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IMMIGRAZIONE E NAUFRAGI

Zuppi smentisce, ma non convince

Monsignor Zuppi ci scrive per smentire che nella veglia di preghiera per la Giornata del migrante abbia sostenuto che ci sono stati morti in mare a causa dei porti chiusi. Fa piacere che lo dica, ma rileggendo il testo del suo intervento è naturale che il lettore faccia proprio quell'equazione.

Attualità 27_06_2018
Monsignor Matteo Zuppi

Gentilissimo Riccardo Cascioli

leggo oggi, a firma Luisella Scrosati, un articolo che mi riguarda pubblicato da “la Nuova Bussola Quotidiana” che lei dirige. Non è mia abitudine rispondere, tanto meno a chi si definisce “un gruppo di giornalisti cattolici, accomunati dalla passione per la fede, che vogliono offrire una Bussola “per orientarsi tra le notizie del giorno”. Spero conservare un senso di Chiesa che mi aiuta a capire dove sta il nemico e a difendere nostra unica Madre e quindi istintivamente stare dalla parte di chi se ne sente figlio. Indebolirci in accuse, risposte, veleni, interpretazioni confondono la lotta a colui che è sempre il divisore, peggio se riesce ad indossare motivazioni difensive della stessa Chiesa. Ma è solo per amore di verità e perché mi si accusa di intervento politico. Vorrei proprio fugare il dubbio, per me e per i vostri lettori.

Io non ho mai detto nella Veglia di preghiera organizzata a Bologna da Caritas Diocesana, Migrantes e Comunità di Sant’Egidio in occasione della giornata del migrante, - appuntamento peraltro annuale quindi senza nessun sospetto di opportunità legate al contingente - che ci sono stati morti in mare perché i porti sono chiusi. Ho iniziato così la mia omelia: Dal giornale di ieri: “Ci sono anche una donna incinta e una giovane mamma con la sua neonata tra le oltre settanta vittime del naufragio avvenuto la settimana scorsa al largo della Libia, i cui superstiti sono stati recuperati da una nave della marina militare statunitense. La tragica notizia giunge nel giorno in cui si celebra la giornata internazionale del rifugiato e mentre l’Europa cerca di elaborare un progetto comune per affrontare l’emergenza”. Fa piangere una notizia così, una delle tante. Non ci possiamo mai abituare a questo. Quell’una donna incinta e una giovane mamma con la sua neonata, quei settanta inghiottiti dal mare come quei poveri morti buttati in mare come tomba perché i porti erano chiusi, questa sera vorremmo avessero un nome. Ne hanno uno per tutti: Lazzaro, sono tutti poveri Lazzaro. Oggi preghiamo. Uniti, perché di fronte al dolore non ci si divide, si mette da parte ogni contrapposizione, il gusto di sentirsi contro, perché siamo tutti dalla parte della vittima, di chi è morto. Pregare può sembrare poco quando pensiamo a quello che sta accadendo, alle tante agitazioni, alla ricerca di una soluzione rapida ad un problema complesso, alla tentazione di rimandare e non fare nulla, alla improvvisazione o al rozzo protagonismo di pensare che tutto inizia oggi e con me stesso, ai giudizi temerari che oscurano sentimenti di umana pietà e che smarriscono anche il comune buon senso. Oggi preghiamo perché la preghiera ci insegna a vivere, ad essere realisti, a scegliere cosa fare, a disinquinare l’aria intossicata da aggressività e rabbia, da vittimismo e banale egoismo. Come credenti ci uniamo all’invocazione di tanti fratelli più piccoli di Gesù che sono morti di speranza. Il loro grido, come quello di tutti i poveri uomini la cui sofferenza diventa invocazione, ci chiede di unirci alla loro preghiera”.

Peraltro, proprio per evitare speculazioni di qualsiasi tipo, poco dopo ho aggiunto: “Stasera la chiesa vuole essere quella che è: una madre che non vuole e può dimenticare nessuno dei suoi figli, tutti, prima i più deboli, come deve essere, dall’inizio della vita fino alla sua fine. Non fa politica. Ama i suoi figli”. Mi dispiace che proprio una realtà seria e cattolica come la Bussola al contrario mi accusa di politica.

L’autrice lo motiva, dicendo che “ci si deve aspettare di essere tirati dentro l’arena politica e non ci si deve poi rifugiare dietro commoventi frasi ad effetto: “Di fronte al dolore non ci si divide, si mette da parte ogni contrapposizione, il gusto di sentirsi contro, perché siamo tutti dalla parte dea vittima, di chi è morto”.

Non sapevo che la Bussola fosse l’Arena politica o ambisse ad esserlo. Mi dispiacerebbe se così fosse. Le “falsità che lo stesso Zuppi ha pronunciato” come scrive l’autrice, non sussistono perchè è evidente nella mia frase che i porti chiusi si riferivano solo ai morti buttati in mare, notizia riportata da varie agenzia stampa e ripresa da molti giornali. L’autrice scrive che “se si vuole pregare, si preghi: si supplichi il Signore, si interceda, si offrano suffragi per le vittime. Ma non usiamo la preghiera per dire che chi chiude i porti è un assassino”. Giusto. La preghiera è tale. Se però viene interpretata altrimenti, per di più senza nessun riferimento nel testo pronunciato, sorgono i dubbi del perché di tale lettura e allora sì, si finirebbe per individuare fini politici. Certamente è stata solo una lettura affrettata a causare l’incomprensione. Credo però utile chiarire il mio pensiero perché troppo spesso le interpretazioni finiscono per sostituire la verità. 

Grazie e buon lavoro.

+ Matteo Zuppi


Gentile monsignor Zuppi,

prendo atto con piacere che la sua intenzione non era quella di affermare che le morti in mare fossero conseguenza diretta della chiusura dei porti. E anche che non intendeva buttarla in politica. 
Mi fa sinceramente piacere che lei lo dica. Però deve convenire che le parole da lei pronunciate, che mettevano insieme anche due diversi episodi avvenuti nel Mediterraneo, ben si prestavano alla lettura che ne ha dato Luisella Scrosati. Peraltro in questa interpretazione siamo in buona (si fa per dire) compagnia: tanto per fare un esempio, il quotidiano Repubblica così ha titolato a proposito del suo intervento: «Profughi, la veglia del vescovo di Bologna: "Sono morti perché i porti erano chiusi"» (clicca qui). A proposito, immagino che analoga smentita avrà inviato anche al quotidiano Repubblica.

Come dicevo, lei ha messo insieme due distinti episodi: il primo, quello che riguarda la donna incinta, la giovane mamma e gli altri settanta profughi; e il secondo che si riferisce ad una non ben specificata situazione in cui cadaveri umani sarebbero stati gettati in mare. In quest'ultimo caso sicuramente lei alludeva ad un episodio di metà giugno, che ha visto protagonista sempre la nave Trenton. Nella fattispecie però, si tratterebbe di dodici cadaveri prima avvistati in mare e poi non più ritrovati. La Trenton ha infatti smentito di aver gettato in mare dei corpi senza vita (clicca qui) ed ha anche fatto sapere di essere provvista di celle refrigeranti in grado di conservare eventuali cadaveri. Insomma, era una fake news - come va di moda oggi dire e condannare - che serviva come arma di propaganda contro il governo italiano. Purtroppo anche lei deve essere caduto nella trappola. 

Ad ogni modo l'accostamento di due episodi tragici (di cui uno falso, abbiamo visto), associato a una decisione del governo italiano che sta animando la cronaca politica da settimane, è ovvio che dia adito a una lettura politica e faccia scattare l’equazione "chiusura dei porti=aumento delle tragedie". E questo a prescindere dalle sue intenzioni.
Riccardo Cascioli