Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Francesco Antonio Fasani a cura di Ermes Dovico
scontro con l'ordine

Corsi di rieducazione per le ostetriche "ribelli" al gay pride

Ascolta la versione audio dell'articolo

Quando l'ideologia si scontra con la realtà. Le ostetriche delle provincie lombarde avevano contestato l'adesione della categoria al gay pride di Milano. L'Ordine ha risposto invitandole a frequentare i corsi di aggiornamento professionale su transgender e intersex. 
- Anche la statistica svela l'ideologia del gender di Marco Lepore

Vita e bioetica 12_07_2024

In occasione del Pride di Milano svoltosi lo scorso 29 giugno, l’Ordine interprovinciale delle ostetriche di Bergamo, Cremona, Lodi, Monza e Milano rese noto che aveva appoggiato l’iniziativa. Come già riportato dal nostro Gender Watch News, alcune ostetriche espressero il loro dissenso con questa lettera aperta indirizzata all’Ordine: «In merito all'adesione dell'Ordine delle ostetriche di BgCrLoMbMi alla manifestazione  “Milano Pride" del 29 giugno 2024 da voi deliberata e pubblicata sul sito professionale, ne chiediamo la rimozione dal sito ed esprimiamo il nostro totale dissenso per le seguenti ragioni:
- l'Ordine deve garantire alle\agli aderenti una condotta apolitica e apartitica
- il nome dell'Ordine non deve essere accostato ad alcuna iniziativa organizzata da movimenti, partiti, lobbies associate a qualsivoglia ideologia, a tutela della sua autonomia e indipendenza
- l'Ordine non ha un ruolo sociale e rappresentativo dal punto di vista etico, culturale, morale, se non strettamente su temi professionali e deontologici della figura dell'ostetrica. Tale posizione pubblica non corrisponde al pensiero unanime di tutte le\gli aderenti
- l'adesione risulta inappropriata in merito alla missione dell'ostetrica riguardante la promozione della salute, della cura, dell'assistenza e dei diritti di tutti gli esseri umani.
Sosteniamo l'inclusività dell'assistenza delle ostetriche\ci senza discriminazione alcuna nè di razza, sesso, religione, classe sociale, ceto e di qualunque altra natura, privilegiando la cura alle persone più deboli e indifese. Ci rammarichiamo per l'accaduto e confidiamo che l'Ordine possa considerare con attenzione la nostra posizione garantendo in futuro la sua rappresentatività per tutte\i le\i sue\suoi aderenti».

Il contenuto è limpido e lo vogliamo così sintetizzare. Primo punto: la mancanza di competenza. Cosa potrebbe mai legare un pride all’ostetricia? È come se l’Associazione Italiana Sommelier aderisse ad un convegno di ufologi. Secondo motivo più importante: non si aderisce ad iniziative ideologiche, come quelle dei Pride. Se non vogliamo qualificarle come iniziative ideologiche, di certo sono iniziative di parte e l’Ordine deve rimanere super partes. Invitare i propri membri ad aderirvi è come suggerire loro di votare Pd. Terzo motivo presente implicitamente nella lettera: omosessualità e transessualità non fanno il bene psico-fisico della persona. Ultimo motivo: l’adesione dell’Ordine non è rappresentativo di tutte le sensibilità dei suoi membri.

Inviata la lettera ecco la risposta di Nadia Rovelli, presidente dell’Ordine: «Molte persone LGBTIQA+ temono stigmatizzazioni e pregiudizi […] è verosimile ipotizzare comportamenti omofobici e di discriminazione da parte dei professionisti sanitari. […] Si coglie l’occasione per invitare le ostetriche che hanno sottoscritto l’istanza a cui si dà riscontro all’aggiornamento professionale attraverso la frequentazione di corsi per professionisti socio-sanitari come quelli svolti dall’Istituto superiore di sanità nel 2023 La popolazione transgender, dalla salute al diritto e Le persone intersex: dalla salute al diritto, avente l’obiettivo formativo di “contribuire a combattere l’esclusione sociale e la discriminazione nei confronti delle persone transgender attraverso la formazione dei professionisti che operano in ambito socio-sanitario […] al fine di raggiungere un miglioramento della qualità di vita della popolazione transgender».

Dunque parrebbe – ed è diventato ormai uno stereotipo – che le persone LGBT soffrano perché discriminate. Ciò è falso dal punto di vista scientifico. Infatti è di palmare evidenza e lo ammettono anche le realtà arcobaleno che negli ultimi decenni omosessualità e transessualità siano state maggiormente accettate dalle persone. Eppure i tassi di disagio psichico sono rimasti invariati. Sul tema rimandiamo ancora al blog GWN per un approfondimento. Qui ci limitiamo a riportare la conclusione di uno studio del 2014 dal titolo Sessualità omosessuale e disturbi psichiatrici nel secondo studio olandese sulla salute mentale e  relativa incidenza: «Le persone omosessuali attive e le persone con attrazione per lo stesso sesso hanno segnalato una maggiore prevalenza di disturbi rispetto alle persone eterosessuali. Confrontando questi risultati con uno studio precedente [che analizzava alcuni dati del 1996], è emerso che non si sono verificati cambiamenti significativi nel tempo nel modello delle disparità di salute».

Eppure i Paesi Bassi sono tra le nazioni più inclusive al mondo. E citiamo un altro studio scientifico realizzato da ricercatori pro-gay che così s’intitola: Stress, sofferenza e tentativi di suicidio delle minoranze in tre coorti di adulti appartenenti a minoranze sessuali: un campione di probabilità negli Stati UnitiCome abbiamo avuto modo di scrivere, «I ricercatori erano partiti dalla teoria dello stress delle minoranze, ossia l’assunto che se sei minoranza [omosessuale e ancor più transessuale] il tuo disagio psicologico è maggiore rispetto al gruppo sociale di maggioranza. Se la teoria fosse corretta, man mano che le condizioni della minoranza diventano sempre più somiglianti alle condizioni della maggioranza, anche la salute mentale dovrebbe migliorare. Gli studiosi invece si sono arresi all’evidenza che così non è: “I nostri risultati sono chiaramente incoerenti con l'ipotesi dello stress delle minoranze”». C’è poi da domandarsi perché i gruppi sociali realmente vessati – ad esempio un cristiano su 7 al mondo è perseguitato, non semplicemente discriminato – non soffrano di quei disturbi accusati dalla comunità LGBT. Appare quindi evidente che le persone omosessuali e transessuali soffrano per una ferita interiore che li ha portati poi a vivere questa loro condizione, non soffrono primariamente per il giudizio altrui.

Torniamo alla dott.ssa Rovelli la quale ricorda alle contestatrici l’art.2.2 del Codice Deontologico dell’Ostetrica/o: «Il comportamento dell’Ostetrica/o si fonda sul rispetto dei diritti umani universali, dei principi di etica clinica e dei principi deontologici della professione». Inoltre dichiara che occorre «sostenere il diritto alla salute sessuale e riproduttiva» e che l’Ordine professionale «deve orientare la condotta delle proprie iscritte proprio verso la tutela dei diritti umani fondamentali connessi all'esercizio della professione». Risposta: omosessualità e transessualità sono diritti fondamentali? No, proprio perché queste condizioni sono contrarie alla dignità della persona. Inoltre è fortissimamente paradossale che si invochi il diritto alla salute sessuale e riproduttiva. Infatti il “diritto” alla riproduzione è negato da madre natura alle coppie omosessuali. In secondo luogo appare surreale trovare una pertinenza tra transessualità e ostetricia, dato che gli uomini transessuali al momento non possono partorire e che le donne trans in genere, proprio perché si sentono maschi, vogliono evitarlo.

Infine la Presidente dell’Ordine, con eleganza, giudica «irrisorio il numero delle iscritte che hanno manifestato contrarietà alla partecipazione dell’Ordine alla parata MILANO Pride». Dunque le iscritte a quell’ordine interprovinciale sono circa 700. Invece coloro che hanno sottoscritto la lettera aperta sono 64. A marciare al Pride erano circa 4 o 5 persone. Tra l’altro il suddetto ordine professionale era l’unico ordine interprovinciale ad appoggiare un pride. Insomma, tirate le somme, pare proprio che ad essere minoranza sia stata la dirigenza dell’ordine di Milano.

Concludendo, possiamo dirci certi che la dott.ssa Rovelli qualificherà queste nostre argomentazioni usando lo stesso metro di giudizio riservato alle ostetriche dissenzienti: «motivazioni ed accuse infondate dovuta [sic] ad una interpretazione distorta da pregiudizi personali».