Ayman al Zawahiri, l'ideologo del terrore
Con l’uccisione di Ayman al Zawahiri muore la mente dell’11 settembre e l’ultimo membro di spicco di Al Qaeda, la rete del terrore. Ma soprattutto: il “curriculum” di Zawahiri dimostra quanto siano permeabili i confini fra i Fratelli Musulmani e i movimenti jihadisti più radicali.
Con l’uccisione di Ayman al Zawahiri muore la mente dell’11 settembre e l’ultimo membro di spicco di Al Qaeda, la rete del terrore. Ma soprattutto: il “curriculum” di Zawahiri dimostra quanto siano permeabili i confini fra i Fratelli Musulmani e i movimenti jihadisti più radicali. Zawahiri, infatti, ha iniziato nella Fratellanza il suo percorso di radicalizzazione. Ed è stata la Fratellanza l’incubatrice di gran parte delle sigle terroristiche che conosciamo da vent’anni.
Zawahiri, 71 anni, era cresciuto in un sobborgo del Cairo, da una famiglia medio-borghese, con parenti estremamente altolocati. Lo zio paterno era imam della moschea di Al Azhar del Cairo, uno dei luoghi più sacri all’islam sunnita, i cui insegnamenti sono seguiti in tutto il mondo. Un altro zio era segretario generale della Lega Araba. Cresciuto nell’Egitto laico e rivoluzionario di Nasser, anche per merito della sua famiglia molto religiosa, Zawahiri da adolescente si avvicinò ai Fratelli Musulmani, il più grande movimento islamista d’Egitto anche allora. Nel 1966, quando il leader spirituale della Fratellanza, Sayyid Qutb venne giustiziato dal regime nasseriano, il quindicenne Zawahiri fu arrestato per la prima volta per attività sovversiva. Il percorso di radicalizzazione, però, incominciò all’università. Di giorno studiava da medico (poi sarebbe diventato chirurgo) e di notte partecipava all’organizzazione di quella che sarebbe diventata la Jihad Islamica Egiziana nel 1973, un’emanazione ancor più radicale dei Fratelli Musulmani.
Nel 1981, a seguito del trattato di pace fra Egitto e Israele, del 1979, i Fratelli Musulmani decisero di “punire” il presidente Anwar Sadat. Durante l’annuale parata militare, un commando di terroristi infiltrati nell’esercito lo assassinò. Seguì una repressione durissima di tutti i movimenti islamici e il giovane Zawahiri fu tra gli arrestati. Venne trattato duramente in carcere e torturato ripetutamente. Completò il suo percorso di radicalizzazione. Quando venne rilasciato, nel 1985, si trasferì in Arabia Saudita. Si era nel pieno dell’occupazione sovietica dell’Afghanistan e il giovane medico e militante islamista si trasferì in Pakistan per dare una mano alla resistenza, fondando anche un capitolo locale della Jihad Islamica.
Il suo percorso terroristico incominciò seriamente nei primi anni ’90. Dopo la fine della guerra in Afghanistan, all’inizio del 1989, non tornò più nel Paese natale, ma girovagò fra Medio Oriente ed Europa, cambiando spesso identità. Mantenne comunque le redini della Jihad Islamica Egiziana, nel frattempo risorta dalle ceneri nel 1993. Ricercato dalla polizia e dai servizi segreti egiziani, mandava ordini via fax o con le prime email, nascondendosi e fuggendo alla caccia. Nel 1996 venne arrestato in Russia, mentre si nascondeva in Cecenia, assieme alla guerriglia islamica indipendentista. I russi tuttavia non riuscirono a stabilire subito quale fosse la sua identità e lo rilasciarono dopo sei mesi. Nel 1997, i servizi segreti statunitensi collegarono il suo nome e la sua identità al gruppo Avanguardia della Conquista, autore del massacro di turisti a Luxor. In quello stesso anno, Zawahiri si era trasferito in Afghanistan, a Jalalabad, ospite del nuovo regime dei Talebani. Da lì sarebbe iniziata la sua carriera di terrorista internazionale.
Fu in Afghanistan, fra il ’97 e il ’98 che incominciò a lavorare con Osama bin Laden, un altro terrorista, un altro ex sostenitore della resistenza ai sovietici in Afghanistan, ricercato dall’Arabia Saudita e dagli Usa. Bin Laden aveva già strutturato Al Qaeda, inizialmente concepita solo come rete di associazioni per sostenere i mujaheddin contro i sovietici. Poi rivolta contro gli ex alleati statunitensi, quando questi commisero il sacrilegio di insediare basi militari in Arabia Saudita nel 1990 (chiamati dal re, per altro, per difendersi dall’Iraq di Saddam Hussein). Nel 1991 Osama bin Laden ruppe con la famiglia saudita ed entrò nella clandestinità, prima in Sudan e poi in Afghanistan. Nel 1998 venne fondato da Zawahiri e bin Laden il nuovo Fronte Islamico Mondiale contro gli Ebrei e i Crociati, l’organizzazione che avrebbe organizzato tutti i più grandi attentati targati Al Qaeda, dagli attentati alle ambasciate statunitensi di Dar es Salaam e Nairobi, all’attacco a New York e Washington dell’11 settembre 2001.
Nel 1998, il Fronte Islamico Mondiale, aveva emesso una fatwa a cui pochi addetti ai lavori avevano dato peso. Mentre in realtà si trattava di una vera dichiarazione di guerra agli Usa, sulla base della quale vennero condotti tutti gli attentati negli anni successivi. Il testo è stato elaborato sulle idee di Zawahiri. Quattro sono i punti essenziali. Il primo punto è una dichiarazione del Jihad contro gli Usa, nel quale anche i bersagli civili sono ritenuti legittimi. Il secondo è una condanna alla presenza dell’esercito statunitense in Arabia Saudita. Il terzo è una condanna al sostegno dato dagli Usa allo Stato ebraico. Il quarto è una condanna all’embargo statunitense sull’Iraq (in conseguenza della guerra del 1991).
Zawahiri passò così dalla militanza nei Fratelli Musulmani al terrorismo in Egitto contro un governo condannato in quanto laico e infine al terrorismo internazionale contro gli Stati Uniti. Il tutto parte dall’infatuazione del giovane Zawahiri per le idee di Sayyid Qutb. L’ispiratore moderno della Fratellanza, rientrò da un viaggio negli Stati Uniti, nei primi anni Cinquanta, con la convinzione che la civiltà occidentale fosse perduta, moralmente corrotta in quanto secolare e secolare in quanto cristiana. Solo un abbandono completo delle idee occidentali e della secolarizzazione avrebbe potuto salvare l’islam dalla corruzione. Quindi si sarebbe dovuto instaurare uno Stato islamico che imponesse la legge coranica, interpretata rigorosamente. Anche lo stesso Zawahiri, una volta a processo, in Egitto, dichiarò, come è ormai noto: «Noi siamo musulmani e crediamo nella nostra religione. Cerchiamo di instaurare uno Stato islamico e una società islamica».
Prima questo progetto riguardava il solo Egitto, sua terra natale. Poi lo estese a tutto il mondo, puntando direttamente a colpire quella che vedeva come l’origine del male: l’America cristiana, moderna e secolare. Lo fece da ideologo e braccio destro di Osama bin Laden, finché questo non venne ucciso nel raid di Abbottabad, in Pakistan, nel 2011. Poi fu direttamente lui, il medico egiziano secolarizzato, a diventare il leader della rete del terrore. Fino al 30 luglio, quando un drone americano ha posto fine alla sua vita e al suo jihad.