Vaccini e bene comune, il fattore rischio è decisivo
La forza etica dell’intervento del Cardinale Eijk è notevole e alcuni punti sono confortanti, là dove difende la libertà “ultima” della coscienza e nega l’obbligatorietà dell’inoculo. Ma pesa l'assenza di menzione dei numerosissimi decessi nei giorni successivi alla vaccinazione, che ammontano a più di 600 solo in Italia e le incidenze di effetti avversi gravi decine di volte superiori a tutti gli altri vaccini. Questo aspetto non può essere ignorato da chiunque intenda fare un discorso di natura etica sulla vaccinazione e soprattutto sull’obbligo – o ricatto che dir si voglia - vaccinale.
La questione dei “vaccini” anti-COVID-19 agita sempre più il mondo cattolico e le sue componenti, generando distinzioni e pure divisioni. Il primo a “scendere in campo” è stato papa Francesco, offrendosi come testimonial (anche ora per la terza dose) e intervenendo più volte raccomandando la vaccinazione come un “atto di amore” o persino un “dovere”. La Congregazione per la Dottrina della Fede ha “sdoganato” i vaccini prodotti con cellule derivate da feti umani, attenuando di molto i precedenti pronunciamenti del magistero e senza nemmeno menzionare l’obiezione di coscienza. Ultimamente “gira” molto in rete l’intervento del cardinale Willem Jacobus Eijk, vescovo di Utrecht, tenuto in un convegno internazionale il 23 ottobre 2021. Il suo intervento e ha fatto clamore perché egli è accreditato come un cardinale “conservatore” o “ratzingeriano”.
La sua presa di posizione è interessante anche perché egli è laureato in medicina e esperto di bioetica. In estrema sintesi, Eijk sostiene apertamente la scelta vaccinale in base al principio etico del “bene comune”, ma si oppone in modo netto all’obbligo vaccinale, in qualsiasi forma. Il suo intervento è lungo e articolato e non c’è lo spazio qui per un commento altrettanto dettagliato per cui mi soffermo solo sul “senso” generale del suo approccio al problema e su alcuni punti che ritengo più importanti al fine della discussione. Citerò le parti originali dell’intervento di Eijk in corsivo.
Come è noto, sin dai tempi della legge “Lorenzin” io stesso ho espresso la mia posizione favorevole al mezzo vaccinale come libera scelta di prevenzione laddove sia tecnicamente utile e sicura, mentre mi sono opposto con numerosi argomenti tecnici e giuridici (a partire dall’articolo 32 della Costituzione) all’obbligo imposto dallo Stato, o al ricatto vaccinale, che è una forma surrettizia di obbligo. Quindi, sui principi generali mi trovo d’accordo con quanto scrive il Cardinale, ma mi sento di fare alcuni “distinguo” proprio perché nel caso di “questi” vaccini ci sono aspetti tecnici, sociali ed etici importanti che non vanno trascurati.
BENE COMUNE O AUTORITARISMO?
Il “senso” generale dell’intervento verte sull’idea del “bene comune”, che è presentato come il “principio più basilare” della dottrina sociale cattolica: “Questo è l’insieme delle condizioni che devono essere soddisfatte per garantire lo sviluppo umano integrale di ogni membro della società. Una di queste condizioni risiede chiaramente nel fatto che la vita e la salute dei membri della società dovrebbero essere protette. Tutti i membri della società dovrebbero contribuire in un modo o nell’altro al Bene Comune, ma essi stessi sono sempre il fine del Bene Comune. Non sono subordinati al Bene Comune come mezzo per un fine, presupposto di un’etica di tipo collettivo, come per fascismo e comunismo, i quali prevedevano che l’individuo fosse sacrificato per perseguire il Bene Comune della società.”
L’enunciazione di Eijk è accettabile e valida, soprattutto perché si conclude con la affermazione netta che il cosiddetto “bene comune” non può subordinare il bene dei singoli membri della società. Persona e collettività non possono e non devono mai essere visti come in contrasto tra loro, pena il cadere nell’individualismo o nel collettivismo. Nel suo discorso, il cardinale si sofferma ampiamente nel denunciare il fatto che “la nostra attuale cultura neoliberista iper-individualista non comprende né accetta il principio del Bene Comune come fondamentale per l’etica sociale”, ma a mio avviso non si avvede delle tendenze opposte presenti negli Stati occidentali che, pur ispirandosi al neoliberismo stanno progressivamente sviluppando forme di governo improntate al controllo massiccio della popolazione fino ad arrivare a forme di imposizione sempre più simili a quelle di una dittatura collettivista come quella cinese. Da questo punto di vista, il controverso provvedimento del “green pass” in Italia è emblematico di tale svolta ideologicamente e giuridicamente autoritaria oltre che in gran parte ingiustificata dal punto di vista tecnico.
RISCHI, BENEFICI E PROPORZIONI
Venendo agli aspetti più tecnici, il cardinale si chiede giustamente: “La questione socio-etica centrale è se vaccinarsi sia un atto d’amore o forse anche un obbligo morale nella prospettiva del Bene Comune, perché vaccinandosi si proteggono anche la vita e la salute del prossimo. Un’altra importante questione etica, dal punto di vista dell’etica personale, è se la vaccinazione sia, per il singolo, un mezzo proporzionato volto a proteggere la propria vita, considerato che ognuno di noi è obbligato ad usare mezzi proporzionati per salvare o proteggere la propria vita.” Le risposte a queste domande necessitano di una dettagliata analisi dei rischi e dei benefici delle vaccinazioni e in particolare se “vaccinandosi si proteggono anche la vita e la salute del prossimo” e se la vaccinazione sia un mezzo “proporzionato” a difendere la propria vita, nonostante i rischi che obiettivamente comporta.
E proprio su questi punti si rilevano gli aspetti deboli e discutibili della relazione del Cardinale. Nonostante egli si sforzi di documentare con numeri e dati le sue affermazioni, ad una attenta lettura la gran parte delle affermazioni tecnico-scientifiche denotano una certa superficialità, tipica dei discorsi in proposito che normalmente si sentono fare dalle istituzioni ufficiali o dai mass-media.
NON IGNORARE IL FATTORE DURATA
Ad esempio, alla domanda se i vaccini disponibili nel mondo occidentale sono efficaci, Eijk risponde: “Il vaccino Pfizer protegge dall’ospedalizzazione in un periodo che va dai 24 fino ai 28 giorni dopo la prima iniezione nel 91% delle persone vaccinate. AstraZeneca fa lo stesso nell’88% dei casi. Il vaccino Pfizer e i vaccini Moderna forniscono una protezione di oltre il 90% contro il Covid-19, dopo la vaccinazione completa, che prevede due iniezioni del vaccino, AstraZeneca una protezione del 69-80% (anche dopo la seconda iniezione) e il vaccino Janssen una protezione del 60% dopo un’iniezione”. Anche se poi precisa che “La durata dell’efficacia dei vaccini è incerta” arriva subito a sostenere che “la conclusione è che noi stessi, essendo vaccinati con i vaccini Covid-19 esistenti, siamo sufficientemente protetti dall’infezione da virus Covid-19. Essere vaccinati è indubbiamente un grande contributo al Bene Comune poiché si tutelano la salute e la vita degli altri esseri umani.” Tale “conclusione” non è coerente con la realtà dei fatti sia perché il problema della durata dei vaccini è veramente grave, anzi gravissimo e non può essere ignorato nelle conclusioni, sia perché un conto è la (parziale e breve) efficacia nel proteggere il singolo vaccinato, un conto è che la vaccinazione del singolo tuteli la vita degli altri.
Questo punto è fondamentale proprio sul piano etico. Ora è certo che questi “vaccini” possono impedire che la malattia sia grave se contratta, ma non impediscono la diffusione del virus. Ormai le prove epidemiologiche di questo fatto sono numerosissime e indiscutibili, a partire dalla misura della carica virale nelle vie respiratorie superiori dei vaccinati per finire alla constatazione che le infezioni, dopo qualche mese dall’inizio della campagna vaccinale, sono in numero pari tra i vaccinati e i non vaccinati. Anche per il diffondersi delle varianti, a loro volta favorite dalla “selezione” naturale dei ceppi tra i vaccinati che pure albergano i virus, in numerose nazioni le intense campagne vaccinali sono state seguite da picchi di contagi uguali o persino superiori a quelli osservati in periodi pre-vaccinali.
Questo potrebbe essere dovuto anche alla falsa sicurezza che i vaccinati hanno di esser protetti, mentre dopo alcuni mesi dalla vaccinazione molti di loro possono ugualmente ammalarsi e diffondere il virus. Tanto è vero che nelle nazioni in cui si è puntato solo sui vaccini e si sono allentate le restrizioni di altro tipo, i virus hanno ripreso a diffondersi e gli ospedali hanno ripreso ad essere sotto pressione, anche per il ricovero di persone doppiamente vaccinate.
Resta da vedere se la ripetuta vaccinazione (terza, quarta e successive dosi) potrà alterare questa tendenza che sta demolendo le speranze “messianiche” nei vaccini stessi. Va anche considerato, da parte di chi abbia qualche nozione di patologia generale, che ripetute e frequenti iniezioni di materiale altamente reattogeno, anche se consentissero una diminuzione della incidenza di una certa malattia infettiva, potrebbero avere notevoli conseguenze negative su molte comuni malattie non trasmissibili di tipo cronico, caratterizzate quasi sempre da iper-infiammazione, fenomeni autoinfiammatori o autoimmuni, fibrosi e sclerosi.
GLI EFFETTI AVVERSI CI SONO E SONO MOLTI
Qui veniamo all’aspetto più debole e lacunoso della relazione del cardinale. Egli si chiede se i vaccini Covid-19 sono sicuri e risponde con la solita affermazione tranquillizzante. In seguito, riporta alcuni numeri degli effetti “collaterali” riportati dagli studi sperimentali, senza citare quelli gravi e sostiene che “questi effetti collaterali, che si verificano poco dopo l’iniezione del vaccino, durano da uno a tre giorni. Il dolore e la febbre possono essere trattati con il paracetamolo. Sono per lo più osservati con i vaccini AstraZeneca”. Qui emerge purtroppo la mancanza di competenza specifica in vaccinologia, cosa di cui ovviamente non si può fare colpa a un cardinale che fa un altro mestiere. Al di là del fatto che per i vaccini non si deve parlare di “effetti collaterali” ma di “effetti avversi” (perché l’eventuale effetto “patogeno” del vaccino non è collaterale ma proprio previsto dal suo principio di funzionamento), si capisce che il discorso è fatto per minimizzare e tranquillizzare.
Innanzitutto, non è affatto vero che si siano osservati per lo più con AstraZeneca, i dati stanno a dimostrare che gli effetti avversi gravi hanno incidenza simile per tutti i vaccini (con differenze sui tipi di patologie riscontrate). Ma soprattutto qui il cardinale dimostra di non sapere che tutti i sistemi di sorveglianza europei e americani – pur basati su sistemi rudimentali e inefficienti - stanno evidenziando incidenze di effetti avversi gravi decine di volte superiori a tutti gli altri vaccini mai impiegati nella storia della medicina.
MINIMIZZARE LE MIOCARDITI?
Un esempio di questa tendenza a minimizzare può essere là dove si legge che “la miocardite è stata segnalata come un potenziale serio effetto collaterale del vaccino Pfizer. In un progetto di ricerca nazionale condotto in Israele si è stimata una frequenza media di 2,7 casi ogni 100.000 persone. D’altra parte, la possibilità di insorgenza di miocardite a causa del Covid-19 è significativamente più alta, ovvero di 11 casi per 100.000 persone”. Questo confronto induce la persona che legge a pensare che, per ridurre il rischio di miocardite, conviene vaccinarsi. Ma tale conclusione è fallace per il semplice motivo che la malattia non colpisce tutti e non colpisce tutte le fasce di età allo stesso modo. Ma ancora più grave è la totale assenza di menzione dei numerosissimi decessi nei giorni successivi alla vaccinazione, che ammontano a più di 600 solo in Italia. Questo aspetto non può essere ignorato da chiunque intenda fare un discorso di natura etica sulla vaccinazione e soprattutto sull’obbligo – o ricatto che dir si voglia - vaccinale. La nostra Costituzione ammette un obbligo vaccinale in caso in cui la vaccinazione stessa contribuisca effettivamente al “bene comune” (in termini tecnici possa consentire il raggiungimento dell’effetto gregge) ma come requisito vi è anche il fatto che gli effetti avversi attesi siano solo di modesta entità. Vi sono vari e inequivocabili pronunciamenti della Corte a questo riguardo.
Un altro punto critico è là dove, dopo aver minimizzato gli effetti “collaterali” dei vaccini, si dedica un intero e ampio capitolo alla gravità della malattia, al numero dei morti, alle sofferenze dei malati e via dicendo, fino alla conclusione che “quanto riportato mostra chiaramente quanto il Covid-19 sia una malattia molto grave e certamente non una qualche grave forma di influenza. Inoltre, come abbiamo osservato sopra, il Covid-19 è un fardello molto pesante per l’assistenza sanitaria e ostacola trattamenti necessari anche per altre malattie e disabilità”. Nonostante il cardinale dica, tra le righe, che oggi la malattia oggi si cura in modo sempre più efficace, questo sembra non contare e si continua la narrazione allarmistica. In realtà, malattia è molto meno grave di quanto fosse all’inizio. La letalità era di 6% nella prima ondata, poi 2-3% nella seconda mentre ora è 1% rispetto ai casi di positività. In settembre abbiamo avuto un picco di 6000 casi al giorno con massimo 60 decessi giornalieri.
Comunque sia, la questione del rapporto benefici/rischi meriterebbe maggiori approfondimenti soprattutto perché la convenienza alla vaccinazione cambia molto secondo le condizioni del soggetto e la sua età. Per questo non si può e non si deve avere posizioni ideologiche e in campo cattolico si dovrebbe evitare di incentivare i contrasti “pro-vax” “no-vax” come anche alcuni famosi commentatori continuano a fare, da una parte e dall’altra.
In conclusione, la forza etica dell’intervento del Cardinale Eijk è notevole e alcuni punti sono confortanti, là dove difende la libertà “ultima” della coscienza e nega l’obbligatorietà dell’inoculo. Purtroppo, in un campo come questo l’approccio etico si deve necessariamente intersecare con gli aspetti tecnico-scientifici, che sono discutibili soprattutto in relazione al presunto “bene comune” e alla valutazione del rapporto rischi/benefici, come qui evidenziato.
*PROFESSORE DI PATOLOGIA