Dopo Charlie, ucciso Isaiah. Aspettando Alfie
Dopo Charlie Gard ieri è toccato al piccolo Isaiah Haastrup essere messo a morte da un ospedale londinese. Ma ha respirato da solo per ben otto ore dopo il distacco del ventilatore. Ormai è chiaro: si uccidono i pazienti che non possono guarire.
Il canovaccio è ormai rodato ed è sempre il medesimo. Nasce un bambino affetto da una grave disabilità, i medici decidono di staccare i supporti vitali, i genitori si oppongono e percorrono tutte le vie legali praticabili e alla fine il piccolo viene ucciso. Né più né meno che una sentenza di morte a danno di un innocente, la cui unica colpa è quella di non essere nato sano. Un aborto post-natale imposto ai genitori per mano di medici e giudici.
La trama di questa tragedia si è svolta ancora una volta a Londra. Come a Charlie Gard, anche al piccolo Isaiah Haastrup, nato nel febbraio del 2017, è stato applicato un protocollo eutanasico che ha previsto la morte per il tramite dell’interruzione della ventilazione assistita. Ma a differenza di Charlie, quando i medici due giorni fa lo hanno staccato dalla macchina che lo aiutava a respirare Isaiah inaspettatamente ha continuato a respirare per quasi otto ore consecutive in modo autonomo, come ha dichiarato il padre sulla sua pagina Facebook, e poi, ormai sfiancato, è morto. Ogni respiro è stato un atto d’accusa verso quei medici e giudici asfittici nei loro giudizi di morte. Isaiah ha avuto un parto drammatico che ha comportato un danno cerebrale rilevante a seguito di una prolungata anossia al cervello. Ma c’è appunto chi è affetto da anossia dell’intelletto, patologia assai più grave.
Come i genitori di Charlie e del piccolo Alfie, anch’esso nel braccio della morte in attesa dell’esecuzione della sentenza capitale, anche papà e mamma di Isaiah hanno percorso a perdifiato tutte le vie legali possibili per salvare il figlio dagli intenti omicidi dei medici del King’s College di Londra: tre corti d’appello, la Corte Suprema ed infine la Corte europea dei diritti dell’uomo. Niente da fare. I giudici inglesi avevano decretato che era “futile” vivere così, confondendo drammaticamente e dolosamente la futilità degli interventi – non certo quelli che tenevano in vita il bambino – con la futilità della vita, mai predicabile.
La Corte di Strasburgo il 6 marzo scorso aveva dichiarato inammissibile il ricorso perché uccidere il bambino non avrebbe configurato una violazione dei diritti e delle libertà fondamentali. Ci domandiamo a questo punto cosa può rappresentare una violazione dei diritti fondamentali. La Corte di Strasburgo è ormai diventata la Corte europea dei diritti dell’uomo sano e funzionale. Gli altri li soffochiamo.
Sul numero di febbraio di Acta Paediatrica si dà notizia che in Olanda si possono interrompere le terapie ai bambini per bassa qualità della vita prospettata. A rigore questo protocollo eutanasico dovrebbe essere applicato a tutti, dato che tutti noi prima di morire, in genere, vedremo degradarsi la qualità della nostra vita.
A Charlie, a Isaiah, ad Alfie è stata o verrà interrotta la ventilazione assistita non perché questo mezzo di sostentamento vitale configuri accanimento terapeutico, ma perché non si vuole mantenere in vita un paziente affetto da gravi disabilità. Ti uccido perché non puoi migliorare. E’ la pura esistenza in vita di malati inguaribili a configurare accanimento, perché vivere da malati è accanirsi a vivere.
Va da sé che oggi è capitato ad Isaiah, contro il suo volere e quello dei genitori, domani tutti noi potremmo essere candidati alla morte imposta per il nostro miglior interesse, noi che saremo sprofondati nel buio del coma, noi malati di Alzheimer, noi affetti da demenza senile, noi pazienti oncologici con inesistenti prospettive di recupero, noi paralizzati a letto ma lucidi a seguito di un incidente stradale, noi senza un arto o persino ciechi, tutti condannati a morte perché incapaci di guarire.