Comunisti verdi per un lockdown permanente
L'epidemia del coronavirus vista come una "opportunità" per ridisegnare la società. Come? In base alle ideologie dell'ecologismo e del neo-comunismo. Questi sono gli appelli lanciati da Le Monde (200 firmatari Vip) contro il ritorno alla normalità dopo il lockdown e da The Independent per il salario universale.
I NUOVI COMITATI DI SALUTE PUBBLICA di G. Amato
Il lockdown sta finendo anche in altri Paesi, oltre all’Italia. Ieri ne è uscita la Francia, che ha riaperto le scuole e gran parte delle attività rimaste congelate. Ma c’è chi dice no. Non solo per un comprensibile motivo di prudenza (per timore che la ripresa di una vita sociale possa far ripartire il contagio), ma soprattutto perché, ideologicamente, il lockdown viene vissuto come un modello di vita ideale. È questo l’intento di un “manifesto contro il ritorno alla normalità”, lanciato dall’attrice Juliette Binoche e dall’astrofisico Aurelién Barrau, pubblicato da Le Monde e firmato da 200 Vip, fra cui artisti internazionali (come la cantante Madonna, l’attore Robert De Niro, il regista Paolo Sorrentino, la modella e attrice Monica Bellucci), ma anche tanti scienziati.
Perché mai non dovremmo tornare alla nostra vita sociale normale, come quella che vivevamo prima del febbraio 2020? “Per il bene della Terra”, dicono i Vip firmatari. Perché adesso, come scriveva Gunter Pauli (consulente del governo Conte) in assenza di attività umane, il pianeta riprende fiato. E come ribadiva il padre gesuita Benedict Mayaki il coronavirus è “l’involontario alleato della Terra”. La logica del manifesto di Le Monde non è diversa: “Ci sembra inimmaginabile tornare alla normalità”, la pandemia è una “tragedia”, ma “la crisi ha il vantaggio di invitarci a far fronte alle domande essenziali”. I firmatari ritengono che “Il problema è sistemico”, cioè: “La catastrofe ecologica in corso fa parte di una metacrisi (…) il consumismo ci ha portati a negare la vita stessa: quella dei vegetali, degli animali e quella di un gran numero di umani (…) L'inquinamento, il riscaldamento (globale, ndr) e la distruzione degli spazi naturali portano il mondo a un punto di rottura”. L’appello chiede ai governi di: “uscire dalla logica insostenibile che ancora prevale, per lavorare a una profonda rifondazione degli obiettivi, dei valori e delle economie”.
Probabilmente il lettore si chiederà cosa c’entri il Covid-19, che è l’ultima di una lunghissima serie di pandemie che hanno caratterizzato tutta la storia dell’umanità, con i problemi contemporanei elencati dai Vip firmatari. La risposta è la più semplice: nulla. Il virus, nella sua genesi e diffusione, non è differente da quelli che si sono sparsi in tutto il mondo nell’era pre-industriale, quando il riscaldamento globale antropico non era neppure teoricamente ipotizzabile. L’allarme lanciato su Le Monde poteva essere stato scritto nel 2019, al culmine della campagna Fridays for Future di Greta Thunberg. Il coronavirus è solo un modo per attrarre l’attenzione di un popolo spaventato e dirgli “a proposito, ricordati del riscaldamento globale”? Non solo. È un tentativo esplicito di recuperare una battaglia vecchia che il virus ha relegato in secondo piano.
L’ecologismo era al centro dell’agenda europea del presidente francese Emmanuel Macron e ha caratterizzato il programma politico di Ursula von der Leyen, nuova presidente della Commissione Europea. Adesso, a spingere in questa direzione è soprattutto l’Alleanza Europea per una Ripresa Verde, composta da 180 Vip europei (79 eurodeputati di 17 paesi, 37 direttori generali di multinazionali, 28 associazioni imprenditoriali e 7 Ong, oltre a gruppi di esperti). Il suo obiettivo è quello di rilanciare il Green New Deal annunciato da Ursula von der Leyen, ma temporaneamente accantonato a causa della pandemia, che ha dettato ben altre priorità. L’intento è quello di promuovere “una via di uscita verde” dalla crisi economica: gli ingenti investimenti necessari alla ricostruzione, dovranno dare priorità ai criteri ecologici, cioè alle attività che si allineano alla lotta al riscaldamento globale. Un progetto che di economico ha ben poco: basti solo pensare alla bolla delle energie rinnovabili che dipendono dai sussidi statali perché non producono sufficiente energia né profitto.
La “Global Mayors COVID-19 Recovery Task Force” del network C40, che riunisce i sindaci delle metropoli del mondo, spinge nella stessa direzione. Quest’anno è presieduta dal sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Il suo intento è apertamente ecologista: “Istituita con l'obiettivo di realizzare una ripresa che allo stesso tempo migliori la salute pubblica, riduca la diseguaglianza e affronti la crisi climatica, attraverso la condivisione di conoscenze, competenze ed esperienze”. Il rilancio eco-sostenibile di Milano è stato pubblicizzato da Greta Thunberg, che in un suo tweet di fine aprile definiva la città nord-italiana come un “laboratorio”. Di che tipo? Niente più auto, solo mezzi pubblici (quando i passeggeri dovranno necessariamente essere dimezzati dal distanziamento sociale) e incentivi per monopattini e biciclette. D’estate può anche funzionare, a meno che non piova.
Sotto il verde, basta scavare poco e si trova di nuovo il rosso del comunismo. Il manifesto di Le Monde, oltre a promuovere una visione in difesa dell’ecologia, punta ad un nuovo egualitarismo sociale. Diseguaglianze sociali e riscaldamento globale sono fuse in un unico problema, da queste strane alchimie ideologiche. Ad auspicare una nuova svolta comunista, dopo la sconfitta storica del 1989, sono alcuni filosofi ancora molto ascoltati, come lo sloveno Slavoj Zizek: “Il coronavirus ci costringerà a reinventare un comunismo basato sulla fiducia nelle persone e nella scienza”. Non sarà centrato in una nuova Unione Sovietica, ma in “un qualche tipo di organizzazione globale che può controllare e regolare l’economia, oltre a limitare la sovranità degli Stati nazionali”.
All’atto pratico, in una variante più moderata di questo nuovo comunismo, cinquecento accademici e uomini politici di sinistra hanno redatto una loro lettera aperta pubblicata sul quotidiano britannico The Independent, in cui chiedono un salario universale di base. Anche Beppe Grillo, co-fondatore del Movimento 5 Stelle, fa suo questo appello e rilancia una delle sue idee che lo hanno reso celebre: “L’emergenza che stiamo vivendo potrebbe favorire una svolta epocale, rivoluzionaria, che da molti superficialmente è stata sempre considerata folle, e che potrebbe cambiare in meglio il nostro futuro”. Benoit Hamon leader dell’estrema sinistra francese, scrive del salario universale: “il salario universale per l’esistenza è uno strumento incomparabile di emancipazione. (…) Liberando tutti da una dipendenza esclusiva dallo stipendio guadagnato sul lavoro, il salario universale dà a ogni individuo la capacità di negoziare e scegliere. (…) L’emancipazione sociale passa attraverso questa pratica individuale di libertà. (…) La crisi darà alla luce un mondo nuovo”. Secondo un sondaggio pubblicato dallo stesso The Independent, il salario universale di base godrebbe attualmente del sostegno del 71% dei cittadini europei. Sarebbe la fine del lavoro produttivo come lo abbiamo conosciuto finora.