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PARIGI

Brutta, blasfema, ideologica: l'apertura delle Olimpiadi è un flop

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La cerimonia inaugurale dei Giochi Olimpici di Parigi è stata all'insegna del cattivo gusto e della provocazione, fino alla propaganda abortista e alla squallida parodia dell'Ultima Cena degna di un Gay Pride. Proteste dei vescovi francesi. E il Cielo risponde con un impressionante acquazzone e un misterioso black out che esalta la Basilica del Sacro Cuore.

Attualità 29_07_2024 Español

Brutta. Forse la peggiore di sempre. Questi i commenti più frequenti sui social riguardo la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici. Brutta non solo per il cattivo gusto. Per citare un paio di episodi: un tizio che impersonava un dio Dioniso tutto dipinto di blu stravaccato in una insalatiera; la guardia repubblicana che ha inscenato un balletto pop tra ballerine altrettanto pop.

Ma brutta anche perché nulla c’entrava con lo sport. Non solo per la location: sulla Senna e non in un stadio. Ma perché molti spettacoli, anzi molti spettacolini visti e le performance non avevano nessuna attinenza con le discipline olimpiche. Ad esempio c’era una discoteca su una chiatta sulla Senna, una sfilata di moda con abiti orrendi e con modelli spesso in abiti femminili, un pianoforte che andava a fuoco mentre veniva suonato da un coraggioso pianista, un cavallo meccanico che solcava le acque della Senna e molto altro. E gli atleti? Relegati su dei battelli, mera cornice di questo spettacolo circense a cui la regia televisiva ha dedicato la maggior parte delle inquadrature.

Fosse però solo una questione estetica si potrebbe chiudere un occhio. Ma oltre all’estetica anche l’etica è stata vilipesa. Si accennava prima alla sfilata di moda. Su un lato della passerella e al suo centro i creativi nonché cretini della cerimonia di apertura hanno pensato bene di realizzare una parodia dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci. Al posto di Nostro Signore una donna obesa, con un’aureola che ricordava la Santa Ostia e che gestiva davanti a sé una consolle per mixare la musica, e ai suoi lati, disposti come gli apostoli dell’Ultima cena, alcune drag queen, trans e una bambina che si è messa pure a ballare.

La Conferenza episcopale francese ha giustamente alzato la voce e in un comunicato così si è espressa: «Questa cerimonia purtroppo prevedeva scene di derisione e di scherno del cristianesimo, che deploriamo profondamente. […] Pensiamo a tutti i cristiani di tutti i continenti che sono rimasti feriti dall'eccesso e dalla provocazione di certe scene». Sulla stessa frequenza d’onda Mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Pontifica Accademia per la Vita, il quale, in una intervista a Il Giornale, afferma che l’ideale di libertà incarnato dai Giochi «è stato infangato da una blasfema derisione di uno dei momenti più santi del cristianesimo».

Poi sono comparse le statue d’oro – il kitsch è la cifra stilistica dell’ideologia – di donne ritenute importanti. Una sfilata di figure femminili in cui necessariamente mancava, per fare solo un esempio, Santa Giovanna d’Arco. Però al suo posto c’era una certa Simone Veil (con la V e non con la W), ex presidente del Parlamento europeo. I suoi meriti? «Donna chiave nella legalizzazione dell'aborto», si poteva leggere sui teleschermi.

Insomma l’apertura dei Giochi è stata occasione nemmeno per far propaganda al gender, all’aborto e a buona parte degli ingredienti della sottocultura woke, ma per farne la reclame. Sì, perché in fondo l’esito di questa baracconata è stato scontato, sterile, raffazzonato. Tanto sguaiato quanto triste. C’era più voglia di provocazione che arte, tanto che l’ansia di essere originali a tutti costi è sfociata nello stereotipo.
Ma le blasfemie inscenate e la promozione dell’aborto rimangono intatte nel loro turpe significato tanto che hanno gridato vendetta al Cielo e il Cielo ha risposto con un acquazzone impressionante (vedi foto), e nella notte successiva con un misterioso black out che ha colpito moltissime zone della città, ma non ad esempio la Basilica del Sacro Cuore che è rimasta visibilissima come una cattedrale fatta di luce mentre tutta Parigi affogava nel buio, come attesta una impressionante foto che sta girando in internet.

In questa Olimpiade non poteva infine mancare Sua Maestà l’Ambientalismo. I letti degli alloggi degli atleti sono in cartone, così si possono riciclare. I materassi sono realizzati in plastica riciclata. Quindi ecosostenibili, ma scomodi. L’aria condizionata non c’è negli alloggi. Così ha ordinato il sindaco donna di Parigi, Anne Hidalgo, decisa a dimezzare la CO2 rispetto ai giochi di Londra 2012. Le camere vengono rinfrescate grazie ad impianti di raffreddamento sotto il pavimento. Il problema sta nel fatto che a detta dei diretti interessati non sono così efficaci. E allora Australia, Canada, Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Norvegia e Regno Unito pensano di acquistare in loco dei condizionatori portatili. Solo che costano e quindi alle delegazioni più povere non rimarrà altro che sudare sotto il sole dell’inclusività.

Di fronte alle critiche il sindaco ha fatto spallucce: «Molto rispetto per il comfort degli atleti», ha dichiarato, ma «la sopravvivenza dell’intera umanità» le sta più a cuore. Resta un mistero come faccia l’umanità a sopravvivere grazie alla mancanza di condizionatori negli alloggi olimpici e di come, per converso, qualche grado in meno stermini il genere umano. E poi, per essere coerenti sino in fondo, perché allora non aboliamo le Olimpiadi dato che producono non montagne, ma intere catene alpine di CO2? Pensiamo solo a tutti i voli per portare atleti, delegazioni e spettatori a Parigi. E allora questo ci pare tanto un ambientalismo di facciata da perseguire fintanto che non intacca alcuni interessi, alcuni portafogli, tra cui quelli di chi ha organizzato questa Olimpiade parigina.



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