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DECRETO RILANCIO

Zero risorse dal governo, la notte dei movimenti pro-family

Delusione delle associazioni pro-family per il Decreto Rilancio che ignora totalmente i bisogni delle famiglie. Ma l'associazione Family Day minaccia le manifestazioni di piazza mentre il Forum della Famiglia (Cei) mantiene il dialogo con il governo. Segno che nel mondo pro family prevalgono le opzioni politiche sul bene della famiglia. Ma c'è un motivo più profondo che spiega l'inefficacia delle associazioni familiari: agiscono come se in questi 50-60 anni non fosse cambiata completamente la cultura e la stessa percezione di cosa sia la famiglia. E senza neanche rendersene conto assumono la stessa mentalità del mondo.
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Famiglia 16_05_2020

Urla e strepiti, da destra e da sinistra. Il Decreto Rilancio, varato l’altro giorno, non prevede nulla per la famiglia. S’indigna Massimo Gandolfini, presidente dell’Associazione Family Day, politicamente vicino all’opposizione; ma si straccia le vesti anche Gigi De Palo, presidente del Forum delle Associazioni familiari, espressione della Conferenza episcopale (Cei), che ha sempre flirtato con questo governo.

Nessuna delle richieste fatte, dall’uno e dall’altro, è entrata nel decreto del governo. Le richieste peraltro andavano nella stessa direzione, con due pilastri fondamentali: assegno mensile per ogni figlio, congedi parentali straordinari; più aiuti vari per le spese legate alla sospensione della scuola. 

E quindi la profonda delusione è palpabile e più che giustificata, ma con una differenza: mentre in Gandolfini sfocia in rabbia, che lo spinge ad evocare una necessaria manifestazione di piazza (se e quando le condizioni lo permetteranno), in De Palo quella stessa delusione si stinge in amarezza, ulteriormente stemperata dal giudizio di Avvenire (il cui editore è anche il datore di lavoro di De Palo), per cui le mancanze del governo riguardano appena la proporzionalità degli aiuti ai componenti familiari. Insomma, uno spara una cannonata e l'altro dà un buffetto. Ieri peraltro nel condurre l’incontro in streaming organizzato dal Forum in occasione della Giornata Internazionale della Famiglia, De Palo ha ripetuto innumerevoli volte che quella non era l'occasione per fare polemica, sebbene fosse lì presente il ministro della Famiglia, a cui è stato quindi permesso di svicolare dal tema.

Qui troviamo subito una prima risposta al perché della sostanziale inefficacia del movimento pro-family: c’è una opzione politica che prevale sul bene della famiglia. Se lo stesso risultato si fosse ottenuto con un governo di segno opposto, avremmo certamente visto invertirsi le parti di Forum Famiglie e Associazione Family Day, come in effetti è avvenuto in occasione della Finanziaria varata dal governo Lega-5Stelle.

Certo, il centro-destra è almeno idealmente più sensibile al tema della famiglia; certo nella Finanziaria approvata da un governo in cui il ministro della Famiglia era leghista si raccolsero almeno delle briciole invece che il niente attuale. Ma resta il fatto che se non si pone con serietà il tema della famiglia, con realismo e senza farsi illusioni, a prescindere da chi sia l’interlocutore, non si può avere credibilità né forza contrattuale.
Peraltro porre con serietà il tema della famiglia significa anche uscire dalla semplice logica sindacale che porta a rivendicare dei miglioramenti sulla base della forza dei numeri (siamo in tanti, senza di noi il paese non va avanti, quindi ci dovete dare quello che chiediamo). Per carità, è vero che anche i numeri sono importanti, ma la questione famiglia riguarda la società nel suo insieme, è una questione ontologica prima che giuridica ed economica.

Ed è qui che troviamo una seconda e più profonda ragione dell’inefficacia del movimento pro family. Si ragiona come fossimo ancora fermi a 60 anni fa, ma la cultura oggi è profondamente cambiata insieme alla concezione della famiglia; anzi, oggi nessuno più comprende il termine famiglia e cosa significhi per una società. Per questo i governi, davanti alle tante necessità che una situazione di crisi pone, pensano a tutto meno che alla famiglia in sé: finanziano i monopattini (è la conversione ecologica, bellezza) ma non pensano alla necessità del rapporto tra genitori e bambini.

Pensiamo semplicemente una cosa: se oggi dovessimo riscrivere la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948), sicuramente non vi troverebbe posto l’articolo 16, ormai incomprensibile all’uomo d’oggi. Qui si riconosce che «la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società» e per famiglia si intende esplicitamente quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Sulla stessa lunghezza d’onda è anche la Costituzione italiana, anch’essa entrata in vigore nel 1948.

Tralasciando in questa sede la questione del matrimonio, chi oggi sarebbe in grado di comprendere e spiegare il concetto di famiglia come cellula fondamentale della società? Veniamo da decenni di propaganda martellante – fortemente spinta anche attraverso le agenzie dell’ONU – che ci ha convinti che la cellula fondamentale della società sia l’individuo e non la famiglia; e che anzi la famiglia sia la prima minaccia alla libertà e alla sicurezza della persona. Su questo si sono costruite tutte le politiche globali, su questo si è modellata anche la legislazione italiana. Le unioni esistono in quanto contratti privati tra individui, incluso il matrimonio. 

E il termine famiglia indica ormai qualsiasi tipo di unione, tale che il rapporto tra matrimonio e famiglia è ormai incomprensibile. Oggi, in Italia e non solo, se si osa affermare che la famiglia è solo quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna si corre il rischio della denuncia, ma si è certi di essere messi alla gogna ed emarginati. Prima ancora, si è considerati dei marziani.

Del resto nel corso degli anni si sono approvate molte leggi che, una dopo l’altra, hanno profondamente cambiato il diritto familiare e soprattutto la percezione di cosa sia la famiglia. Nella pratica già da tempo non esiste più una differenza di trattamento tra la famiglia naturale e qualsiasi altro tipo di nucleo; con la legge Cirinnà (2016) poi, che ha legittimato le unioni tra persone dello stesso sesso, si è compiuto il passo decisivo per il capovolgimento del concetto di famiglia.

Al punto che oggi parlare di politiche familiari – come le abbiamo sempre intese, riferite alle famiglie naturali e aperte alla procreazione – non ha più senso. Quando tutto è famiglia, niente lo è più. Lo avevamo scritto chiaramente già al tempo della legge Cirinnà (clicca qui) e oggi è ancora più vero. Per quali famiglie De Palo e Gandolfini chiedono un intervento dello Stato? Inevitabilmente ciò che un Parlamento decidesse in materia di politica familiare sarebbe rivolto indistintamente a tutti e non solo alle famiglie naturali. Se davvero i movimenti pro-family lottassero per la famiglia come è descritta nella Costituzione e nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, dovrebbero specificare bene, perché parlerebbero un linguaggio che la nostra cultura, prima che la politica, non comprende più, anzi lo troverebbero fortemente discriminatorio.

Eppure non c’è altra strada se non quella della chiarezza, richiamando costantemente la verità sull’uomo e sulla famiglia. Se non si ritorna all’origine, ogni discorso sulla famiglia diventa incomprensibile. Qualsiasi altra strada può sembrare una strategia intelligente per mantenere il dialogo con il mondo, ma in realtà – come vediamo dall’attualità – è sterile dal punto di vista politico e un suicidio dal punto di vista culturale. Perché lungi dall’influenzare la società, sono proprio i movimenti pro-family e la stessa Chiesa ad assumere la mentalità del mondo, anche inconsciamente.

Una esempio? Ieri all’incontro del Forum per la Giornata Internazionale della Famiglia è intervenuto anche il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti: solito discorso sull’importanza della famiglia, ma richiamando più volte al fatto che in Italia ci sono 26 milioni di famiglie. Stesso numero citato dal presidente del Forum, De Palo, nella lettera inviata lo scorso 30 aprile al presidente del Consiglio Giuseppe Conte in cui fa le richieste in vista del Decreto Rilancio. Ventisei milioni di famiglie? Su 60 milioni di abitanti? Non vi sembra una cifra strana se pensiamo alla composizione di una famiglia naturale? Infatti lo è: perché 26 milioni (anzi 25.7 per l’esattezza) corrisponde alla definizione di famiglia assunta dall’Istat per le statistiche nazionali, ovvero: «Un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela, o da vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso comune. Una famiglia può essere costituita anche da una sola persona».

Quindi in Italia ci sono 8.5 milioni di famiglie unipersonali e 17.2 milioni di nuclei con almeno due persone. Le famiglie naturali sono in realtà intorno ai 12 milioni, di cui un terzo non hanno figli. Fa dunque una bella differenza dividere una cifra X – ammesso che sia disponibile - tra 12 o 26 milioni di famiglie; destinare una cifra al nucleo fondamentale della società, quel nucleo senza il quale una società muore, o dare indistintamente a tutti.
Chiesa e associazioni familiari dovrebbero rifletterci.