Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
COVID-19

Anche il Senato Usa dice “no” all’obbligo vaccinale

Con i Repubblicani compatti, e il voto di due Dem, il Senato dice no (52-48) al mandato di Biden sul “green pass” all’americana per le aziende private con almeno 100 dipendenti. Obbligo già sospeso dalla Corte d’Appello per il Quinto Circuito, rivelando un'attenzione alle libertà personali e ai fatti assente in tanta magistratura e politica italiana.

Attualità 11_12_2021

Il draghismo dell’imposizione del lasciapassare sanitario appassiona solo una parte della politica statunitense (la sinistra), e neanche tutta. L’ultimo segnale in tal senso è giunto mercoledì 8 dicembre dal Senato, che con un voto di 52-48 su una proposta del Partito Repubblicano ha detto “no” all’obbligo previsto dalla Casa Bianca per le aziende private con cento o più dipendenti.

L’obbligo in questione - annunciato da Joe Biden a settembre e messo nero su bianco il 4 novembre dall’Amministrazione per la Salute e Sicurezza professionale (OSHA) del Dipartimento del Lavoro - stabilisce che le aziende interessate dalla nuova normativa devono sviluppare e far rispettare una politica di vaccinazione obbligatoria oppure, in alternativa, chiedere ai dipendenti o di vaccinarsi o di sottoporsi a test anti-Covid almeno una volta a settimana. Una linea, quest’ultima, che pure è ben più blanda del capestro istituito dal Governo Draghi che costringe di fatto moltissimi lavoratori a 3-4 test settimanali, con un notevole dispendio di tempo e denaro.

Il 52-48 di mercoledì al Senato ha la sua importanza perché ha visto tutti i Repubblicani votare compatti contro il “green pass” all’americana, con l’aggiunta di due Democratici: i senatori Joe Manchin e Jon Tester. Si tratta di un voto che nell’immediato avrà probabilmente una valenza solo simbolica, perché è difficile che la proposta passi alla Camera, dove i Dem hanno una maggioranza piuttosto rassicurante (221 contro 213), e perché comunque sarebbe sottoposta a un eventuale veto di Biden.

Tuttavia, rimane il fatto che una larga fetta della politica a stelle e strisce - diversamente da quanto succede in Italia - non è indifferente rispetto alle difficoltà cui stanno andando incontro milioni di lavoratori e famiglie in ragione di una gestione irrazionale del Covid-19 da parte del governo, seminante panico e divisione sociale. E poi, fa notare Life Site News, in vista delle elezioni di medio termine, in programma tra 11 mesi, si registra l’impegno di chi ha votato contro il suddetto obbligo. Che tra l’altro era già stato sospeso (e lo è tuttora) il 6 novembre, un giorno dopo la sua entrata in vigore, grazie a una decisione della Corte d’Appello per il Quinto Circuito, in accoglimento alle richieste avanzate da un gran numero di lavoratori e imprese.

Il sistema giudiziario statunitense, pur tra contraddizioni e limiti interni, evidentemente si sta dimostrando capace di controbilanciare alcune pericolose derive autoritarie del potere politico, proteggendo libertà personali che si vorrebbero sacrificare - negli Usa come da noi - sull’altare di un’emergenza permanente assunta come verità assoluta, ma smentita dalla complessità della situazione reale.

Dopo la decisione del 6 novembre, la Corte d’Appello per il Quinto Circuito ha respinto sei giorni più tardi anche il ricorso dell’Amministrazione Biden, che chiedeva di revocare la sospensione al lasciapassare sanitario per le aziende private con almeno cento dipendenti. Il panel di tre toghe - con il giudizio scritto da Kurt D. Engelhardt (uno degli oltre duecento giudici nominati da Donald Trump) - non solo ha sottolineato che il nuovo standard per lavorare emesso dall’ente governativo «eccede esageratamente l’autorità statutaria dell’OSHA», ma ha anche avvertito contro l’abuso del termine «emergenza», adoperato in modo strumentale per giustificare un obbligo di una gravità senza precedenti. Il mandato governativo, secondo i giudici d’Appello, «minaccia di gravare in modo sostanziale sugli interessi di libertà dei singoli destinatari riluttanti» a vaccinarsi, e che si trovano «messi di fronte alla scelta tra il loro lavoro e la loro vaccinazione [their job(s) and their jab(s), nell’originale]».

Significativamente, in una nota sulle libertà lese per certi lavoratori, la Corte d’Appello statunitense ha richiamato in modo esplicito la libera professione di fede. Tema che in Italia è ignorato non solo da magistratura e politica, ma anche in campo ecclesiale (presidenza della Cei inclusa), come se la questione delle linee cellulari ottenute da bambini abortiti fosse irrilevante. Non così la pensava la Pontificia Accademia per la Vita (a guida Sgreccia) che agli inizi del XXI secolo ha impiegato due anni per rispondere in modo organico a un quesito sui vaccini eticamente compromessi, affermando il dovere di invocare l’obiezione di coscienza (oggi dimenticata) e giustificandone l’uso solo in mancanza di alternative e in presenza di «grave incomodo».

Circostanze, queste, che sono lontane dal via libera generalizzato con cui molti cattolici hanno interpretato la nota della Congregazione per la Dottrina della Fede del 21 dicembre 2020 (quando, peraltro, in gran parte del mondo la vaccinazione anti-Covid non era nemmeno iniziata ed era molto diffusa la convinzione, errata, che i sieri fermassero i contagi). E ciò anche alla luce del diverso rapporto benefici-rischi in relazione all’età e alle condizioni personali, nonché delle possibili cure con farmaci off label e a basso costo già da tempo presenti sul mercato, eppure sottoposti a boicottaggi e demonizzazioni di autorità e media tanto in Italia quanto negli Stati Uniti e altrove, nonostante le ottime percentuali di successo testimoniate dai medici che li prescrivono. Si dovrebbe considerare anche questo, quando si fa la conta dei morti, anziché credere semplicisticamente che tutto dipenda da vaccino “sì”, vaccino “no”.

Pure negli States, come in Europa, si riscontrano lacune nel sistema che riporta gli eventi avversi da vaccino (Vaers): se è vero che quelli segnalati in tempi di Covid, con una correlazione da provare, rappresentano meno dell’1% delle dosi totali somministrate negli Usa, è anche vero che già nel 2010 un rapporto dell’Harvard Pilgrim Health Care, sottoposto all’Agenzia per la ricerca e la qualità sanitaria (AHRQ) del Dipartimento della Salute, avvertiva che attraverso il Vaers (basato su segnalazioni spontanee) «vengono segnalati meno dell’1% degli eventi avversi da vaccino».

A questi fatti la politica americana di parte repubblicana sa guardare, così come i giudici di area conservatrice, meno propensi a far calpestare diritti di rango costituzionale. In Italia, a parte la recente decisione del Tribunale di Padova in tema di vaccinazione anti-Covid obbligatoria, con l’invio degli atti alla Corte di Giustizia dell’Ue, ci sono ben pochi sussulti in campo giudiziario. A livello politico la situazione appare anche peggiore, con il centrodestra al potere che è appiattito sulle posizioni della sinistra e, in alcuni casi (vedi certi governatori), riesce perfino a essere più radicale e oppressivo.