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PROMESSE DA G7

Vaccini all'Africa, un miliardo donati, ma tanti saranno sprecati

I Paesi del G7 promettono 870 milioni di dosi di vaccini al COVAX, per donare vaccini all'Africa. Molti Paesi non sono riusciti a prepararsi e lo spreco è enorme. Per l'Unione Africana è colpa della "mentalità coloniale" di chi non include gli africani nelle decisioni. Ma chi ha il coraggio di denunciare lo stato della sanità pubblica in Africa?

Esteri 16_06_2021
Covax

I Paesi del G7 durante il vertice di Carbis Bay che si è appena concluso si sono impegnati a donare 870 milioni di dosi di vaccini contro il Covid-19 al COVAX, l’iniziativa dell’Oms ideata per far sì che i Paesi ricchi donino a quelli poveri vaccini o contributi finanziari per acquistarli. Le dosi si aggiungono a quelle già rese disponibili nei mesi scorsi, soprattutto grazie alla generosità di Stati Uniti e Unione Europea. Quest’ultima, da sola, ha destinato al COVAX un miliardo di dollari.

Il direttore dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha accolto con favore l’annuncio, ma ha replicato che occorrono più dosi e subito: «al momento molti Paesi nel mondo stanno affrontando un aumento dei casi – ha detto – e lo stanno affrontando senza vaccini. È una corsa per la vita e tuttavia questa non è una gara equa. La maggior parte dei Paesi si è arresa alla linea di partenza. Accogliamo con favore le generose dichiarazioni sulle donazioni di vaccini, ma ne servono di più, e ne abbiamo bisogno più velocemente».    

Anche l’Unicef si è congratulata, ma reclama: «un equo accesso ai vaccini, bambini inclusi, costituisce il modo migliore per uscire da questa pandemia – ha dichiarato il direttore esecutivo dell’Unicef Henrietta Fore – e gli impegni assunti dai paesi del G7 rappresentano un importante passo in questa direzione. Ma senza un’azione urgente questo disastro continuerà».

Alcune organizzazioni non governative si sono dette invece del tutto insoddisfatte. Ritenevano inaccettabile il miliardo di dosi proposto da alcuni leader alla vigilia del vertice, figurarsi di meno, come poi è stato deciso: una goccia nell’oceano, hanno definito il piano di aiuti del G7. Secondo Oxfam, la confederazione internazionale di organizzazioni no profit contro la povertà, quasi quattro miliardi di persone dipendono dal COVAX per i vaccini. «Se il meglio che i leader del G7 riescono a fare è donare un miliardo di dosi di vaccini, allora il vertice sarà un fallimento», aveva dichiarato il direttore delle politiche sanitarie di Oxfam Anna Marriott prima del summit, aggiungendo che per mettere fine alla pandemia servono 11 miliardi di dosi. Oxfam aveva anche chiesto ai leader del G7 di sostenere l’abolizione della proprietà intellettuale sui vaccini: «la vita di milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo non dovrebbe mai dipendere dalla buona volontà delle nazioni ricche e dalla avidità delle case farmaceutiche».

Molte Ong inoltre affermano che, se anche le donazioni vanno nella giusta direzione, tuttavia i leader occidentali non hanno capito che servono sforzi eccezionali per sconfiggere il virus. Fornire i vaccini è un primo passo, ma bisogna anche aiutare i Paesi poveri a somministrarli. L’ex primo ministro britannico Gordon Brown si è unito al coro di critiche: «i G7 sono più propensi a far girare il cestino delle elemosine che ha trovare una vera soluzione – ha commentato – sarà un fallimento catastrofico se non riusciremo entro una o due settimane a formulare un piano che davvero liberi il mondo dal Covid, adesso che abbiamo un vaccino».  

Tutti in sostanza sembrano convinti che la soluzione sia vaccinare tutti, anche i neonati, e che la responsabilità ricada sui Paesi occidentali, in particolare su quelli del G7. Che la Cina, ad esempio, o i ricchi paesi produttori di petrolio facciano la loro parte non lo pretende mai nessuno. Tanto meno lo fanno gli africani che a quanto sembra costituiscono il problema maggiore. L’Oms ritiene infatti che il 90% dei Paesi africani non raggiungeranno l’obiettivo di vaccinare entro settembre il 10% della popolazione a meno che arrivino con urgenza più di 200 milioni di dosi oltre a quelle già ricevute. «Solo sette nazioni africane (su 54) raggiungeranno verosimilmente l’obiettivo – dice Matshidiso Moeti, direttore dell’Oms per l’Africa – il continente ha ricevuto meno dell’1% degli oltre 2,1 miliardi di dosi esistenti: i Paesi ricchi devono condividere i vaccini, è ‘una questione di vita o di morte».

In realtà per mettere al sicuro la popolazione a rischio, quella anziana, in Africa non c’è neanche bisogno di arrivare al 10% di vaccinati. In tutto il continente gli ultra sessantenni sono 73,5 milioni. Le persone di 65 anni e oltre sono solo 46,7 milioni, circa il 3,5%, e con una campagna ben organizzata avrebbero già potuto essere vaccinate tutte. Per contro, gli africani giovani, di età compresa tra 0 e 19 anni sono 679 milioni, più di metà della popolazione (il totale è 1,34 miliardi). Quasi 200 milioni hanno meno di quattro anni, altri 181 milioni sono di età compresa tra 5 e 9 anni.

«Molti Paesi non sono riusciti a prepararsi adeguatamente prima di ricevere i vaccini», ha ammesso Phionah Atuhebwe, dell’Oms Africa. Ma la colpa è della «mentalità molto coloniale» con cui è stato concepito il programma di distribuzione dei vaccini ai Paesi poveri. A dichiararlo è stato il dottor Ayoade Alakija, copresidente dell’Alleanza per la distribuzione dei vaccini dell’Unione Africa, che ha parlato al vertice G7. «Il problema di fondo del COVAX – ha detto – è che non è inclusivo. Non hanno chiesto a noi africani, ai nostri leader, alla nostra popolazione: "che cosa volete?" Il motivo per cui finora non siamo stati capaci di acquistare i vaccini di cui abbiamo bisogno, di procurarceli per conto nostro è che ci è stato detto che il COVAX bastava. "State lì e lasciate che ci pensi il COVAX", ci avete detto».

Nessuno al G7 ha pensato di obiettare che in Africa ospedali, ambulatori, personale sanitario non sono abbastanza per garantire campagne di vaccinazione su vasta scala in tempi brevi. A questo si aggiungono la mancanza di infrastrutture e in certi casi di sicurezza. Niente di tutto ciò dipende dal COVAX e dalla «mentalità coloniale» di chi lo gestisce. A metà maggio l’Africa disponeva già di 38 milioni di dosi. Il problema è che ne erano state somministrate solo 22,4 milioni e che diversi Paesi stavano incominciando a restituire decine di migliaia di vaccini che non erano in grado di usare e a distruggerne altrettanti, scaduti o inutilizzabili perché conservati male. L’8 giugno l’Oms ha detto che al momento soltanto il Togo e il Gambia hanno confermato di essere in grado di usare tutte le loro dosi prima della scadenza.

A Carbis Bay le Istituzioni finanziarie per lo sviluppo dei Paesi G7 hanno annunciato un piano di investimenti pari a 80 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni per sostenere le economie dei Paesi africani. Forse nei prossimi giorni qualcuno dirà che è un primo passo nella giusta direzione, ma occorre fare di più e subito, invece di suddividere in cinque anni gli investimenti; e, ovviamente, che i fondi non devono essere concessi con una mentalità coloniale, ma chiedendo agli africani che cosa vogliono. Il Fondo monetario internazionale ha già detto che di miliardi ne servirebbero 425.