Consulta, la sinistra capricciosa sceglie ancora l'Aventino
Ascolta la versione audio dell'articolo
Le opposizioni si ricompattano a comando per boicottare il governo e salta l'elezione di Francesco Saverio Marini a giudice della Corte Costituzionale. Come quei bambini che, quando rischiano di perdere, interrompono il gioco...
Negli ultimi tempi la sinistra italiana somiglia a quel bambino capriccioso che prende un goal e se ne va col pallone per interrompere la partita e fare in modo di non perderla. Dapprima nelle votazioni per il rinnovo dei vertici Rai, poi in quelle per l’elezione dei giudici della Corte Costituzionale, il Partito guidato da Elly Schlein smentisce il suo nome, dimostrando di essere davvero poco democratico, nel senso di non saper perdere e di non saper accettare le regole del corretto funzionamento delle istituzioni.
La cosa più sorprendente è che i partiti di sinistra, che sono divisi su tanti temi e che hanno votato in ordine sparso anche sulla Rai, si sono ricompattati proprio ieri nella votazione per il giudice mancante della Corte Costituzionale, alla quale non hanno partecipato. Pd, M5s, Avs, Iv e Azione hanno dunque scelto l’Aventino, impedendo ad un organo costituzionale così importante come la Consulta di funzionare nella sua pienezza.
Il centrodestra, che ieri a Montecitorio, nel corso della votazione con le Camere riunite in seduta comune, aveva bisogno di una maggioranza qualificata (tre quinti dei componenti, quindi 363 voti) per eleggere Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di Palazzo Chigi, padre della riforma del premierato, ha preferito non rischiare lo scivolone e ha votato scheda bianca.
Le opposizioni ritengono che Marini sia in conflitto di interessi, proprio perché ha ideato e redatto il testo della riforma del premierato, sulla quale prima o poi qualche partito di sinistra potrebbe presentare una proposta di referendum e raccogliere le firme necessarie, chiamando dunque in causa la Consulta che dovrebbe valutarne l’ammissibilità. È vero, però, che anche nel settembre 2022 venne nominato giudice della Corte Costituzionale Marco d’Alberti, consigliere giuridico del Presidente del Consiglio, Mario Draghi dal primo marzo 2021. In quel caso, però, non c’erano all’orizzonte giudizi di ammissibilità di quesiti referendari su questioni così importanti come il premierato e l’autonomia (su quest’ultima la richiesta di referendum è già stata presentata e, se verrà accolta, i cittadini dovranno pronunciarsi in primavera).
La Rai è o dovrebbe essere la tv pubblica, di tutti i cittadini. E invece è troppo sindacalizzata, soprattutto ma non solo dalla sinistra, e quindi non è quasi mai rispettosa del principio pluralista. La Consulta è un organo di garanzia del nostro ordinamento e dovrebbe rispecchiare fedelmente il pluralismo socio-politico, senza diventare un centro di potere politico egemonizzato dagli uni o dagli altri. Per decenni, in realtà, è stata la sinistra, anche grazie all’orientamento politico dei Presidenti della Repubblica, a far prevalere i suoi punti di vista nelle decisioni importanti affidate alla Corte Costituzionale. Quest’organo costituzionale si compone di 15 giudici: cinque sono di nomina del Parlamento, cinque li sceglie il Presidente della Repubblica e cinque sono nominati dalla magistratura. Durano in carica nove anni e dunque sopravvivono alle maggioranze parlamentari, incidendo in maniera rilevante sugli equilibri istituzionali.
Ma un certo sbilanciamento delle decisioni della Consulta in favore di tesi vicine alle forze di sinistra si è più volte manifestato nel corso degli anni e dunque l’attuale governo, pur goffo nella gestione di questa partita per la copertura dell’attuale posto vacante in seno alla Corte, avrebbe tutto il diritto di eleggere con una maggioranza qualificata un candidato vicino alle posizioni del centrodestra.
In moltissime circostanze si è avuta la netta sensazione che decisioni assunte dalla Consulta fossero ispirate a interessi ben precisi della sinistra parlamentare. La Meloni sta cercando semplicemente di riequilibrare almeno in parte la situazione. Peraltro entro dicembre scadranno altri tre giudici e Lega e Forza Italia si stanno già preparando a far nominare soggetti di area. Non c’è di che indignarsi, considerato l’andazzo degli ultimi trent’anni.
C’è invece da prendere le distanze dal pronunciato aventinismo delle sinistre, che dimostrano rancore e immaturità se non accettano la normale dialettica democratica tra maggioranza e opposizioni e rinunciano a combattere battaglie solo perché hanno la certezza di perderle numericamente. Bene ha fatto il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio a criticare questo atteggiamento. «In linea generale», ha detto il Guardasigilli, «l'opposizione deve fare l'opposizione in Parlamento spiegando perché non condivide certe scelte. L'aventinismo non è mai una buona scelta».
Soprattutto non è una scelta che concorre a rafforzare la democrazia, perché trasmette l’idea pericolosa del disimpegno utilitaristico tutte le volte in cui l’esito di una votazione è scontato a proprio sfavore. In questo caso peraltro non lo era, perché il centrodestra probabilmente non avrebbe trovato i voti mancanti per raggiungere la maggioranza qualificata. Nel complesso, quindi, ne escono tutti male: le opposizioni che masticano amaro e boicottano le istituzioni; la maggioranza, che, nonostante gli appelli alla compattezza lanciati nei giorni scorsi dal premier, non è riuscita a far eleggere Marini e ha preferito non rischiare, votando scheda bianca.
Pd contro "TeleMeloni": la Rai si spartisce solo a sinistra
In viale Mazzini protestano i piddini, ma il sit-in della Schlein è un flop e la protesta è un boomerang: accusano il governo di lottizzare la tv pubblica, proprio come hanno sempre fatto (e fanno) loro stessi.
Rai: la "riforma" della sinistra si chiama lottizzazione
Come da copione il Pd accusa il centrodestra di allungare le mani sulla tv di Stato e rispolvera l'idea di Gentiloni: affidarla a una fondazione, che non sarebbe poi tanto neutrale...