Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IL LIBRO

Borgna: la tenerezza nasce dal cuore dall’uomo

In tempi di guerra, epidemia e angoscia per il futuro, il 92enne saggio psichiatra ci invita con dolce fermezza a riscoprire il valore irrinunciabile della "tenerezza", che nasce dal cuore dell’uomo perché nel sorriso dell’essere umano “dimora il divino” che lo apre alla possibilità di un’intesa con gli altri.

Cultura 29_07_2022

La barbarie sembra inesorabilmente avanzare: femminicidi quasi quotidiani, padri che uccidono i figli per vendicare l’abbandono delle loro compagne, figli che ammazzano i genitori per strappare anzitempo l’eredità, violenze di gruppo su ragazze ancora bambine e un mondo impazzito tra conflitti con le armi, con l’energia e con le sanzioni finanziarie. In uno scenario di distruzione che non può che sconfortarci, ecco un grande vecchio che ci offre una parola semplice ma decisiva: la tenerezza. Eugenio Borgna nel suo ultimo libro (Tenerezza, Einaudi, Torino 2022) parte dalla sua lunghissima esperienza di psichiatra per proporci un atteggiamento che ritiene indispensabile persino nel caso della malattia mentale. Perché ha imparato a curarla in un modo nuovo.

«Non so pensare a quanta consapevolezza noi abbiamo dell’importanza del linguaggio, che richiede in ogni caso riflessione e attenzione a quello che avviene nella nostra vita interiore, e a quella delle persone che la vita ci fa incontrare». Questa l’amara constatazione di Borgna, che ritiene il tema così importante da impegnarsi in una appassionata riflessione, alla sua veneranda età. In tempi di urla sguaiate in insulsi talk show, ma anche di commenti sibilanti o addirittura feroci negli incontri dei nostri affollati luoghi di ritrovo (a maggior ragione se sono virtuali), risuona davvero inconsueto l’invito a prenderci cura di parole e gesti che ci permettano un vero dialogo e un rapporto profondo con l’altro. A maggior ragione questa gentilezza e attenzione sono richieste nella psichiatria che, a parere del famoso luminare, non può e non deve affidarsi unicamente alla farmacologia. Pensiamo invece a quanto i nostri medici, di fronte al disagio psichico sempre più diffuso, soprattutto tra gli adolescenti, anche per gli effetti dell’isolamento imposto dal lockdown per l’epidemia di coronavirus, spesso prescrivano frettolosamente gocce o pastiglie «miracolose», senza impegnarsi in un vero ascolto, il solo capace di comprensione per chi soffre interiormente.  

Al contrario il nostro autore tesse addirittura l’elogio delle lacrime, espressione inconfondibile di sofferenza ma anche di commozione e partecipazione, che sui volti di tanti nostri ragazzi non riescono neppure a scorrere, tanto sono impietriti dal loro dolore, oppure sgorgano incessanti senza trovare espressione nelle parole. Ma «le lacrime ci rivelano ciò che nell’uomo tace, sono le parole del silenzio». Borgna afferma quindi con decisione che “nella vita, e non solo nella psichiatria, dovremmo accogliere le lacrime, le nostre e quelle degli altri, come segno di sensibilità e di apertura al destino degli altri. E questa disposizione di apertura all’altro non può che partire dalla «tenerezza dello sguardo». Ci sono infatti sguardi che «sbranano», come diceva lo scrittore premio Nobel Elias Canetti, e sguardi, animati proprio dalla tenerezza, che irradiano invece fiducia e serenità. Quella di cui il mondo d’oggi ha più che mai bisogno. Come se dovessimo re-imparare il mistero dell’amicizia, un rapporto gentile, rispettoso dell’altro e in definitiva accogliente, senza pretesa. 

Affascinante è nel libro la digressione sulla carezza, «qualcosa che riesce a stabilire un legame quasi permanente con l’altro». Borgna non la intende innanzitutto come apparentata con l’eros, ma piuttosto la considera simile «alla cura del poeta che ritocca le sue poesie, come l’orsa che dà forma ai figli passando su di essi la lingua e carezzandoli». Quanta vera tenerezza viene negata ai figli di questa nostra epoca disgraziata! Al centro delle nostre famiglie non ci sono infatti i bambini, con il legittimo bisogno di rifugiarsi tra le braccia di mamma e papà per imparare a crescere insieme, ma le rivendicazioni di realizzazione autonoma dei loro incerti e distratti genitori. In una autentica attenzione amorosa all’altro non può mancare, nel testo di Borgna, un riferimento esplicito alla virtù del «pudore», che non si limita all’ambito sessuale, perché la sua funzione è ben più profonda: «circoscrivere uno spazio proprio, e quindi mantenere una distanza rispetto agli altri. Al contrario di quanto vorrebbe far credere la legge di mercato, esiste qualcosa di non condivisibile e di non appropriabile». Parole rivoluzionarie, come rivoluzionaria è la stessa tenerezza, che non può non riconoscere il limite invalicabile dell’intimità dell’altro, che può essere avvicinato solo con la consapevolezza del mistero presente in ciascuno di noi.

Tobino, Etty Hillesum, Leopardi, Pascoli, Rilke, Corazzini, Gozzano, Ungaretti e Montale. Sono davvero numerose le risonanze letterarie dello psichiatra piemontese, che ha frequentato poeti e scrittori per tutta la sua lunga vita e attinge sapienza e saggezza dalla loro malinconica fragilità. Costituiscono per lui il sottofondo della vera tenerezza. In realtà, a suo avviso, proprio questa debolezza può renderci più solidi e più forti. Perché «la tenerezza ha a che fare con il cuore e il cuore è la fonte del coraggio». L’invito dunque è a intraprendere decisamente la strada della tenerezza, che «è un ponte che ci fa uscire dai confini del nostro io e ci fa partecipare all’interiorità dell’altro». Un cammino più facile per chi ha avuto il dono di sperimentare la tenerezza più grande, quella di Dio. Il libro infatti si conclude con le commoventi parole di Etty Hillesum, lettura prediletta di Borgna: «Ma cosa credete, che non veda il filo spinato, non veda i forni, non veda il dominio della morte? Sì, ma vedo anche uno spicchio di cielo, e questo spicchio di cielo ce l’ho nel cuore, e in questo spicchio di cielo che ho nel cuore vedo libertà e bellezza. Non ci credete? Invece è così». Etty morì ad Auschwitz il 30 novembre 1943 non ancora trentenne, evidentemente “accarezzata da Dio”. Una speranza anche per i nostri anni così tormentati e difficili.