Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
IL PRETESTO DEL COVID

Australia, dittatura sanitaria in azione. E fa paura

Stato di Victoria, una donna incinta viene arrestata in casa davanti ai suoi figli per aver promosso su Facebook una manifestazione anti-lockdown che pure prevede mascherina e distanziamento. È la punta dell’iceberg di un regime totalitario (polizia in casa anche senza mandato, chiese chiuse, coprifuoco, ecc.), imposto da un governo di sinistra, che ha introdotto lo “stato di disastro” senza alcuna giustificazione nei numeri

Attualità 04_09_2020

I peggiori incubi stanno diventando realtà: dove non può il Coronavirus, può la gestione del Coronavirus. Ballarat, stato di Victoria, Australia. Una donna incinta, ancora in pigiama, viene arrestata dalla polizia in casa, di fronte ai propri figli, per aver promosso su Facebook un evento contro il ferreo regime di lockdown imposto nello stato federato australiano con capitale Melbourne. L’accusa: istigazione a delinquere. Zoe Buhler, 28 anni, aveva usato il noto social network per pubblicizzare il “Freedom Day” di Ballarat, una manifestazione in programma per sabato 5 settembre e ora in forte dubbio, visto il pugno duro e le multe salate che la polizia ha promesso a chi si azzarderà a partecipare.

Quando la donna - “Zoe Lee” su Facebook - si è vista arrivare i poliziotti in casa è rimasta comprensibilmente stordita. Un video, che ieri sera contava circa otto milioni di visualizzazioni, mostra un agente nell’atto di esibire il mandato di perquisizione e successivamente spiegare a Zoe che il suo arresto è dovuto a quanto pubblicato su Facebook. Computer e cellulari sequestrati.

Eppure, nella descrizione dell’evento pubblicizzato dalla giovane si legge subito che si tratta di una «protesta pacifica» e si chiede a chi desidera partecipare di rispettare le misure di distanziamento sociale per non incorrere in arresti e di indossare una mascherina, eccetto che per eventuali deroghe mediche. Nessun proclama “negazionista” (come viene bollato ormai chiunque protesti a torto o a ragione), nessun invito all’eversione o all'imprudenza, ma solo l’idea di riunirsi per esprimere il proprio dissenso rispetto a un lockdown ritenuto eccessivo.

Dal filmato si vede che gli agenti di polizia non si fermano nemmeno quando apprendono che la donna è incinta e che di lì a un’ora, come dichiara lei, deve fare un’ecografia. «… she made a post» («ha fatto un post») dice a un certo punto il suo fidanzato, James Timmins, per sottolineare l’assurdità dell’arresto. E la donna, scossa, aggiunge che avrebbe preferito cancellare il post - dai contenuti assolutamente normali, come abbiamo visto - anziché essere ammanettata davanti ai suoi figli. Zoe è stata poi rilasciata su cauzione. Il 25 gennaio 2021 è attesa in tribunale e, secondo 9 News Australia, le è stata comminata una multa da 20.000 mila dollari.

Il caso di Zoe è solo la punta dell’iceberg del regime totalitario in cui sono stati catapultati i cittadini di Victoria - dove è al governo la sinistra - con il pretesto dello “stato di disastro”, un passo oltre il già allarmistico “stato di emergenza”, superato dalle misure di agosto. A Melbourne, 5 milioni di abitanti, alla polizia è stato dato il potere di entrare nelle case anche senza mandato per fare “controlli a campione”. Il capo della polizia di Victoria, Shane Patton, ha dichiarato il 3 agosto che il suo più importante impegno è «far rispettare le linee guida delle autorità sanitarie». Costi quel che costi, potremmo aggiungere. Nella stessa circostanza, Patton ha rivelato infatti che «in almeno tre o quattro occasioni nella scorsa settimana» gli agenti hanno rotto i vetri delle automobili con all’interno persone che si rifiutavano di fornire i dettagli anagrafici e di dire dove stessero andando.

Le nuove misure di lockdown per lo stato di Victoria prevedono il coprifuoco tra le 20 e le 5 del mattino, tranne che per ragioni di lavoro e di salute; durante il resto della giornata gli spostamenti sono possibili solo per lavoro, esercizio fisico, ricevere e dare assistenza, acquistare beni essenziali; le scuole sono chiuse, a parte che per bambini con bisogni particolari o figli di lavoratori autorizzati; le chiese sono chiuse, con l’eccezione dei funerali, a cui possono partecipare 10 persone al massimo; le mascherine sono obbligatorie anche all’aperto e perfino se si è da soli (l’ammanettamento della ragazza ripresa in questo video insegna); ci si può incontrare in pubblico solo con un’altra persona. E questo è il motivo per cui Zoe è stata accusata di istigazione a delinquere.

Ma su quali basi sono state prese misure talmente restrittive delle libertà personali? Toby Young ha spiegato che le nuove misure sono state adottate dopo che nei giorni precedenti era aumentato il numero di contagi accertati (su livelli, peraltro, percentualmente molto bassi) per via di un simultaneo, massiccio, incremento del numero di test eseguiti. Una situazione a cui stiamo assistendo anche in Italia. Scrive Young: «Sembra uno schema diffuso: su consiglio dei funzionari della sanità pubblica, un leader politico intensifica i test e introduce un programma di tracciamento; poi, quando il numero di casi inevitabilmente aumenta, il leader semina il panico e introduce nuove misure draconiane». Elementare.

Se allarghiamo lo sguardo all’intera Australia, abbiamo i seguenti dati ufficiali: 26.049 persone contagiate dal Covid, 678 morti. Seicentosettantotto morti su 25 milioni di abitanti. Praticamente, la terra dei canguri è fin qui tra le meno colpite dalla pandemia. Anche se i decessi e i contagi fossero tutti - e non lo sono - nello stato di Victoria (6,6 milioni di abitanti), si sarebbe ancora in una situazione proporzionalmente molto migliore di quella di tanti altri Paesi e in assoluto tale da non giustificare il terrore trasmesso alla popolazione, con relative restrizioni, come se si morisse solo e sempre di Covid.

In quel di Victoria è premier Daniel Andrews, laburista. Parlando ad agosto con Life Site News, padre Glen Tattersall, un parroco di Melbourne, ha definito Andrews «un radicale di sinistra con un amore per il potere dispotico». Cattolico di facciata, Andrews «ha un atteggiamento negativo contro la Chiesa: supporta l’aborto, i matrimoni tra persone dello stesso sesso, l’agenda Lgbt, l’eutanasia», ha sostenuto una legge che viola il sigillo sacramentale nei casi che riguardano abusi sessuali, si è espresso di fatto con disprezzo sull’assoluzione del cardinale George Pell. Padre Tattersall ha anche spiegato che i laburisti hanno governato lo stato di Victoria in 17 degli ultimi 21 anni e così «la sinistra radicale domina il sistema giudiziario e civile vittoriano a causa delle nomine politiche».

Ma lo stato di polizia seguito al Covid-19 sta anche avendo un risvolto positivo. Secondo il sacerdote alcune persone stanno realizzando le ingiustizie subite, la sproporzione tra la limitazione della libertà e la situazione reale: in breve, si stanno «svegliando e tornando a Dio». La conferma che fede e ragione camminano insieme.

Intanto, un parlamentare federale australiano, Craig Kelly, liberale, ha paragonato l’arresto della giovane incinta a un atto da Germania nazista. E non gli si può dare torto. Se non è dittatura sanitaria, questa, come la si dovrebbe chiamare?