«Chi vuole cambiare l'Humanae Vitae non l'ha capita»
Durante il convegno a Roma, in risposta al "nuovo paradigma" sulla morale sessuale e familiare, è emersa spesso l'irreformabilità dell'enciclica di San Paolo VI. Chi pretende di "aggiornarla" non ha compreso che essa riflette la verità sull'uomo, che in quanto tale è immutabile. Parla alla Bussola la teologa Pia De Solenni.
Uno dei compiti primari dei teologi oggi, dovrebbe essere quello di ribadire il plurisecolare insegnamento della Chiesa sulla famiglia, sull’amore coniugale e sulla sessualità. Il convegno A Response to Pontifical Academy for Life conclusosi a Roma sabato scorso, ha offerto numerosi spunti in questa direzione. Uno dei punti fermi è l’irriformabilità del messaggio dell'enciclica Humanae vitae. A sottolinearlo, a colloquio con La Nuova Bussola Quotidiana è Pia De Solenni, teologa morale, Cancelliere della Diocesi di Orange County (California) e membro consulente della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino.
Professoressa De Solenni, com’è nata la proposta di un convegno in risposta al testo base della Pontificia Accademia per la Vita?
La Pontificia Accademia per la Vita aveva pubblicato i contributi di un congresso, in cui era emersa la prospettiva che l’insegnamento della Humanae Vitae potesse cambiare. Questo crea un problema, dal momento che normalmente non si parla di modificare la dottrina della Chiesa, tanto più su un tema che riguarda in modo così diretto l’identità della persona umana. Per più di vent’anni abbiamo visto realizzarsi tutto quello che San Paolo VI aveva affermato. Nel nostro ambito, in qualità di teologi e teologhe, abbiamo quindi ritenuto di dover dare una risposta, nella misura in cui papa Francesco ha affermato che noi teologi dovremmo sempre discutere su come si pone l’insegnamento della Chiesa nel mondo. Inizialmente, il nostro doveva essere soltanto un piccolo workshop privato, per svolgere un lavoro accademico. Il tema, però, ha destato così tanto interesse che ne è stato fatto un evento pubblico in live stream [trasmesso in diretta su Daily Compass, l’edizione inglese della Nuova Bussola Quotidiana, ndr].
Di cosa ha trattato in modo particolare la sua relazione?
Ho trattato della difficoltà di mettere in pratica i principi della Humanae Vitae, vivendoli concretamente nel quotidiano: si tratta di un documento bellissimo ma purtroppo non ben compreso, né ben insegnato. Penso quindi ci sia ancora molto lavoro da fare. Dovremmo tornare alla filosofia e alla teologia di San Giovanni Paolo II e di altri teologi, per parlare della relazionalità tra uomo e donna. È questo il vero cuore del problema: se non si mette al centro questa relazionalità, non si può vivere l’insegnamento della Chiesa. Se questo è davvero ciò che la Chiesa propone, in quanto “esperta di umanità”, cosa sta facendo la Chiesa per aiutarci a viverlo? Dobbiamo insegnare agli uomini e alle donne come essere in relazione. Ovunque vediamo persone che non hanno compreso il messaggio di Paolo VI, anche molti cattolici praticanti si portano dentro delle ferite interiori, hanno bisogno di guarirne e, per l’appunto, di comprendere cosa vuol dire entrare in relazione.
Più volte, durante il convegno, avete insistito sul fatto che la Humanae vitae è “irreformabile”: cosa vuol dire questo?
La Humanae vitae riguarda la verità della persona che, in quanto verità, non si può cambiare. Dobbiamo trovare i mezzi per insegnare, comunicare ed assistere: su questo c’è un grande lavoro da fare. Se guardiamo il mondo, constatiamo che tante persone, noi compresi, sono ferite dal peccato originale. Cambiare l’insegnamento della Chiesa non guarirebbe queste ferite.
Altro concetto emerso più volte nelle vostre sessioni è l’inseparabilità tra corpo e anima: perché è così importante ribadirlo?
Molte eresie ai danni della Chiesa hanno riguardato proprio il corpo. C’è sempre molta confusione sulla relazione tra corpo e anima. Non può esistere una persona priva di anima oppure di corpo, quantomeno fino alla morte. Ognuno di noi è stato creato in anima e corpo simultaneamente. Come spiegava San Tommaso d’Aquino e come ha ribadito in questi giorni il professor Paul Gondreau, la persona umana è il capolavoro di Dio. È una realtà che ha un grande significato, pertanto nessuno di noi può affermare che il proprio corpo non corrisponda ad alcuna realtà, né può dire di “sentirsi” qualcosa di diverso dal proprio corpo.
Come avviene con l’ideologia gender…
Questa ideologia coinvolge in particolare le donne, come vediamo da ciò che succede con i movimenti LGBT+. È molto interessante il fatto che, negli USA, i grandi collettivi femministi si siano opposti a questi movimenti, ricordando che noi, in quanto donne, siamo molto più delle misure del nostro corpo. L’essenza di una donna non è in come si pettina o si trucca: quello è solo un segno. Essere donne vuol dire essere persone identificate con il proprio corpo che informa il modo in cui l’anima riceve informazioni. L’anima, quindi, riceve informazioni, tramite un corpo differenziato a seconda del sesso maschile o femminile.
Per concludere: ferma restando l’irreformabilità dell’insegnamento della Chiesa sull’amore coniugale, in che misura si può dialogare su questi temi con chi non la pensa secondo il magistero?
Il punto critico è l’introduzione del concetto che l’insegnamento della Chiesa possa cambiare. L’insegnamento può essere approfondito, però non si cambia, perché riguarda l’identità della persona umana. Spero si possa avviare un dialogo: le domande che si stanno discutendo sono molto serie, riguardano cose che dobbiamo discutere e capire e che riguardano tante persone. Spero si possa creare un’atmosfera di dialogo in cui tutti ci possiamo incontrare per discutere queste cose. D’altronde, papa Francesco ha detto che il lavoro del teologo comporta anche questo.