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IL RICORDO

Berlusconi, l’ultimo leader europeo e democristiano

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La vittoria elettorale di Forza Italia nel 1994 ha avviato il Paese verso un bipolarismo di fatto. Gli ultimi democristiani italiani nel PPE oggi esistono grazie alla nascita di FI. Con Berlusconi l’Italia tornò protagonista a livello internazionale. Il ricordo personale di chi vi ha collaborato per anni.

Politica 14_06_2023

La responsabilità e il senso del dovere verso il Paese, secondo l’insegnamento dei suoi genitori, sono stati ben presenti nella vita politica di Silvio Berlusconi. Il presidente Sergio Mattarella lo ha descritto come un «grande leader che ha segnato la storia della Repubblica», ma Berlusconi è stato l’ultimo leader europeo e, paradossalmente, l’ultimo leader democristiano. Per certo Berlusconi, dall’autunno del 1993, con il tentativo di convincere Mino Martinazzoli, allora a capo di un’agonizzante DC, di assumere la leadership di un nuovo partito moderno, massmediatico e cattolico liberale predisposto dallo stesso Berlusconi e che potesse incorporare insieme il nuovo e il meglio del pentapartito morente, dimostrava una generosità non comune per il bene del Paese.

Ci volle il coraggio da vero uomo che ama il proprio Paese e, come lo stesso Berlusconi ha più volte raccontato, l’ammonimento di sua mamma Rosa, per rafforzare la determinazione di Berlusconi e permettergli di sbaragliare la favoritissima coalizione a guida comunista con la vittoria elettorale del 27-28 marzo 1994. Salvata l’Italia dai comunisti, la magistratura, l’antipatia da parte dell’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e il calcolo politico del trio Buttiglione-D’Alema-Bossi fecero fallire il suo primo tentativo di Governo (10 maggio 1994 - 17 gennaio 1995), lasciando il posto a Lamberto Dini.

Tuttavia, proprio la vittoria elettorale di Forza Italia, del Polo delle Libertà e del Polo del Buon Governo aprì una nuova fase repubblicana, avviando il Paese verso un bipolarismo di fatto, per merito di Berlusconi.

Grazie alla forza dimostrata alle elezioni, alle garanzie degli eredi democristiani italiani e ai rapporti di Rocco Buttiglione con il cancelliere tedesco Helmut Kohl e il presidente del Partito Popolare Europeo, Wilfried Martens, Forza Italia entra nel PPE nel 1998 e ne diventa un pilastro fondamentale. Oggi, senza Forza Italia, di fatto non esisterebbe una rappresentanza reale della tradizione popolare e democristiana europea in Italia. Non ci sfugga che l’idea perseguita oggi di coniugare partiti conservatori e popolari in una coalizione europea è una semplice riproposizione della linea politica e strategica sviluppata da Berlusconi nel 1994 e perseguita sino alle ultime elezioni politiche e amministrative.

L’amico dei socialisti Berlusconi e il suo partito rappresentano gli ultimi democristiani italiani nel PPE, soprattutto dopo l’omicidio politico della presenza elettorale democristiana perpetrato da Mario Monti, Pier Ferdinando Casini & company nel 2013. Il capo di Forza Italia ha difeso la vita dei deboli, vedi il caso del decreto legge del febbraio 2009 per salvare Eluana Englaro e, ancor prima, grazie anche all’opera - di cui chi scrive è testimone - dell’allora ministro Pisanu, fermo sostenitore della Legge 40 sulla fecondazione artificiale che poneva per la prima volta limiti al far west allora in voga, sebbene quella stessa legge non possa essere definita cattolica. Molte delle grandi riforme che avrebbe voluto introdurre nel nostro Paese non sono state possibili; certamente rimane ancora oggi il cruccio che le riforme del fisco e della giustizia siano rimaste ferme per i veti, le paure e i miseri calcoli elettorali dei partiti dell’allora coalizione.

A livello internazionale vanno ricordate le due tappe che segnarono il ritorno al protagonismo assoluto dell’Italia, dopo il protagonismo di Andreotti e Craxi. La prima: il 28 maggio 2002, quando Silvio Berlusconi, durante il suo secondo mandato da presidente del Consiglio, organizzò a Pratica di Mare il vertice con i 19 rappresentanti della Nato e anche con Vladimir Putin. Un incontro che culminò con la carta conosciuta come Dichiarazione di Roma, che aprì le porte della collaborazione della Nato anche con la Russia (Consiglio Nato/Russia), con la quale si pose fine alla Guerra fredda e si aprì una fase di cooperazione in diverse materie. Le polemiche speciose dell’ultimo anno contro le osservazioni di Berlusconi, in merito alla guerra in Ucraina, le gravi responsabilità di Putin e l’inadeguatezza di Zelensky, sono lì a dimostrare la pochezza delle comparse a cui la politica attuale ci ha abituato.

La seconda tappa cruciale fu la crisi libica, ovvero la scelta di Sarkozy, Hillary Clinton e Obama di sobillare le proteste, bombardare la Libia e far uccidere Gheddafi. Una scelta che rafforzò la tragedia delle “primavere arabe” e aprì definitivamente le porte a instabilità, violazione di diritti e libero commercio di esseri umani dall’Africa all’Europa (Italia in primis). Ebbene, anche in quel caso, nel marzo 2011, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si batté sino alla fine per il bene del Paese e per tutelare il benessere mediterraneo ed europeo, ma dovette infine soccombere, davanti alle pressioni dell’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano e degli Stati Uniti di Obama. Sin da subito Berlusconi considerò e prefigurò la tragedia che sarebbe derivata dalle azioni belligeranti in Libia, un errore politico grave che avrebbe portato solo disastri futuri. Così è stato.

Infine, va ricordato come Berlusconi pagò la sua saggia ritrosia nei confronti dell’intervento in Libia: il dileggio nazionale e internazionale (anche sul caso Ruby) e l’ingiustificata speculazione finanziaria internazionale. Proprio per salvaguardare le finanze del Paese dallo sciacallaggio speculativo ‘pilotato’ dall’estero, Berlusconi decise di anteporre ancora una volta l’Italia e le generazioni future ai propri interessi e alle proprie ragioni e si dimise nel novembre 2011.

Il presidente Berlusconi - con il quale molto ho condiviso durante i miei vent’anni di impegno politico e di cui molto più ho compreso negli ultimi miei dieci anni di calvario giudiziario e massmediatico - è stato protagonista assoluto e generoso dell’Italia dell’ultimo trentennio e, per una Repubblica che ha solo 77 anni di vita, bisognerebbe ricordarlo come uno dei pochi grandi leader italiani ed europei dal dopoguerra ad oggi. Requiescat in pace.