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la protesta

Contadini kulaki: Repubblica ha trovato il nuovo nemico di classe

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Un editoriale di Repubblica svela la posta in gioco nella protesta dei trattori: i contadini sono dei privilegiati come i kulaki della Russia zarista. E per questo vanno puniti perché la transizione ecologica è il nuovo verbo nel nome di un'ideologia non più rossa, ma green. 

Attualità 05_02_2024

Un editoriale di Massimo Giannini su Repubblica svela che cosa pensano i poteri forti sulla protesta dei trattori in Europa. «Kulaki». Così, con un moto di disprezzo e lotta di classe fuori tempo massimo, l’ex direttore della Stampa ha bollato i contadini che in queste ore anche in Italia proseguono la loro protesta contro le folli imposizioni europee nel nome del Green deal e della transizione ecologica.

Una parola che contiene tutto il suo carico ideologico verso gli operatori del settore primario che Repubblica in questo articolo si incarica di inserire nella categoria dei nuovi nemici di classe secondo un modo di ragionare marxista. Scrive: «Kulaki moderni», così li definisce per inquadrare ideologicamente la loro protesta. I kulaki erano i proprietari terrieri della Russia zarista, liberi e indipendenti, destinati ad essere espropriati delle loro terre con l’avvento della stalinizzazione sovietica, nel nome del comunismo e della collettivizzazione dei kolchoz. Se le parole definiscono le idee, non c’è nulla di più chiaro nell’idea che Repubblica ha della protesta agricola.

Secondo Giannini gli agricoltori che si stanno ribellando alle politiche sono in sostanza dei privilegiati e per questo da abbattere col sistema più vecchio del mondo: la riduzione in povertà e la perdita della libertà imprenditoriale. Privilegiati perché ricevono sussidi dagli stati e dall’Ue, ma non vogliono adeguarsi all’imposizione di nuove tasse (l’irpef sui terreni), rincari (l’aumento del prezzo del diesel agricolo) e restrizioni per il bene della transizione ecologica (la rinuncia al 4% dei terreni destinati alla semina così come prescritto dalla Pac). Scritto proprio da Repubblica, il giornale nato per parlare alla sinistra degli operai e delle masse, ma che negli anni è diventato il giornale di casa Agnelli i cui principali azionisti stanno minacciando il Governo di chiudere gli stabilimenti produttivi se non dovesse ricevere ulteriori incentivi alla produzione.

«La transizione ecologica non è un pranzo di gala», aggiunge Giannini (in foto), mostrando di aver ben recepito Mao Tse Tung (togliete “transizione” e mettete “rivoluzione” ed avrete sciolto il rebus), perché evidentemente per realizzare il green deal applicato all’agricoltura, qualcosa va lasciato per strada e quel qualcosa è la libertà e il benessere dei coltivatori diretti, dipinti come dei cattivi padroni che hanno «usato in questi anni Bruxelles come bancomat e che ad arare i campi mandano la bassa manovalanza africana sfruttata e sottopagata».

Niente di più ideologico nei confronti di aziende, quelle italiane, che sono per il 90% famigliari, che lavorano la terra con precisi contratti su cui lo Stato ha sempre vigilato. Semmai, ad usare la bassa manovalanza sono i grandi speculatori agricoli, quelle multinazionali che si comportano come i latifondisti americani di fine ‘700 e adesso si stanno buttando nel nuovo business delle farine di insetti per dare il colpo di grazia al comparto primario.

Di più. Mentre gli ecovandali – dice - vengono stangati dal governo per le loro azioni, questo non accade per gli “agrovandali” che vengono assolti dalle autorità. Anche qui, Giannini, dimostra una cecità ideologica fuori dal tempo. Se i primi lottano per un ideale pernicioso, quello dell’ecologismo “terrorista”, costringendo gli altri a pensare come loro, i secondi, che sanno quanto sia bassa la terra da lavorare, lottano per la sopravvivenza, per non dover chiudere le loro aziende, licenziare i dipendenti e distruggere un tessuto economico che una volta era il vanto dell’Europa e ora soltanto un nemico di classe che si oppone alla rivoluzione green. Una volta l’obiettivo era il comunismo, oggi è la transizione verde. Cambiano gli obiettivi, ma non il metodo.

Insomma, la visione è quella da lotta di classe: di qua la transizione green, gli ecovandali, le multinazionali, l’Europa matrigna per il bene nostro, le elite; di là i contadini “kulaki”, il governo di destra, le pretese di una categoria che deve ridurre le sue ambizioni di sopravvivenza nel nome di un’ideologia non più rossa, ma verde. Una schematizzazione da terza media della complessità del problema agricolo e della libertà, da far impallidire per l’incoercibile e residua ideologia marxista che la anima. Che però, evidentemente fa ancora comodo a qualche elite.



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