Vanier, l'abusatore seriale che si spacciava per "lo Sposo"
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Seconda parte dell'agghiacciante resoconto degli abusi perpetrati per decenni nella comunità de "L'Arche". Il legame tra P. Philippe e Vanier doveva restare all'oscuro del Sant'Uffizio così come le pratiche dissacranti che ricoprivano di terminologia biblica una vera e propria ossessione sessuale, con decine di vittime (continua dalla prima parte).
«Raymond è venuto con me a Trosly. Vi parlerà dei progetti de L’Arche perché è questo il nome dell’opera… L’Arca di Noé che accoglie tutti i piccoli animali per salvarli e che galleggia (ma non bisogna dirlo al Sant’Uffizio!) su l’Eau vive!». Questo stralcio di una lettera di J. Vanier ai suoi genitori (2 giugno 1964) spiega con chiarezza il legame tra la “creatura” di P. Thomas Philippe e quella di Vanier. Legame che doveva essere tenuto rigorosamente nascosto non solo attraverso il silenzio, ma anche mediante quella che sarà la grande copertura che permetterà a P. Thomas di riemergere e a Vanier di spiccare il volo: il servizio ai malati mentali. Così come l’Eau Vive era stata fondata con la copertura della diffusione della filosofia e della teologia tomista. Va da sé che moltissime persone di grande carità hanno collaborato con L’Arche per amore verso i più sofferenti. Ma rimane il fatto che L’Arche nasce con il preciso scopo di ripetere l’esperienza malata de l’Eau Vive.
Nonostante le sanzioni comminate a P. Thomas e la proibizione di aver ancora contatti con i membri de l’Eau Vive, egli continuò con diversi sotterfugi ad incontrarli, a compiere pratiche mistico-sessuali ed anche a fare nuovi adepti. Fino al luglio del 1963, quando P. Thomas poté tornare in Francia e, grazie alla sua apparente “buona condotta”, essere liberato dalle sanzioni.
Ma in questo riferimento all’Arca di Noè c’è di più. Nelle lettere di J. Vanier e in alcune testimonianze su di lui e su P. Marie-Dominique Philippe, emerge di continuo il riferimento alle nudità di Noè, coperte da Sem e Iafet, e rivelate da Cam. Nella loro lettura dell’episodio biblico, Cam è maledetto per aver parlato, mentre gli altri due fratelli sono benedetti per aver taciuto. Ancora nel 1990, di fronte alle lamentele che un anziano membro de L’Arche rivolgeva a P. Marie-Dominique, in collera per gli abusi che sua moglie aveva subito da P. Thomas, il domenicano rispose: «“Lei non è dentro la coscienza di P. Thomas”. Poi mi parlava di Sem e Iafet, che avevano coperto la nudità di Noé, camminando all’indietro per non vedere la sua nudità».
Si tratta di un travisamento totale delle Scritture, che porterà i vari iniziati a fare del “non giudicare” la propria divisa; un travisamento che però fortifica ulteriormente il silenzio tra gli iniziati di quella che il domenicano P. Paul Philippe, creato cardinale nel 1973 e primo accusatore dei fratelli Philippe, definiva, in un rapporto alla Congregazione per la Dottrina della Fede del 1977, «setta mistica»: «A l’Eau Vive, i segreti della “setta mistica” vengono imposti agli iniziati sotto giuramento, anche nei confronti dei confessori». Gli argomenti ex Scriptura erano fondamentali per convincere le vittime che Dio può chiedere ad anime privilegiate di andare contro i comandamenti; come chiese ad Abramo di uccidere il figlio, o al profeta Osea di unirsi con la prostituta Gomer. L’idea centrale rimaneva quella di essere autorizzati, per la grazia mistica vissuta nel 1937 da P. Thomas, a vivere la sessualità al di là dei comandamenti o, come diceva P. M. Dominique, di vivere la grazia della «verginità positiva».
Ma J. Vanier e M. Dominique non si limitavano a difendere P. Thomas: lo imitavano. L’epicentro della pratica di questa mistica sessuale è il Carmelo di Nogent-sur-Marne, già “iniziato” da P. Thomas, e dove anche Vanier aveva stretto delle relazioni erotiche con alcune religiose. La corrispondenza epistolare mostra come J. Vanier fosse diventato per alcune di loro Cristo stesso e lo Sposo, al quale dare tutte se stesse o con il quale divenire tutt’uno. Queste pratiche diventano prassi nella comunità di Trosly-Breuil, cellula madre de L’Arche, luogo di residenza di J. Vanier e di P. Thomas, e punto di riferimento di tutti i membri dell’associazione. P. Thomas, da cappellano, divenuto referente spirituale esclusivo dei membri de L’Arche, riesce, con l’aiuto di Vanier, a convincere il vescovo di Beauvais, ad ordinare due sacerdoti come ulteriori assistenti spirituali. La Commissione ha ricevuto la denuncia di due donne che hanno avuto con uno di loro, Gilbert Adam, rapporti di natura sessuale, all’interno di un “accompagnamento spirituale”.
La Commissione di studi è stata messa a conoscenza di venticinque donne che, dal 1952 al 2019, hanno avuto con J. Vanier relazioni implicanti la dimensione sessuale; in alcuni casi le donne si sono presentate come vittime, in altri, è emerso un “consenso” alla relazione trasgressiva. La Commissione ipotizza che in realtà vi sarebbero ulteriori casi. Per quanto riguarda P. Thomas, sono emerse 23 persone (tra cui qualche uomo), di cui una minima parte si sovrappone alle 33 già identificate dal Sant’Uffizio in relazione ai fatti che portarono alle sanzioni del 1956. Anche in questo caso si sospetta che in realtà il numero sarebbe in difetto.
Il reclutamento di queste vittime avveniva in modo piuttosto naturale, con la complicità involontaria dei membri ignari de L’Arche, che favorivano in ogni modo incontri personali con P. Thomas e Vanier, data la loro fama di santità e il loro indiscutibile carisma, incontri da cui nasceva poi un “accompagnamento spirituale”. Alla commissione non risulta che P. Marie-Dominique abbia avuto relazioni intime con donne nel contesto dell’Arca. Ma la confessione di una donna rivela ancor più la complicità tra i due fratelli domenicani.
Michèle-France Pesneau, ex suora carmelitana, negli anni Settanta aveva subito degli abusi da parte di P. Marie-Dominique e venne indirizzata proprio da lui a continuare la pratica sessuale con suo fratello. P. Thomas avrà relazioni con questa donna, trasferitasi a Trosly-Breuil, per quindici anni, più volte al mese. «Mi domandava di aspettarlo in cappella. Mi diceva: “Vieni, andiamo a pregare insieme”. Questa era il messaggio in codice, “pregare insieme”», racconta a FranceInfo. Ma questa espressione non era semplicemente un modo per coprire altro; era invece, agli occhi di P. Thomas e di J. Vanier la sostanza di quanto compivano.
Queste relazioni intime erano, a loro avviso, delle modalità di preghiera mistica, o ancora «sessualità casta», perché non si giungeva mai al rapporto completo (probabilmente per evitare l’inconveniente capitato a P. Thomas nel 1947): era questo il modo di convincere le donne a oltrepassare la propria resistenza interiore. Come anche l’idea blasfema, centrale nella falsa mistica dei fratelli Philippe e di J. Vanier, di rivivere la grazia di rapporti carnali che sarebbero stati praticati “castamente” dal Redentore e dalla sua SS. Madre, per risanare la natura umana anche nella sua dimensione sessuale e per anticipare la vita del Cielo.
È da notare altresì il riproporsi continuo di uno schema fondamentale: le vittime erano in realtà delle elette, chiamate a entrare in comunione con la “grazia mistica” che P. Thomas aveva ricevuto nel 1938, e che veniva comunicata appunto solo a persone speciali. E’ questo il tenore di una lettera di J. Vanier a J. Farquharson: «Tu sei stata scelta, è una cosa straordinaria, è segreta». O a un’altra donna: « Mia piccola sorella Brigitte, sono così toccato dalle tue due lettere. Così commosso dalle parole del cappellano [P. Thomas, n.d.r]… Poi della parola che Gesù ti dona. Che Gesù ti inviti ad una confidenza folle. Ti ha scelta. Ti chiama a queste grazie d’amore che il mondo non vuole ricevere».
Una lunga catena di abusi, la generazione di nuovi abusanti, la diffusione di una mistica falsa, blasfema. E manca ancora tutto il filone legato a P. Marie-Dominique e la Communauté Saint-Jean, oggetto del prossimo articolo. Una catena che doveva essere spezzata fin dall’inizio. Ma così non è stato. Il superiore dei Domenicani di Francia, P. Nicolas Tixier, con grande onestà e fermezza ammette (vedi qui): «è la storia di una incapacità di un’istituzione di controllare dei frati aggressori; è l’incapacità di un’istituzione di disciplinare delle situazioni d’abuso».
2. Continua