Con il primo motu proprio papa Leone ridimensiona lo Ior
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In ambito finanziario Prevost sceglie la discontinuità, abolendo il rescritto del 2022 che attribuiva una "esclusiva" all'Istituto, rafforzato quanto mai prima nel pontificato di Francesco. E ieri è andata in scena una nuova udienza del processo d'appello sul caso Sloane Avenue.

Per il primo motu proprio del suo pontificato Leone XIV sceglie di dare un segnale di discontinuità con il suo predecessore. Lo fa promulgando Coniuncta Cura sulle attività di investimento finanziario della Santa Sede. Il provvedimento sancisce un significativo ridimensionamento del famigerato Ior, il tanto vituperato Istituto per le Opere di Religione che da qualche anno aveva iniziato a godere sorprendentemente di buona stampa.
La banca vaticana, infatti, era diventata l'organismo di riferimento per Francesco nel complesso universo delle "sacre" finanze. Un'inversione di rotta rispetto agli esordi del 2013, quando Bergoglio aveva lasciato filtrare che avrebbe addirittura chiuso l'istituto ormai troppo spesso associato a scandali e misteri. Indiscrezioni che avevano contribuito a rafforzare in quella fase di inizio pontificato la sua immagine di "Papa dei poveri". Ma tali erano rimaste perché nel corso dei dodici anni bergogliani non solo lo Ior non è stato chiuso ma si è persino rafforzato come mai accaduto prima.
La svolta c'è stata nel 2015 quando Bergoglio, recandosi in prima persona nella sede del torrione Niccolò V, comunicò la nomina a direttore generale della banca di Gianfranco Mammì. Quest'ultimo si era fatto conoscere ed apprezzare dall'allora arcivescovo di Buenos Aires nel corso della sua ultraventennale esperienza con i clienti latinoamericani dello Ior, prima come client relationship manager e poi viceresponsabile dell'ufficio successioni. Tra i due si creò un rapporto di ferro negli anni argentini poi destinato a cementificarsi a Roma. L'amicizia con Bergoglio ha messo a riparo il direttore generale dai numerosi stravolgimenti sul fronte della governance finanziaria che si sono visti in dodici anni di pontificato.
Nei piani originari della riforma finanziaria pensata da Francesco sarebbe dovuto toccare all'Apsa la funzione di amministrare il patrimonio immobiliare e mobiliare degli Enti che hanno affidato alla Santa Sede i propri beni. Nella Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium del marzo 2022 questo principio veniva sancito nell'articolo 219. Ma solamente cinque mesi più tardi Francesco emanava un rescriptum che interpretava in senso restrittivo il comma 3 di quell'articolo, stabilendo che «l’attività di gestore patrimoniale e di depositario del patrimonio mobiliare della Santa Sede e delle Istituzioni collegate con la Santa Sede compete in via esclusiva all’Istituto per le Opere di Religione». Ai titolari di attività finanziarie e liquidità al di fuori dello Ior veniva intimato di trasferire tutto nella "banca di Dio" entro 30 giorni dal 1 settembre 2022. Un provvedimento indigesto a molti in Vaticano e che di fatto rendeva l'Apsa subordinata allo Ior per gli investimenti, confermando la supremazia di quest'ultimo nelle gerarchie di Bergoglio.
Ieri Leone ha archiviato definitivamente questa stagione abrogando il rescriptum del 2022 del suo predecessore. Il suo motu proprio Coniuncta cura precisa che nel determinare le attività di investimento finanziario della Santa Sede, l'Apsa «generalmente fa effettivo uso della struttura organizzativa interna dell’Istituto per le Opere di Religione, a meno che gli organi competenti, come stabilito dagli statuti del Comitato per gli Investimenti, non ritengano più efficiente o conveniente il ricorso a intermediari finanziari stabiliti in altri Stati». Quindi l'organismo presieduto da monsignor Giordano Piccinotti non sarà più obbligato a rivolgersi alla banca diretta da Mammì, ma a condizioni di spese e rendimento più convenienti potrà andare a bussare altrove per gli investimenti della Santa Sede.
Secondo quanto appreso dalla Nuova Bussola, il Papa americano stava lavorando a questo documento da almeno tre mesi. Promulgandolo, Prevost ha messo fine all'esclusiva che Bergoglio aveva voluto riservare allo Ior nonostante fosse in contraddizione con un detto popolare che amava ripetere in privato quando si parlava di economia: non si mettono tutte le uova nello stesso paniere. Un altro dato rilevante del motu proprio di ieri è l'assenza di riferimenti alla Segreteria per l'Economia che esercita il controllo e la vigilanza in materia economica e finanziaria.
Se la "retrocessione" di padre Enzo Fortunato con l'inglobamento del suo Pontificio Comitato per la Giornata Mondiale dei Bambini all'interno del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita aveva fatto rumore per la mediaticità del protagonista, il provvedimento arrivato ieri è un segno di discontinuità ancora più importante rispetto al pontificato di Francesco e porta l'impronta personale di Leone.
E a proposito di Ior, ieri in Vaticano è andata in scena una nuova udienza del processo d'appello alle condanne inflitte in primo grado nel procedimento sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. L'indagine era partita proprio a seguito di una denuncia presentata all'ufficio del promotore di giustizia dal dg Gianfranco Mammì a seguito di una richiesta di prestito negata dallo Ior per il palazzo di Londra. Nella penultima udienza la corte aveva ritenuto inammissibile l'appello ad alcune assoluzioni in primo grado presentato dal promotore Alessandro Diddi.
L'ufficio del promotore di giustizia, però, sembra contestare la competenza della corte presieduta da monsignor Alejandro Arellano Cedillo, ritenendo che ad esprimersi dovrebbe essere il tribunale di primo grado. In realtà, c'è da dire che proprio l'ufficio del promotore di giustizia ha a sua volta chiesto di riconoscere come inammissibile un appello presentato da una delle imputate (Cecilia Marogna) e lo ha fatto di fronte alla corte d'appello e non al tribunale di primo grado. Ieri, comunque, monsignor Alejandro Arellano Cedillo ha rigettato un'istanza di sospensione presentata dal promotore ed ha rinviato il dibattimento al 3 febbraio.
P.s. Si segnala che per i giornalisti accreditati sono cambiate le procedure per seguire in presenza le udienze del processo. La gestione dei 14 redattori selezionati per partecipare all'evento pool non è più un'esclusiva dell'associazione privata Aigav ma spetta anche alla Sala Stampa della Santa Sede. Per candidarsi, inoltre, non bisogna più scrivere all'indirizzo personale della presidente dell'associazione privata ma registrarsi attraverso il sistema ufficiale online. Una modifica sacrosanta e che La Nuova Bussola aveva invocato più volte. Va dato atto al direttore Matteo Bruni di averci ascoltato.