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due chiese?

Dal Sinodo pro gay solo carta, il popolo sceglie la tradizione

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La simbolica coincidenza temporale del documento sinodale pro gay votato contemporaneamente al pellegrinaggio dei fedeli in Vetus ordo non svela due Chiese, ma semmai due frutti nella Chiesa da due alberi diversi. 
- Posti esauriti per il ritorno del rito antico a San Pietrodi Nico Spuntoni

Ecclesia 27_10_2025

Com’era ampiamente prevedibile, l’approvazione scontata del documento di sintesi del “Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia” non è passata inosservata nelle redazioni dei media. «La Chiesa sostiene i gay pride», era il titolo che non più tardi di una settimana fa faceva la Bussola a una prima lettura della bozza e le reazioni dei giornali di ieri, alla lettura del comunicato stampa della Cei che informava della schiacciante vittoria dei favorevoli (781 placet su 809 votanti), sono state più o meno le stesse.

Del resto, l’apertura della Chiesa italiana alle “giornate contro l’omofobia e la transfobia” indicate nel paragrafo “La cura delle relazioni” inserito nella Parte I non è un passaggio che si lascia ignorare facilmente. Anche media non avvezzi a leggere quotidianamente i testi della fumisteria dell’ecclesiolese contemporaneo hanno capito che lì stava la notizia, e poco ha potuto il vescovo di Modena Erio Castellucci nel tentativo di spegnere il clamore bollando come «fuorvianti alcune ricostruzioni» dato che, come abbiamo spiegato, tutto il testo portato ai voti è un’adesione piena e incondizionata alle istanze dell’omosessualismo portate avanti in questi anni sotto la forma dell’omoeresia.

Ma che il testo approvato dai delegati sabato, su cui dovranno poi pronunciarsi i vescovi sia problematico e disegni una Chiesa diversa da quella che a fatica cerca di radicarsi nel Magistero di sempre e nel Logos, lo si capisce anche da molti altri passaggi, come ad esempio la bizzarra idea di Spirito Santo che vi è sottesa, come abbiamo già evidenziato QUI. E viene acuito dalle uscite di vescovi in pesante contraddizione con la morale cattolica come l'ultima del vicepresdiente Cei, monsignor Savino

C’è un’idea di fondo che in ogni caso andrebbe chiarita. Il documento prodotto non esprime affatto il termometro dei cattolici né il sentimento del cosiddetto popolo di Dio, termine che viene condito da afflati sociologici solo quando si cerca di scardinare la dottrina, mentre viene bellamente ignorato quando ad esso viene negato il diritto di essere confermato nella fede dai suoi pastori.

No, il documento, per quanto presentato pomposamente come frutto della riflessione, del cammino, delle istanze della Chiesa italiana non è rappresentativo di nulla, salvo di una piccola e rumorosa ridotta di “addetti” ai lavori che non possono pretendere di parlare a nome dei cattolici per il semplice motivo che i cattolici che frequentano ancora la Messa domenicale non hanno chiesto di essere rappresentati in quel modo.

La partecipazione democratica e i meccanismi assembleari non si addicono ai fedeli, i quali ieri a Messa sono andati per partecipare come fanno da sempre all’Eucarestia domenicale, non per sapere con ansia come è andata la votazione dei loro “delegati” al Sinodo. Anzi, la gran parte di loro non sa nemmeno che da qualche parte a Roma, 900 battezzati si sono dati appuntamento per disegnare la Chiesa del futuro.

Sta in questa disfunzione tutta la pretesa di parlare a nome dei cattolici da parte della Conferenza episcopale, che non vuole accorgersi che i desideri dei fedeli sono ben altri.

E lo si è visto contemporaneamente al voto, proprio in San Pietro dove aveva termine con la Messa del Cardinal Leo Burke, il pellegrinaggio dei fedeli legati al Summorum Pontificum. Anche qui, i giornali non hanno potuto ignorare che, mentre i delegati dei vescovi erano rinchiusi sotto le luci al neon alle prese con le scartoffie solipsistiche dei documenti ecclesiali, figli della stagione dura a morire del “verbo che si è fatto carta”, i fedeli partecipavano a Messe e Vespri in rito antico, che la stagione di Papa Bergoglio ha confinato nel pregiudizio e nell’oscurantismo, ma che sabato si sono svelati in un momento di Chiesa che ha dato i suoi frutti durante la traversata nel deserto di questi anni.

Giovani, famiglie, sacerdoti da tutt’Europa, legati non a istanze o paradigmi sociologici, ma animati solo da un ardore di vivere una fede piena nei sacramenti e nella dottrina di sempre, che si è simbolicamente contrapposto alle elucubrazioni nelle chiuse stanze del clericalismo alle prese con aperture alle ideologie come è quella Lgtbt+ che alcuni vescovi vogliono a tutti i costi imporre ai fedeli.

Certo. Sul vetus ordo, la cosiddetta Messa in latino, vige ancora una sorta di conventio ad excludendum da parte di buona parte della gerarchie, ancora animata dai furori ideologici del passato, ma il fatto di sdoganarla così pacificamente, accettarla, è segno che ai fedeli non servono documenti, ma vanno solo lasciati liberi di esprimere la loro fede, certi che poi lo Spirito soffia dove vuole.

Ma sbaglierebbe chi pensasse che in fondo si tratti di due Chiese che devono armonizzarsi nel confronto delle diversità. Da un lato infatti abbiamo un raggruppamento di uomini cui i pastori hanno consegnato la pretesa di parlare a nome della Chiesa e del suo popolo, dall’altro abbiamo soltanto fedeli che, nella diversità dei carismi, questo sì, vogliono vivere la fede nella fedeltà al magistero. Non è un caso che nulla di questa realtà che si è data appuntamento sabato sotto la cattedra di San Pietro è contenuto nelle verbose pagine del documento dei vescovi. Il documento dei vescovi non sa, non vuole vedere, non vuole nemmeno prendere in considerazione che i fedeli crescono laddove viene dato loro il pane della buona dottrina, della cura liturgica, del sacro e della ricerca di Dio «mentre si fa trovare».

E non è un caso che nessuno dei partecipanti al pellegrinaggio del Summorum Pontificum, si riconosca nell’operazione sinodale volta a scardinare la dottrina della Chiesa sull’omosessualità di fronte alla quale potrebbero tranquillamente opporre il loro «non in mio nome» così come per tutte le altre istanze emerse. Non è per nulla interessata, come la gran parte dei fedeli, non solo quelli che vivono l'esperienza della tradizione, alla conversione delle parrocchie in Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali, all'appoggio incondizionato alle democrazie liberali, alla partecipazione dei laici alla vita della Chiesa che devono avere funzione deliberativa come se si trattasse di una conquista sindacale.

Non sono due Chiese. Semplicemente, sono due frutti nella Chiesa. Frutti di due alberi diversi, la cui qualità si svela evangelicamente alla vista. Solo che uno solo, per quanto ridotto nei numeri e silenziato dai pregiudizi, ha mostrato un seguito di popolo adeguato alla dignità che chiede alla gerarchia. L’altro, invece, solo carta. 



documento finale

Sinodo avvelenato, scelta di campo Cei: appoggiare i gay pride

La CEI pubblica il documento di sintesi del cammino sinodale e prosegue nel suo intento di tentare di coniugare omosessualità, transessualità e fede cattolica. 

il documento ai raggi x

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RIFLESSIONE DEL CARDINAL ZEN

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