Sorpresa: la Messa in latino è anche la più anti-Covid
Il Journal of Religion and Health ha ospitato un articolo dell’Università di Bergen, che ha valutato che gli elementi della Forma Straordinaria «riducono il rischio di trasmissione (del virus): una ridotta partecipazione verbale da parte dell’assemblea, il canto di un coro scelto, nessuna concelebrazione, orientamento ad orientem, niente ministri straordinari e Santa Comunione in ginocchio e sulla lingua».
I tentativi di richiamare i legittimi pastori ad un migliore bilanciamento tra le indicazioni sanitarie che dovrebbero cautelare la salute dei fedeli e le norme liturgiche, che custodiscono e trasmettono il senso della Divina Presenza non ha avuto fino ad ora alcun esito.
I cambiamenti introdotti nella liturgie per presunte ragioni sanitarie hanno creato non solo disagio, ma anche profonde ingiustizie, che i fedeli hanno cercato di far presenti ai loro pastori, senza però riceverne alcuna attenzione. Chissà se, dopo aver ignorato le ragioni della pietà, delle norme liturgiche e del diritto canonico, i nostri pastori ascolteranno quelle della scienza, a cui pare ormai doveroso bruciare almeno un granello d’incenso.
Il 24 maggio scorso, il Journal of Religion and Health ha ospitato un interessante articolo di Sergey Budaev, ricercatore del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bergen, in Norvegia, dall’eloquente titolo Safety and Reverence: How Roman Catholic Liturgy Can Respond to the COVID-19 Pandemic. L’autore ha valutato «i principali rischi di trasmissione del virus SARS-CoV-2 ed elencato alcune misure per accrescere la sicurezza della liturgia cattolica romana senza comprometterne l’intrinseca bellezza e la riverenza spirituale. Questo obiettivo può essere raggiunto attraverso l’assimilazione di diversi elementi tradizionali nella moderna liturgia». Assimilandoli, non escludendoli. È dunque cercando di mantenere sempre l’attenzione sia sull’aspetto sanitario che su quello propriamente liturgico, che Budaev sviluppa il proprio contributo.
La letteratura scientifica disponibile permette di ritenere che la trasmissione del SARS-CoV-2 avvenga principalmente tramite droplets negli incontri faccia a faccia o tramite aerosol; al contrario, la trasmissione tramite «alimenti o fomiti su superfici inanimate non sono un significativo fattore di rischio in situazioni comunitarie». Per mitigare la trasmissione del virus durante la celebrazione della liturgia, Budaev suggerisce alcune precauzioni, già abbondantemente osservate nelle chiese, come il mantenimento della distanza, la segnalazione dei posti a sedere, fino all’itinerario indicato da frecce (il che, a parere di chi scrive, ben poco si concilia con il rispetto del decoro e della sacralità del luogo, finendo per trasformare la chiesa in un ospedale...). Per quanto riguarda le mascherine, il loro utilizzo risulta significativo quando le persone si interfacciano tra loro, per esempio entrando e uscendo dalla chiesa; mentre invece non ci sono rischi significativi «se le maschere vengono rimosse dal volto quando tutti i partecipanti alla Messa stanno in silenzio ai loro posti, prudentemente a distanza. Pertanto, la celebrazione della Messa può svolgersi senza il volto coperto, purché le altre misure di mitigazione del rischio vengano osservate».
Secondo Budaev, le concelebrazioni dovrebbero essere ridotte al minimo, come anche il numero dei ministranti e l’avvalersi di ministri straordinari nella distribuzione della Comunione. Inoltre, nelle chiese e cappelle di dimensioni ridotte, «una misura protettiva è di svolgere il servizio liturgico di fronte all’altare: Ad orientem. Questa misura non solo rafforza il nostro focus sul Signore ed ha un profondo simbolismo, ma potrebbe ridurre l’esposizione del celebrante all’aerosol e alle goccioline prodotte dall’assemblea, che per la maggior parte del tempo rimane dietro il celebrante».
Quali sono le conclusioni dell’autore relativamente invece all’annoso problema della distribuzione della Santa Comunione? Budaev riconosce che la decisione di proibire o limitare la modalità universale di ricevere l’Eucaristia «generalmente manca di trasparenza, discussione ed accordo con l’intera comunità ed è motivata da una generica igiene, senza evidenza scientifica». Non è la prima volta che la distribuzione della Comunione viene posta sotto accusa di favorire infezioni. L’autore riporta alcuni studi che si sono focalizzati in particolare sull’utilizzo del medesimo calice, studi che hanno portato a concludere l’assenza di aumento del rischio di trasmettere infezioni. Se dunque bere dallo stesso calice non ha comportato alcun aumento del rischio, ancor meno la distribuzione della particola sulla lingua. «Le Sacre Specie utilizzate nel Rito latino sono praticamente asciutte e di conseguenza è probabile un minimo contatto al di fuori delle particole, riducendo il rischio d’infezione. Mentre riceve il Sacro Pane, il comunicando normalmente estende in avanti la lingua, gesto che richiede di trattenere il respiro per un momento. Ciò riduce possibili emissioni del respiro. È perciò inverosimile sostenere un alto rischio della trasmissione dell’infezione nella modalità tradizionale di ricevere la Comunione sulla lingua».
Dunque, la Comunione sulla lingua non è un fattore di rischio. Ma c’è di più. Se la Comunione è ricevuta in ginocchio la distanza tra il Sacerdote ed il fedele aumenta, ma soprattutto «il volto del comunicando è a livello del torace del Ministro eucaristico. Posto che il comunicando rimanga in silenzio, utilizzi la respirazione nasale e la durata dell’interazione sia breve (pochi secondi), questa prassi non comporta un alto rischio per il Ministro dell’Eucaristia [...]. Inoltre, la ridotta risposta verbale del comunicando indirizza le goccioline e l’aerosol verso il torace del Ministro, che è un rischio di gran lunga inferiore rispetto riceverle direttamente in faccia. Al contrario la posizione tipica del comunicando per la Comunione sulla mano è quella di stare in piedi, il che costituisce un’interazione diretta, ravvicinata e faccia a faccia. Ogni comunicazione verbale tra il Ministro Eucaristico ed il comunicando indirizzerebbe le goccioline e l’aerosol direttamente verso il volto del Ministro e le Ostie. Inalare questo aerosol potrebbe essere rischioso».
La posizione in ginocchio agevola inoltre il sacerdote nell’atto di deporre la particola sulla lingua del fedele, permettendogli «una miglior visuale ed una posizione della mano più agevole», permettendogli così di appoggiare in sicurezza l’Ostia «sulla lingua, evitando contatti con le mucose e la saliva».
In sintesi, conclude Budaev, sono numerosi gli elementi della Forma Straordinaria «che riducono il rischio di trasmissione di infezioni per via aerea: una più ridotta partecipazione verbale da parte dell’assemblea, il canto da parte esclusiva di un coro scelto, nessuna concelebrazione, posizionamento Ad orientem, niente ministri straordinari e ricezione della Santa Comunione in ginocchio e sulla lingua, senza risposta verbale». Secondo l’autore, tutte queste specificità del rito antico sono senz’altro frutto di una profonda riverenza verso il Mistero dell’Eucaristia e di un radicato senso del simbolo; ma sono anche l’esito di un rito che è passato attraverso secoli di pestilenze e malattie.
Ad essere consequenziali, bisognerebbe riformare sì il Summorum Pontificum, ma per estendere ulteriormente l’antico Rito. Se non altro, per ragioni sanitarie.