nostri competitors (oggi le dimensioni aziendali medie sono di 11 ettari per l’Italia contro i 69 ettari della Francia, i 59 della Germania e i 157 degli Usa). Tali politiche hanno reso l’Italia strutturalmente sempre più deficitaria in cereali e in altre commodities, come si evince analizzando i dati in figura 3 (Ismea mercati, 2022), da cui si coglie che ad esempio dipendiamo dall’estero per il 62% del grano tenero, per il 35% del grano duro, per il 46% del mais e per il 53% della carne bovina. In tali condizioni il nostro paese è destinato dunque a subire passivamente l’altalena dei prezzi delle materie prime agricole sui mercati mondiali con ricadute negative per la nostra zootecnia e la nostra stessa industria agro-alimentare. Su tali temi l’attuale classe politica è totalmente insensibile come dimostra il fatto che il 2 marzo, quando già la crisi ucraina stava provocando effetti macroscopici sui marcati dei prodotti agricoli, il Senato ha approvato in via definitiva e all’unanimità la legge che incentiva l’agricoltura biologica promuovendone la sensibile espansione a livello nazionale.

Figura 3 – livelli di autosufficienza alimentare per l’Italia. Autoapprovvigionamento = produzione / consumo (si ha autosufficienza se Autoapprovvigionamento >100) – (SMEA mercati, 2022).

Rimedi strutturali ai problemi di sicurezza alimentare dei PVS

Da quanto sopra evidenziato emerge il fatto che è un bene che i grandi produttori di derrate agricole (Stati Uniti, Canada, Cina, India, Unione Europea, ecc.) continuino a produrre e che il commercio continui a rifornire di derrate il mercato internazionale, scongiurando in tal modo una crisi alimentare globale che potrebbe colpire per primi i Paesi in via di sviluppo (PVS).

Ciò varrà almeno fintanto che i PVS non saranno in grado di autoprodurre le derrate di cui necessitano e per ottenere ciò sarebbe più che mai auspicabile che i paesi ad agricoltura evoluta ponessero in atto un’efficace attività di trasferimento tecnologico che innovi profondamente l’agricoltura dei PVS.  Per troppi anni, infatti, i paesi evoluti hanno lesinato nel trasferire know how ai PVS e il Parlamento Europeo ha addirittura giustificato tale scelta con la considerazione - degna de “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley - che in tal modo si sarebbe evitato ai paesi africani lo shock che la “rivoluzione verde” creerebbe alle agricolture tradizionali.

In tale contesto ha giocato un ruolo molto negativo un movimento ambientalistico schierato su posizioni retrive e la stessa enciclica Laudato s’i, in cui troppo spesso ci si culla nell’idea (cara all’ispiratore della parte agricola, Carlo Petrini) secondo cui la soluzione ai problemi di sicurezza alimentare dei PVS debba essere affidata ai piccoli produttori che praticano agricolture di sussistenza. Si tratta di un’idea del tutto errata in quanto la popolazione dei PVS è oggi sempre più concentrata in enormi megalopoli (es: Lagos, Johannesburg) ove il rifornimento di derrate non può che avvenire ad opera di aziende agricole medio-grandi e che operano per il mercato in sinergia con sistemi logistici evoluti.  

Quel che occorrerebbe oggi è dunque una potente attività di incentivazione dell’aggregazione dei piccoli produttori dei PVS in entità aziendali in grado di confrontarsi con il mercato e in grado di adottare genetiche innovative (OGM inclusi) e tecniche colturali che ottimizzino la nutrizione vegetale ed animale, l’irrigazione e la difesa fitosanitaria, in modo tale da porre i PVS in grado di rendersi il più possibile autonomi rispetto al mercato mondiale. È chiaro che i modi e i tempi di tali innovazioni non possano in alcun modo prescindere dalla valutazione delle condizioni locali in termini di clima, suoli, sistema fondiario (proprietà della terra) e livello socio-culturale degli agricoltori. Se infatti si ignorano tali aspetti si rischia di vanificare l’esito di qualsivoglia intervento. 

Il guaio è che nei paesi ad agricoltura evoluta (Europa in primis) abbiamo classi politiche e opinioni pubbliche che in larga misura diffidano dell’innovazione tecnologica in agricoltura e che si cullano nell’idea che basti affidarsi alla tradizione e agli antichi saperi per garantire la sicurezza alimentare globale. La realtà globale si sta incaricando di smentire tali assurdi preconcetti (che nessuno si sognerebbe peraltro di applicare all’edilizia o all’industria automobilistica e ferroviaria) ma risulta difficile che l’Europa prenda atto di ciò.

La cosa migliore sarebbe dunque che i PVS si auto-attivassero nel promuovere l’innovazione in agricoltura, cosa che è tutt’altro che da escludere in quanto, a differenza che nei paesi evoluti, nei PVS la popolazione è giovane e dunque almeno in teoria molto più aperta rispetto all’innovazione. Su questo la Chiesa Cattolica potrebbe oggi giocare un ruolo di grandissima rilevanza data l’attenzione di cui godono a livello globale le prese di posizione dei suoi rappresentanti.

2. Fine

Bibliografia

FAO. 2022. Food Outlook – Biannual Report on Global Food Markets. Rome. https://doi.org/10.4060/cb9427en

Ismea mercati, 2022. Bilanci di approvvigionamento https://www.ismeamercati.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4537

Researchgate, 2022. Wheat production of Russia https://www.researchgate.net/figure/Wheat-Production-Wheat-Imports-and-Exports-of-Russia-between-1987-and-2019-in-million_fig1_341902327

USDA - Foreign Agricultural Service, June 2022. Grain: World Markets and Trade https://apps.fas.usda.gov/psdonline/circulars/grain.pdf