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morte in tandem

Bare e tulipani, in Olanda dilaga l'eutanasia di coppia

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Dalle 13 coppie del 2020 alle 33 coppie che nel 2023 hanno scelto di farla finita insieme: la mentalità eutanasica è ormai così radicata tra gli olandesi da dimenticare che sempre di omicidio o suicidio si tratta.

Vita e bioetica 01_07_2024

L’amore è forte come la morte, constata il Cantico dei Cantici. E c’è chi ne ha dato una interpretazione assai discutibile e personale. Dopo quasi cinquant’anni di matrimonio, Jan ed Els hanno deciso di morire insieme. La chiamano bi-eutanasia. Lui, 70 anni, aveva un mal di schiena cronico. Lei era affetta da demenza senile. Entrambi hanno trovato insopportabile vivere così e vivere l’uno senza l’altra. «Se prendi un sacco di medicine, vivi come uno zombie», aveva ammesso Jan, «quindi, tenuto conto del dolore che provo e della malattia di Els, penso che dobbiamo mettere la parola fine a tutto questo». Nei Paesi Bassi, dove la coppia viveva, sta al candidato alla fossa decidere quando il dolore è diventato insopportabile. Così ha deciso la legge.

Il medico di famiglia si è rifiutato di fare da sicario: secondo lui, Els mancava della necessaria capacità di intendere e volere per chiedere la morte. Ma, anche in assenza di patologie neurodegenerative, quale ragionevolezza, quale sanità mentale può albergare in una persona che vuole togliersi la vita? È atto irragionevole e chi lucidamente lo vuole degrada le proprie facoltà menali al pari di quelle di un malato di Alzheimer.

In Olanda nel 2023 il 5% dei decessi è avvenuto non per morte naturale, ma tramite una forma particolare di omicidio: l’omicidio del consenziente o l’omicidio del non consenziente perpetrato per motivi pietistici. Insomma 9.068 persone sono morte per eutanasia. Tra queste, 66 se ne sono andate all’altro mondo in coppia. 33 casi di bi-eutanasia e il trend è naturalmente in crescita: 13 coppie nel 2020, poi 16 nel 2021 e infine 29 l’anno seguente. Tra questi casi anche quello dell’ex primo ministro olandese Dries van Agt e della moglie Eugenie, morti quest’anno (clicca qui).

Els van Leeningen e Jan Faber sono dunque morti il 3 giugno scorso, lui per un mal di schiena, lei perché guardava all’esistenza in modo sfuocato, con occhi troppo appannati. Vero: quando muore la persona amata, muori anche tu e, spesso, desidereresti congiungerti a lei al di là della morte. E non di rado accade che quando un coniuge esala l’ultimo respiro qui sulla terra per emetterne il primo in Cielo, anche l’altro si scopre a scrivere l’ultima pagina del suo diario e così anche lui (re)spira. Ma noi non abbiamo il dominio della nostra vita, ne siamo invece al servizio perché preziosissima, perché ci sovrasta con la sua magnificenza che si conserva intatta anche quando le sue gemme sfavillano della luce del dolore e dell’insufficienza.

Una bara per due sta dunque avendo una sinistra fortuna nei Paesi Bassi e come ogni mala pianta spargerà le sue sementi anche in altri Paesi a breve. I motivi? Potrebbero essere almeno due. Il primo è da rinvenire nel giudizio che la collettività olandese nutre nei confronti dell’eutanasia, un giudizio positivo. D’altronde è stata cresciuta a tulipani ed eutanasia sin dal 2002, anno del varo della relativa legge, e quindi la Donna con la falce è ormai diventata come un parente stretto, una di famiglia. Se dunque l’eutanasia è pratica moralmente buona, perché non bere dal suo calice anche in coppia?

In secondo luogo questo passo a due di una danza macabra si salda perfettamente con una certa narrativa sui legami amorosi nata già nell’antichità, ma che ha avuto accenti significativi nell’Umanesimo per poi esplodere nel Romanticismo. È il topos di eros e thanatos, un archetipo che salda l’amore alla morte per più motivi: il dolore letale per la perdita dell’amato (Tristano ed Isotta,  I dolori del giovane Werther, Forte come la morte di Guy de Maupassant); la forza trascendente della morte che scioglie per sempre le relazioni è il negativo della forza parimenti trascendente dell’amore che lega in modo indissolubile gli amanti (Orfeo ed Euridice in cui Orfeo si reca nell’Oltretomba per far tornare in vita Euridice; la Divina Commedia dove Dante incontra Beatrice); la volontà di morire per amore dell’altro (Il grande Gatsby);  la consunzione dell’amato per l’amante (Gustav von Aschenbach in La morte a Venezia di Thomas Mann); la morte come luogo in cui, purificato dalle scorie del contingente, l’amore potrà brillare nella sua adamantina perfezione (Il Piccolo Principe); il patto di morte stretto dagli amanti come necessario sigillo imperituro posto a fondamento del loro amore perché, se la vita finisce, la morte dura per sempre ed è dunque condizione perfettamente aderente alla natura dell’amore che è eterno (Romeo e Giulietta).

Seppur ricca di alcuni spunti suggestivi, questa retorica letteraria, in cui l’amato è la vita e la sua morte obbliga l’amore a scavalcare il tempo e lo spazio per giungere nell’Aldilà al fine di non separarsene mai, sta contribuendo non poco ad ammantare di fascinose vesti romantiche e decadenti la pratica della morte in tandem e a far scordare che sempre di omicidio o suicidio si tratta alla fine.



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