I principi della mariologia (II parte) – Il testo del video
Il principio di eminenza ci dice che quei privilegi che Dio ha concesso ai santi li ha concessi anche alla Madre: tre modi possibili. Il principio di analogia, o di somiglianza, con Cristo: privilegi comuni e differenze.
Proseguiamo oggi il percorso iniziato con l’Ora di dottrina di domenica scorsa, quando abbiamo messo un po’ le basi della mariologia, per scrutare il mistero di Maria Santissima. Abbiamo visto che le fonti sono le stesse della teologia, cioè la Sacra Scrittura e la Tradizione, nella loro comprensione e interpretazione anche da parte del magistero della Chiesa. Poi abbiamo visto il principio fondamentale, cioè il fatto che Maria Santissima deve essere accostata, per rendere ragione di chi lei è veramente, nella sua relazione con Dio come Madre di Dio e nella sua relazione con gli uomini come Madre degli uomini. Dunque, questo è un po’ lo zoccolo duro, il fondamento.
Poi abbiamo visto i primi due dei quattro principi che sono il modus operandi dell’indagine teologica sul mistero di Maria SS. E abbiamo descritto il principio di singolarità, che ci dice che a Maria competono dei privilegi singolari, perché lei appartiene a un ordine singolare, cioè l’ordine ipostatico, in quanto lei è Madre di Dio. A un ordine singolare corrispondono dei privilegi singolari, per esempio il concepimento singolare, la verginità singolare, eccetera. Poi abbiamo visto il principio di convenienza, per cui è corretto attribuire a Maria SS. tutte quelle perfezioni che convengono alla sua dignità di Madre di Dio e di Madre degli uomini. Ora, questo principio di convenienza va compreso adeguatamente e quindi non può essere convenientemente attribuito a Maria SS. ciò che è contrario alla Rivelazione e ciò che è contrario al suo essere creatura, donna, Madre di Dio e Madre degli uomini. E dunque nella parte affermativa possiamo dire che con il principio di convenienza possiamo attribuire a lei tutto quello che è fondato su ciò che già conosciamo di lei e che è conforme, compatibile, armonico al modo con cui Dio opera nella storia. Precisazione importante: la verifica che la convenienza è stata “utilizzata” nel modo adeguato non è una tesi arbitraria, ma nasce dal confronto con le fonti della Rivelazione da una parte e con il sensus fidelium dall’altra. Anche il sensus fidelium è un aspetto di verifica fondamentale. Per cui la Chiesa, lungi dal calare dall’alto le verità su Maria Santissima e la devozione mariana, fa piuttosto il contrario, cioè percepisce ciò che è seminato nel sensus fidelium, lo considera, lo scruta, lo sistematizza, a volte lo purifica e lo restituisce in questo modo al sensus fidelium stesso. Quindi, grande attenzione alle fonti della Rivelazione e al sensus fidelium.
Oggi vediamo gli altri due principi, ossia il principio di eminenza e il principio di analogia o somiglianza con Cristo. Il principio di eminenza assomiglia un po’ al principio di singolarità, ma se ne distingue su un aspetto molto importante. Il principio di eminenza ci dice che quei privilegi che Dio ha concesso ai santi li ha concessi anche alla Madre; Dio non può aver concesso ai santi qualche cosa che non ha concesso alla Madre. Su che cosa si struttura questo principio di eminenza? Ce lo mostra san Tommaso, quando nella parte terza della Summa, alla quæstio 27, art. 1, si occupa della santificazione della Beata Vergine Maria. E pone questo principio importante: «È ragionevole credere che al di sopra di tutti gli altri abbia ricevuto maggiori privilegi di grazia colei che ha generato “l'Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità”, così da essere salutata dall'angelo: “Ave, piena di grazia”» (III, q. 27, a. 1). Tommaso ci dice: Maria SS. per Rivelazione è salutata come la «piena di grazia» ed è colei che in assoluto è più prossima, con un legame di maternità, al Figlio di Dio, di cui san Giovanni, al capitolo 1 del suo Vangelo, nel prologo, dice che è «pieno di grazia e di verità» (Gv 1, 14). E dunque è assolutamente ragionevole affermare che data questa pienezza di grazia che nasce dalla prossimità a Colui che è la fonte, la pienezza di ogni grazia, ella è ricolmata in modo eminente di tutte le grazie. Tutte quelle grazie che noi troviamo nei santi le ritroviamo pertanto in modo maggiore in Maria Santissima.
Attenzione, anche qui bisogna capirci: questo ritrovare in modo più eminente le grazie in Maria Santissima, rispetto agli altri santi, può essere inteso in tre modi. Il primo, formalmente, quando la stessa grazia la ritroviamo in lei. L’esempio classico è quello di Eva. Eva, nel racconto della Genesi, come Adamo, è creata nello stato di innocenza, non c’era il peccato originale, quindi era uno stato di grazia. Questo è un dogma della creazione del primo uomo e della prima donna. Dunque in Maria, che è piena di grazia, Madre di Dio, cosa che Eva non era (aveva sì la grazia, ma non espressa in questa pienezza), ritroviamo in modo singolare – vedete che i principi tra loro comunicano – la grazia che era stata concessa a Eva, cioè di essere stata creata da Dio in uno stato di innocenza e di grazia. E da qui possiamo soppesare l’assoluta convenienza e ragionevolezza del dogma dell’Immacolata Concezione.
Altre volte questi privilegi che troviamo nei santi non li ritroviamo formalmente in Maria SS., cioè tali e quali, ma li ritroviamo in modo più eminente. In che senso? Non è semplicemente un modo più perfetto; quando io non posso attribuire, in modo formale, a Maria un privilegio che troviamo nei santi, perché incompatibile con la condizione di Maria, allora dobbiamo spostarci sul binario per cui quel privilegio si trova in lei non formalmente ma in modo più eminente. L’esempio più classico è il sacerdozio. In molti uomini, in molti santi troviamo il sacerdozio; in Maria SS., per via della sua condizione di donna, non lo troviamo, con buona pace di chi vuole il sacerdozio femminile. Questo significa che in Maria c’è una carenza? No. Innanzitutto chiediamoci: il sacerdozio che cosa conferisce? Conferisce un potere sul corpo di Cristo. In Maria troviamo che in realtà questo aspetto c’è, anche se in lei non c’è la consacrazione sacerdotale, perché in Maria c’è effettivamente un potere sul corpo di Cristo, sia nella persona del Signore Gesù, in quanto lei stessa dona la natura umana al Verbo, sia sul Suo corpo mistico, che è la Chiesa. E dunque in Maria non troviamo formalmente la grazia del sacerdozio, ma la troviamo in modo più eminente. Pensiamo a un altro dono caratteristico che troviamo nei santi: il dono delle lacrime, cioè quel dono che porta l’anima che più si avvicina a Dio a piangere sui propri peccati e sui peccati in generale; è una grazia che deve essere chiesta perché è un grandissimo dono. In Maria non troviamo questa grazia così formalmente perché in Maria non c’è un pianto sui propri peccati, in quanto è l’Immacolata Concezione; e tuttavia troviamo questa grazia in modo più eminente perché nessuno più di lei ha provato, ha potuto avere un odio così grande verso il male, verso il peccato, un dolore così grande nei confronti delle offese fatte a Dio.
Terzo modo con cui possiamo ritrovare queste grazie, questi privilegi in Maria Santissima, è in modo equivalente. Per semplificare: ricordate che in sant’Ambrogio troviamo il segno delle api che alla sua nascita si ritrovano e danzano attorno alla sua bocca come segno della sua futura missione di grande annunciatore della parola di Dio. Non è che dobbiamo trovare in Maria SS. necessariamente questo segno o altri simili (ce ne sono tantissimi nelle vite dei santi), ma lo troviamo in modo equivalente. In che senso? Nel senso che quei segni particolari di santità o di preannuncio della santità che noi troviamo in modo molto diversificato nei santi, in Maria SS. li troviamo in modo equivalente. Per esempio, in lei non abbiamo questo particolare delle api e tuttavia noi sappiamo che la sua santità è stata preannunciata da moltissimi segni, profezie che percorrono tutto l’Antico Testamento. Questi segni della sua particolare santità non li ritroviamo come se fossero una somma dei singoli segni disseminati nelle vite dei santi, ma li ritroviamo appunto in un modo equivalente e più pieno, in questo suo essere preannunciata in tutta la storia della salvezza. Questo è il principio di eminenza, cioè il principio per cui quei privilegi che Dio ha concesso ai santi li ritroviamo in Maria SS.
Vi leggo anche un testo importante, che è l’art. 5 della stessa quæstio 27, in cui san Tommaso dà un principio fondamentale: «Quanto più si è vicini a una causa, tanto più se ne risentono gli effetti, come scrive Dionigi [e qui cita la Gerarchia celeste, che è un’opera di Dionigi l’Areopagita, un autore, un Padre della Chiesa a cui san Tommaso si ispira tantissimo], notando che gli angeli, perché più prossimi a Dio, partecipano delle perfezioni divine più degli uomini. Ora, Cristo è il principio della grazia: per la sua divinità ne è la causa principale, e per la sua umanità ne è la causa strumentale (…). Ma la Beata Vergine era vicinissima a Cristo secondo la natura umana, che egli ha preso da lei. Essa quindi dovette ricevere da Cristo una pienezza di grazia superiore a quella di tutti gli altri» (III, q. 27, a. 5). Di nuovo vedete questo principio importante: la vicinanza alla causa, Cristo, è il principio della grazia; e nessuno più di Maria Santissima è vicino a Cristo. Dunque, il principio di eminenza si fonda su questo principio fondamentale.
Vediamo adesso il quarto e ultimo principio: il principio di analogia, detto anche di somiglianza, con Cristo. Questo principio ci dice che ai privilegi dell’umanità di Cristo, in quanto Verbo incarnato, corrispondono privilegi della Beata Vergine Maria rispettando però il modo e la misura propri di ciascuno. Questo principio non mi dice: “Come Cristo, così Maria”. Ma mi dice: “Come Cristo, così Maria, nel modo e nella misura propria a Maria Santissima, secondo la sua condizione”, che non è chiaramente la stessa condizione di Cristo, in quanto in Lui abbiamo l’unione ipostatica; in Maria SS. non c’è l’unione ipostatica. Maria è la Madre del Verbo incarnato, non è il Verbo incarnato.
Il principio di analogia si fonda sul principio di partecipazione: non esiste perfezione naturale o soprannaturale che non sia causata da Dio e partecipata da Dio alla sua creatura, nel modo e nella misura che compete a quella creatura. Cioè, la creazione, l’ordine della natura e l’ordine della grazia – come ho cercato di spiegare in un articolo recente sulla Nuova Bussola Quotidiana – sono una cascata di perfezioni partecipate dalla fonte fondamentale che è Dio. Non c’è una causazione “esterna”: questa comunicazione di perfezioni è una partecipazione che vincola la creatura alla causa che partecipa; non è un pacco che viene consegnato e che, una volta consegnato, non ha più relazione con colui che l’ha dato. Non è questo, è invece una perfezione, una forza, una capacità che mi lega al donatore e per questo ogni partecipazione è subordinata, vincolata: questa è la sua forza, non è il suo limite. Non è il limite della sua libertà, ma il fondamento della sua libertà e della sua capacità di vivere secondo quelle perfezioni.
Qual è il fondamento di questo principio? È più in generale una considerazione metafisica, cioè che la creazione è questo: se non ci fosse la partecipazione, la creazione non esisterebbe. E l’ordine soprannaturale è analogo a quello della creazione: non esisterebbe nessuna grazia se non fosse partecipata e causata da Dio. Nelle Scritture troviamo questo fondamento; per esempio, nel classico parallelo Eva-Maria, che troviamo fortemente presente nei Padri della Chiesa. Se ricordate, nel libro della Genesi, Eva viene presentata come «un aiuto simile», cioè Dio fa un aiuto simile ad Adamo. Ora, questo essere “simili a” è la caratteristica di Eva rispetto ad Adamo: non è uguale, è simile, ma non è totalmente diversa, sennò non sarebbe simile. Ora, nel parallelo Adamo-Cristo, Eva-Maria, Maria è concepita come l’aiuto che gli è simile, ma non perché Cristo avesse bisogno di aiuto, ma perché ha voluto averne bisogno: la prova evidente è proprio la divina maternità, che è l’altro grande fondamento di questo principio.
La divina maternità, infatti, mi dice che c’è ordine ipostatico, l’ordine dell’unione tra Dio e l’uomo; in Cristo questa unione avviene nella persona del Verbo, cioè la natura umana è congiunta al Verbo. In Maria Santissima non c’è una persona divina e, tuttavia, è nello stesso ordine ipostatico, perché appunto è la Madre di Dio. Questo significa che non c’è identità tra Cristo e Maria. Parlare di partecipazione, parlare del principio di analogia ci mette al sicuro da tutte quelle obiezioni che periodicamente tornano sempre fuori. Tante volte non si capisce se siano obiezioni reali o se c’è una volontà di rallentare ogni volta il processo di maturazione della comprensione del mistero di Maria. Ad ogni modo, il principio di partecipazione e di analogia ci mettono al sicuro fin all’inizio dal rischio di un’identità o di un parallelismo. Non esiste questa identità, perché Cristo è l’unione ipostatica; Maria non è l’unione ipostatica, è nell’ordine ipostatico, è diverso.
La partecipazione ci dice anche un’altra cosa, cioè che tutto quello che Cristo ha in proprio, in quanto Dio, Maria non ce l’ha in proprio: Maria non è Madre di Dio da sé, non ha tutte le sue grazie, i suoi privilegi singolari da sé: li ha sempre da Cristo e li ha sempre in Cristo, in Dio, nella Santissima Trinità e nella mediazione principale fondamentale che è quella di Cristo Mediatore di tutte le grazie e Mediatore tra Dio e gli uomini. Maria non è un principio a parte che non entra in questa struttura fondamentale; ella è sempre subordinata in questo senso a Cristo, perché la partecipazione ci dice perfezione reale, ma anche subordinazione, vincolo. Dunque, non c’è identità, non c’è pericolo sotto questo aspetto, perché tutto quel che compete all’unione ipostatica in quanto tale non è comunicabile: Dio comunica infinite grazie, ma non può comunicare il fatto di essere Dio. Cristo comunica infinite grazie, ma non può comunicare il fatto di essere l’uomo-Dio, questo non è comunicabile. Come analogia, con le debite differenze, è un po’ come nella Santissima Trinità: il Padre comunica tutto al Figlio tranne il fatto di essere Padre; il Padre e il Figlio comunicano tutto allo Spirito Santo tranne il loro essere Padre e Figlio. E qui abbiamo qualcosa di analogo: Cristo comunica tutto tranne il suo essere Figlio di Dio fatto carne.
E dunque a Maria viene comunicata da Cristo la pienezza della grazia – che andremo a sviscerare in queste Ore di dottrina – tranne il suo essere Figlio di Dio, il suo essere uomo-Dio. Da qui segue un corollario fondamentale del principio di analogia con Cristo, cioè che l’analogia Cristo-Maria sarà tanto più debole, fino ad essere nulla, quanto più ci avviciniamo all’unione ipostatica, cioè alle proprietà specifiche dell’unione ipostatica; per esempio, a Cristo dobbiamo l’adorazione, precisamente perché uomo-Dio, mentre a Maria Santissima non è dovuta l’adorazione perché non c’è l’unione ipostatica. E tuttavia, essendo nell’ordine ipostatico, verso di lei non c’è la “semplice” venerazione che possiamo avere nei confronti di qualsiasi uomo in grazia, cioè verso i santi; verso di lei abbiamo invece un culto di iperdulia, che appunto colloca Maria in un ordine a parte rispetto a quello dei santi. Ma non è Dio.
Invece, quanto più ci “allontaniamo” da ciò che è specifico dell’unione ipostatica, tanto più l’analogia con Cristo risulterà stretta. E questo sarà molto importante quando vedremo tutta la questione della cooperazione di Maria alla redenzione. Abbiamo così gli strumenti, i principi fondamentali che ci devono guidare nell’affrontare nelle prossime domeniche questo mistero meraviglioso di Maria Santissima. Dalla prossima volta cominceremo ad entrare in questi privilegi singolari della Santissima Vergine, in questa specificità dei misteri di Maria, occupandoci di una questione poco conosciuta, almeno a livello generale, ma molto importante, ossia la predestinazione di Maria Santissima.

