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IL CASO

Vaccini e Green Pass, il cortocircuito dei cattolici

Sulla questione dei vaccini anti-Covid e della loro obbligatorietà si sta realizzando una spaccatura netta anche all'interno di movimenti e associazioni pro-life. Ma il partito del "vaccino obbligatorio" non fa i conti con l'effettiva sicurezza ed efficacia del siero, decisamente molto limitata.
- CASO MIETTA, CACCIA  AL POSITIVO NON VACCINATO, di Andrea Zambrano

Vita e bioetica 26_10_2021

Un fenomeno nuovo, evidente e inquietante legato alla questione vaccini e Green Pass è la divisione, anzi, per meglio dire, la spaccatura profonda che si registra nel mondo cattolico definito come pro-life. Compagni di tante battaglie si stanno sparando l’un contro l’altro in un crescendo di aggressività sconcertante, a colpi di dottrina e bioetica. Soprattutto, si deve riconoscere, chi ha sposato l’obbligatorietà del vaccino si distingue per durezza e disprezzo di chiunque abbia anche solo dei dubbi sull’inoculazione del vaccino anti-Covid. Disprezzo che comincia già con l’etichetta no-vax affibbiata con l’evidente intenzione di squalificare già gli interlocutori. 

Sicuramente ci sarà anche qualcuno che possa sentirsi definito da questa etichetta, ma nella stragrande maggioranza dei casi stiamo parlando di persone che hanno legittimi dubbi su sicurezza ed efficacia dei vaccini ora in circolazione e che in ogni caso rifiutano altrettanto legittimamente la vaccinolatria che è ormai diventata pensiero unico. A maggior ragione queste persone rifiutano il Green Pass, almeno così come è applicato in Italia, che oltretutto è una misura politica che con la salute pubblica ha poco a che fare. E quindi, al massimo, si potrebbe parlare di free-vax, se proprio è necessario mettere un’etichetta.

Da questo punto di vista un’interessante opera di chiarificazione nasce dal confronto tra due eventi svoltisi sabato scorso: il convegno di Roma, “Salute dei malati e salvezza delle anime” organizzato da Voice of the Family (qui una sintesi delle relazioni), e la Giornata della Bussola (“Non avete ricevuto uno spirito da schiavi…”), svoltasi a Palazzolo sull’Oglio, al cui interno ci sono stati due importanti interventi sulla questione Covid e vaccini, dal punto di vista scientifico e teologico (pubblicheremo nei prossimi giorni i testi e la registrazione video del professor Paolo Bellavite e di don Mauro Gagliardi).

Da un esame dei due eventi si ha la sensazione che ci sia una certa sintonia sui princìpi (del resto stabiliti dal Magistero), ma un totale disaccordo sulla realtà a cui questi princìpi si applicano. E si sa, se cambiano i dati della realtà, gli stessi princìpi possono portare a conclusioni opposte. Un punto fondamentale è la liceità morale dei vaccini anti-Covid, dato che in qualche fase della loro preparazione hanno usato cellule da feti abortiti. È curiosamente passata l’idea nel mondo cattolico che la Chiesa li giudichi moralmente leciti tout court. In realtà, seppure nel tempo si sia persa la forza nell’affermarlo, la Chiesa ha posto dei “se” e anche un “ma”.

I “se”, cioè le condizioni, sono essenzialmente lo stato di necessità e la mancanza di vaccini alternativi, eticamente ineccepibili. Nelle posizioni vacciniste si dà per scontato che la pandemia sia gravissima e impossibile da fermare se non con il vaccino, e si sprecano i paragoni con le grandi pandemie del passato, anche per giustificare i lockdown e il Green Pass. Ora, non va ovviamente sottovalutata la pericolosità del Covid; ma fare un paragone con, ad esempio, la Spagnola è intellettualmente disonesto. L’influenza Spagnola che colpì il mondo tra il 1918 e il 1920 ha provocato in due anni decine di milioni di morti (le stime variano tra i 20 e i 100 milioni) su una popolazione mondiale che allora non arrivava a due miliardi. I contagiati furono circa 500 milioni, vale a dire un quarto dell’intera popolazione. In proporzione oggi dovrebbero essere contagiate due miliardi di persone con decessi che variano dagli 80 ai 400 milioni. Dopo due anni di Covid parliamo invece di 245 milioni di contagi e meno di 5 milioni di morti, peraltro cifre che – come abbiamo visto per l’Italia – necessiterebbero di molti chiarimenti. In ogni caso si tratta di cifre importanti, non va negato, ma parliamo di una scala di grandezza ben diversa. Senza contare i mezzi che abbiamo oggi a disposizione per tenere controllati i contagi. E senza considerare la gravità delle reazioni avverse ai vaccini che, come dimostra la nostra inchiesta, è un fenomeno preoccupante quanto censurato.

Inoltre si dà anche per scontato che il Covid colpisca in modo grave senza distinzione, e anche questo non è vero: se tutti rischiano il contagio, i decessi riguardano soprattutto le persone molto anziane e quelle con diverse patologie pregresse. Evidenziare tale aspetto non vuole dire dare meno importanza perché non ci importa degli anziani, è esattamente il contrario: il fatto che la mortalità riguardi soprattutto una fascia d’età, vuol dire che possono essere messi in atto strumenti di prevenzione e di cura ben indirizzati. E lo stato di necessità quindi si può applicare propriamente soltanto a questo settore della popolazione. In ogni caso, il professor Bellavite ha mostrato come il rischio assoluto di ospedalizzazione vari enormemente a seconda dell’età.

Quanto alle alternative, anche nel convegno di Roma si riscontra il limite di focalizzarsi soltanto sui vaccini. Ma le alternative sono anche le cure domiciliari, che andrebbero attivate ai primi sintomi per avere la migliore efficacia. Una recente ricerca dell’Istituto Mario Negri, come ha citato ancora il prof. Bellavite, ha mostrato come il rischio di ospedalizzazione per chi viene curato immediatamente con antinfiammatori, rispetto al protocollo ministeriale basato su tachipirina e vigile attesa, si riduce dall’11,1 allo 0,9%.

Quanto al “ma”, i documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede e della Pontificia Accademia per la Vita indicano la necessità di fare azione di lobby nei confronti dei governi e delle case farmaceutiche per fermare l’uso di cellule da feti abortiti. E su questo purtroppo – è stato denunciato anche al convegno di Voice of the Family – c’è il silenzio più totale da parte della Chiesa e degli stessi gruppi organizzati. È comprensibile che per il singolo fedele sia ben difficile prendere iniziative efficaci in tal senso, ma la voce della Chiesa dovrebbe farsi sentire forte. Basta guardare i successi dei gruppi animalisti nell’imporre che i nuovi farmaci non siano testati sugli animali, per capire quale vuoto dei cattolici ci sia qui.

Un altro importante punto riguarda il bene comune. Vale a dire la convinzione che vaccinarsi vada considerato un dovere morale sia per tutelare la propria vita sia per tutelare quella degli altri. Ma questo potrebbe essere vero se il vaccino avesse un effetto sterilizzante, ovvero se l’iniezione garantisse l’immunità. Ma non è affatto così: dai dati disponibili appare evidente che il vaccino ha il potere, entro un certo livello, di attenuare i sintomi nel caso di contagio, ma tale efficacia è di breve durata, tanto che i paesi che hanno concluso rapidamente la vaccinazione con le prime due dosi - vedi Regno Unito e Israele - hanno già iniziato la terza e già si parla di una quarta dose entro sei mesi dalla precedente.

Inoltre il vaccino non elimina la possibilità di contagio, il che fa venir meno tutto il discorso della solidarietà. Anzi, l’istituzione del Green Pass paradossalmente può favorire la diffusione del virus, perché molto facilmente un vaccinato contagiato ma asintomatico o paucisintomatico andrà in giro incontrollato a diffondere il virus. Il che impedisce che la vaccinazione favorisca il bene comune: come ha sintetizzato il prof. Bellavite, il vaccino può essere di beneficio – limitato – per il singolo, ma è nullo per la collettività. Rifiutare il vaccino, dunque, in questo caso non ha nulla di anarcoide o individualista, è la constatazione dei limiti del vaccino stesso.