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LA NOTA DELLA CURIA

Comunione sulla lingua, Delpini riprende chi la nega

L’Avvocatura dell’Arcidiocesi di Milano chiarisce in una nota pubblica che «non è possibile escludere dalla Comunione Eucaristica i fedeli che non abbiano la mascherina e/o vogliano ricevere la Comunione sulla lingua». Si esplicita così finalmente la possibilità già reintrodotta dal 16 giugno, ma che ha incontrato le resistenze di non pochi sacerdoti. Sia in terra ambrosiana che in altre diocesi.

Ecclesia 03_09_2022

Meglio tardi che mai. Due mesi e mezzo dopo il decreto che riconsentiva - sebbene implicitamente e in modo da dare adito a dubbi interpretativi - la possibilità per il fedele di ricevere la Santissima Eucaristia direttamente in bocca, l’Arcidiocesi di Milano ha finalmente esplicitato con una nota pubblica le proprie disposizioni in merito, chiarendo che non può essere negata l’Ostia a chi desidera riceverla sulla lingua: «Non sono esclusi e non è possibile escludere dalla Comunione Eucaristica i fedeli che non abbiano la mascherina e/o vogliano ricevere la Comunione sulla lingua».

La comunicazione, fatta dall’Avvocatura diocesana e pubblicata sul sito Internet ufficiale www.chiesadimilano.it, reca la data del 30 agosto e arriva a seguito, come chiarisce lo stesso ufficio ambrosiano, delle «numerose domande circa il Protocollo per le celebrazioni attualmente in vigore, adottato con Decreto del Vicario Generale n. 01614 del 16 giugno 2022».

I lettori ricorderanno che già a giugno la Nuova Bussola aveva inviato un’apposita richiesta di chiarimento all’Avvocatura e ricevuto per risposta la conferma che la Comunione in bocca fosse di nuovo possibile. Ma per l’appunto l’Arcidiocesi non aveva allora ritenuto di chiarire pubblicamente una volta per tutte questo passaggio, scegliendo la via di rispondere privatamente una per una alle domande ed email che giungevano da sacerdoti e fedeli interessati a una risposta sulla questione. Una scelta difficile da comprendere (se non, presumibilmente, nell’ottica di compromessi tra “correnti” curiali), tanto più che il decreto e i relativi allegati del 16 giugno chiarivano con minuzia di particolari alcuni aspetti pur importanti ma certamente di minor rilievo rispetto al momento della Comunione con Nostro Signore.

Di certo, in questi due mesi e mezzo, da un lato, ci sono stati in diocesi sacerdoti felici e subito ben disposti ad accogliere il ritorno alla possibilità per i fedeli di essere comunicati in bocca, la modalità consueta per la legge universale della Chiesa (diversamente dalla Comunione sulla mano che a tutt’oggi è permessa alle singole conferenze episcopali per indulto della Santa Sede, vedi qui); dall’altro, non pochi pastori hanno opposto le più varie resistenze, o perché non informati, o per ragioni ideologiche - sfruttando il “non detto” sulla Comunione - oppure ancora per una dichiarata paura da Covid, spesso dovuta alla narrazione dominante subita dal 2020 in poi e che è alla base di tante incomprensioni sul virus, di innumerevoli morti che si potevano evitare, di terapie efficaci demonizzate o sottaciute (ma pian piano la verità emerge, vedi da ultimo il riconoscimento del ruolo degli antinfiammatori), eccetera, fino appunto all’assecondare l’ingerenza dello Stato - e dei suoi esperti - nella Sacra Liturgia, distribuzione dell’Eucaristia inclusa. E ciò nonostante diversi medici e studiosi cristiani abbiano spiegato che, ragionando solo in termini secolari di rischio contagio, la Comunione sulla mano non sia più sicura di quella in bocca (anzi, c’è chi ha mostrato come possa essere più sicuro ricevere l’Eucaristia in ginocchio e sulla lingua).

Alla luce di tutto questo, tornando alla nota della diocesi retta da mons. Mario Delpini, va accolta con favore la rassicurazione di massima contenuta all’inizio del documento e insieme il richiamo a osservare le misure meno restrittive (rispetto ai mesi precedenti) in vigore dal 16 giugno: «Nessuna porzione del territorio diocesano - scrive l’Avvocatura - è al momento caratterizzata da un particolare rischio epidemiologico. È pertanto necessario che tutti i Parroci si attengano alle norme previste. Il Protocollo [di giugno, ndr] deve quindi ritenersi non derogabile». La nota ribadisce che «non è vietato e non è possibile vietare l’ingresso in un luogo sacro a chi non abbia la mascherina» e, inoltre, che «è possibile svolgere la processione offertoriale». Una restrizione, invece, che perdura (speriamo non per molto) riguarda l’obbligo per i ministri della Comunione di indossare la mascherina al momento della distribuzione delle Particole, nonché di igienizzare le mani prima e, in caso di contatto con il fedele, dopo la distribuzione stessa.

Il chiarimento dell’Arcidiocesi di Milano giunge in un contesto nazionale che ha visto in questi mesi diverse altre diocesi, da Nord a Sud, registrare situazioni simili di refrattarietà a distribuire l’Eucaristia in bocca (numerose le segnalazioni in tal senso ricevute dalla Bussola) o anche solo a informare parroci e fedeli dell’accoglimento - da parte della curia - dei suggerimenti di fine marzo della Cei (tra cui proprio il venir meno dell’obbligo di Eucaristia esclusivamente sulle mani). Visto il peso della diocesi che fu di sant’Ambrogio, ci si augura che le diocesi ancora restie a dare la Comunione in bocca tornino a permettere tale modalità di comunicarsi, che un magistero plurisecolare indica come più rispettosa verso la verità insita nelle Sacre Specie. Ogni singolo fedele, sempre rispettando i sacri pastori, può fare molto, sia con la preghiera sia esortando - per lettera, email, a voce - il proprio vescovo a comunicare chiaramente la reintroduzione in merito della disciplina della Chiesa.