Virologi in politica: comunque sempre a sinistra
In crisi d'astinenza dalla tv e incuranti delle continue smentite alla "narrazione ufficiale" che hanno diffuso a reti unificate, aumentano i "luminari" che affidano la popolarità acquisita prima ai libri e ora alla politica. Stavolta tocca a Pregliasco, candidato in Lombardia con il centrosinistra. E non è il primo, da Crisanti a Lopalco.
Durante la pandemia il “Festival della virologia a reti unificate” è stato una delle note dominanti. Nel pontificare sulle origini del virus e i rimedi per frenarne la circolazione, infettivologi, virologi, epidemiologi hanno imperversato su tutti i media e sono stati considerati per lungo tempo i “fari” nel buio del Covid. La gente si è lasciata incantare dalle loro parole e ha uniformato i propri comportamenti alle loro indicazioni, senza preoccuparsi di verificarne, nel lungo periodo, l’attendibilità.
La storia si è già incaricata di smontare gran parte della narrazione ufficiale sulla pandemia e dunque di svelare il protagonismo tutt’altro che disinteressato di molte di quelle figure di scienziati che hanno affollato 24 ore su 24 le trasmissioni televisive e radiofoniche e le prime pagine delle testate cartacee più importanti.
Per quasi due anni hanno giocato a chi la sparava più grossa, contribuendo a terrorizzare l’opinione pubblica e provocando anche danni psicologici con i quali stiamo facendo tuttora i conti, anzi forse siamo solo all’inizio. Per non parlare delle recenti tragiche statistiche sull’incremento enorme dei casi di tumori gravi, dovuto alla polarizzazione improvvida di tutte le risorse sanitarie sulle azioni di contrasto al covid, con inevitabile tendenza a trascurare tutte le altre patologie. Gli italiani si sono quasi divisi in fazioni, dichiarando di credere maggiormente a uno scienziato piuttosto che a un altro. I più pessimisti trovavano il loro riferimento ideale in Galli, mentre i meno allarmisti in Bassetti.
I diretti interessati, intuendo di poter capitalizzare il patrimonio di consenso popolare accumulato con le continue comparsate in tv, si sono dati alla pubblicazione di libri, hanno assecondato ogni opportunità di sovraesposizione e, quando il Covid ha allentato la morsa, sono andati in crisi. Crisi di astinenza da tv in particolare. Ovviamente se arriva la guerra e se ci sono cose più importanti di cui parlare, il virus passa in secondo piano e con esso tutti coloro che ne hanno parlato per due anni.
Ma non c’è limite al peggio e infatti i virologi, consapevoli che senza un covid mortale in tv non ci sarebbero più andati, ci stanno mettendo del loro per rendersi ancora più invisi all’opinione pubblica. Sfruttando la notorietà immeritatamente conquistata, provano a chiedere ai cittadini un voto per sé, cioè si candidano alle elezioni.
L’ultimo in ordine di tempo è Fabrizio Pregliasco, che nei giorni scorsi si era segnalato all’attenzione generale per nuovi allarmi su nuove ondate mortali di Covid e aveva raccomandato mascherine e vaccini a tutti. Ieri ha annunciato che si candiderà alle elezioni regionali in Lombardia, previste per il 12 e il 13 febbraio, nello schieramento di centrosinistra che sostiene Pierfrancesco Majorino. Punta cioè a fare il consigliere regionale di opposizione, visto che il parlamentare europeo dem non ha alcuna possibilità di vincere, stando a tutti i sondaggi. Pregliasco sarà uno dei tanti che approfitterà della sua notorietà acquisita durante la pandemia per entrare nelle istituzioni e ricevere un lauto stipendio pagato da tutti i cittadini.
Ma non è il primo. A qualcuno come Andrea Crisanti, eletto nelle file del Pd alle scorse politiche del 25 settembre, è già andata bene. Ad altri come Pier Luigi Lopalco, già consulente della Regione Puglia, poi assessore regionale alla sanità pugliese, non è andata benissimo. Infatti Lopalco non è stato eletto in Parlamento.
Matteo Bassetti, un tempo leader degli ottimisti sul Covid ma lentamente risucchiato nel recinto dei vaccinisti dogmatici, le ha tentate tutte. In tv si dichiarava disponibile a candidarsi o a essere utile in un ruolo di governo. I bene informati sostengono che si fosse proposto come ministro della salute, ma che il suo ostracismo nei confronti dei no vax e il suo camaleontismo più volte dimostrato sul Covid (a maggio 2020 escludeva una seconda ondata, mentre nel dicembre 2020 diventa un oltranzista del vaccino per tutti) non gli abbiano giovato. Risulta molto vicino al governatore della Liguria, Giovanni Toti, ma evidentemente solo a lui, perché il resto del centrodestra non lo ha minimamente preso in considerazione per incarichi.
E così ora lui, sempre meno invitato in tv, si consola con le vendite del suo libro. Peraltro quello è stato uno dei filoni vincenti di gran parte dei virologi. Quasi tutti loro, non contenti di aver sbagliato interpretazioni e previsioni sull’andamento della pandemia, hanno messo nero su bianco le loro riflessioni producendo libri anche molto venduti, sull’onda della visibilità coltivata in tv. Per non parlare dei cachet spesso riscossi per partecipare alle trasmissioni tv o alle conferenze tenute in tutt’Italia tra un’ondata e l’altra o a fine pandemia.
Quella della strumentalizzazione del virus da parte dei virologi è una delle tante pagine indegne della gestione della pandemia nel nostro Paese. Per questo c’è da sperare che, pur con tutti i problemi urgenti che il Paese dovrà affrontare nei prossimi mesi, non cada nel dimenticatoio la proposta di istituire una commissione d’inchiesta che indaghi su quanti danni la sciagurata gestione del Covid da parte dei decisori istituzionali ha prodotto agli italiani. Anche con la complicità di certa informazione-spettacolo, poco attenta ai fatti veri e sempre alla ricerca di scoop e trovate a effetto.