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LA DIOCESI CONFERMA

Anche a Milano torna la Comunione sulla lingua

Oltre al decadimento dell’obbligo della mascherina in chiesa, nell’Arcidiocesi di Milano è di nuovo consentita, dal 16 giugno, la Comunione sulla lingua. La conferma alla Bussola dell’Avvocatura diocesana: «Il Protocollo in vigore non prevede il divieto di ricevere la Comunione sulla lingua che dunque è possibile». Una buona notizia, da accompagnarsi con catechesi a tema.

Ecclesia 21_06_2022

Il 16 giugno, giovedì di Corpus Domini, ha recato con sé - in parallelo all’allentamento delle restrizioni anti-Covid a livello statale e all’interno della Chiesa italiana - importanti novità in molte diocesi. Tra esse si segnala per ovvie ragioni, di grandezza e prestigio, l’Arcidiocesi di Milano.

Nella diocesi ambrosiana è decaduto l’obbligo di indossare la mascherina nei luoghi sacri, mascherina che ora è solo raccomandata, come già aveva indicato la Cei a fine marzo di quest’anno; le acquasantiere, inoltre, possono di nuovo essere riempite; si possono fare le unzioni come previste dai rituali per i sacramenti del Battesimo e della Cresima, senza dover cioè usare necessariamente allo scopo batuffoli di cotone, salviette, ecc.

Ma insieme a queste e altre restrizioni decadute, c’è un’altra novità di estremo rilievo che è passata in sordina: il ritorno alla possibilità per ogni fedele, dopo oltre due anni di proibizioni, di ricevere la Santa Eucaristia in bocca. Si ricorderà che l’Arcidiocesi di Milano era stata tra quelle che a fine marzo non aveva accolto al riguardo l’indicazione ‘aperturista’ della Cei, mantenendo come unica via di comunicarsi quella di ricevere il Corpo di Gesù sulle mani.

Dal 16 giugno, appunto, è invece di nuovo pienamente consentita la Comunione in bocca anche nell’Arcidiocesi retta da monsignor Mario Delpini, un fatto che ha la sua importanza sia dentro che fuori i confini diocesani, per il già richiamato prestigio e peso della diocesi che fu di sant’Ambrogio.

Ma la novità del ritorno alla situazione pre-Covid sul fronte Comunione, come dicevamo, non è nota a tutti: essa si può desumere leggendo attentamente il decreto del vicario generale (mons. Franco Agnesi) e il relativo allegato, nel senso che non si indica più la Comunione sulle mani come unica modalità per comunicarsi (come ribadiva invece il decreto del 29 marzo 2022), ma al tempo stesso non si esplicita che la Comunione sulla lingua è di nuovo, come da norme canoniche, permessa. Si è lasciato cioè al livello interpretativo implicito quello che in altri casi (alcuni li abbiamo visti sopra) è stato opportunamente esplicitato. Peccato che questa mancata esplicita segnalazione abbia riguardato proprio l’Eucaristia e il modo tradizionale e più rispettoso - per motivi indicati da secoli di Tradizione e Magistero, san Paolo VI incluso - di riceverLa (da accompagnare a un gesto di riverenza esteriore e naturalmente all’essere in grazia). La conseguenza è che ad oggi nell’Arcidiocesi di Milano, accanto a quelli che hanno interpretato correttamente il decreto, ci sono anche sacerdoti e semplici fedeli che pensano che in tema di distribuzione dell’Eucaristia non sia cambiato nulla.

Per fugare ogni dubbio, la Nuova Bussola ha contattato via email l’Avvocatura diocesana, cioè l’ufficio incaricato dell’interpretazione dei protocolli per le celebrazioni e che ci ha risposto prontamente ieri nella persona di don Michele Maria Porcelluzzi «a nome e per conto del Vicario Generale», che leggeva in copia conoscenza. «È sempre valida la norma interpretativa secondo cui, ove non esplicitamente derogate dal Protocollo per le Celebrazioni, devono essere sempre seguite le norme liturgiche», chiarisce l’email dell’Avvocatura. Ciò significa, ad esempio, che «le processioni offertoriali», non essendo più vietate dal protocollo, «sono possibili». Lo stesso vale per l’Eucaristia in bocca, come spiega ancora l’Avvocatura diocesana: «Il Protocollo in vigore non prevede il divieto di ricevere la Comunione sulla lingua che dunque è possibile».

I fedeli della diocesi ambrosiana che hanno a lungo atteso questa notizia possono dunque tornare a comunicarsi sulla lingua, in accordo a quanto previsto dal Codice di Diritto Canonico, secondo cui «i ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano ben disposti e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli» (can. 843). Un canone, questo, richiamato anche nell’istruzione Redemptionis sacramentum, che al numero 92 ricorda che ogni fedele ha «sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca»; mentre la Comunione sulla mano è possibile solo laddove una data conferenza episcopale ha ricevuto il permesso in tal senso dalla Santa Sede (come in Italia negli anni Ottanta), situazione ormai diffusa ma che non deve far dimenticare che la pratica della Comunione sulla mano, ai nostri giorni, nasce da una disobbedienza di alcune diocesi progressiste che san Paolo VI - obtorto collo, con sofferenza e a precise condizioni (si legga l’istruzione Memoriale Domini) - infine si vide costretto a tollerare.

Perciò è quantomai opportuno l’invito a fare catechesi per spiegare la storia dei modi di comunicarsi e sensibilizzare sul tema della Comunione sulla lingua (vedi qui, qui, qui e qui la ricostruzione di don Nicola Bux), a cui molti non danno importanza solo perché non hanno mai ricevuto un’adeguata formazione in merito. Bene, intanto, che questo uso sia stato ripristinato nell’Arcidiocesi di Milano. Ci si può forse imbattere in qualche situazione in cui un sacerdote non sia ancora a conoscenza della novità: in questi casi si deve evitare di discutere al momento della Comunione, ma si può rispettosamente parlare al sacro ministro a fine Messa.