Utero in affitto, non si può restare neutrali
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Oltre alla mercificazione obbrobriosa del corpo delle donne, la pratica dell’utero in affitto dà carta bianca al soddisfacimento egoistico del desiderio di possedere a qualsiasi costo un figlio. Ma chi pensa al dramma delle origini e alle altre conseguenze per i bambini? Lettera aperta ai governanti.
Nella nostra Comunità abbiamo all’incirca sessanta ragazzi “adottati” che, grazie al Signore, hanno trovato famiglie disposte non solo ad amarli ma anche ad accompagnarli nel loro futuro, giorno per giorno consapevoli, naturalmente, delle loro inconsce ferite che, pur se non visibili, esistono. Nella nostra esperienza, lunga quasi quarant’anni, abbiamo avuto modo di constatare che questi giovani, ad un certo punto della loro vita, inciampano. Tutti, e sottolineo tutti, presto o tardi, si chiedono, vogliono, pretendono di conoscere e sapere quali siano le loro origini: è naturale che sia così!
Qualcuno di loro arriva a maledire la propria adozione, palesando perfino atteggiamenti ostili e violenti verso i genitori adottivi e verso il mondo intero, ripetendo a sé - e agli altri - che avrebbe preferito non essere mai stato adottato.
Qualcun altro, invece, cerca di razionalizzare e metabolizzare come può la propria adozione, nel tentativo di incanalare i suoi dubbi sulle origini nel modo più propositivo possibile. In tutti questi anni, in cui ho vissuto e respirato la grande sofferenza da parte dei ragazzi adottati, di tutti quei “perché” senza risposta, mi sono sempre sforzata di comprendere, capire e codificare le motivazioni e il senso di quella estenuante ricerca delle proprie radici biologiche.
Quante volte i giovani si trovano in una situazione di smarrimento e disagio derivante dalla non chiarezza sulle proprie “origini”. Talvolta, la spasmodica ricerca delle proprie origini da parte del ragazzo adottato - che si chiede incessantemente “chi sono e da dove vengo” - comporta, all’interno della famiglia adottiva, grandi difficoltà soprattutto nella fase adolescenziale. Talvolta può succedere, in base anche alla genetica ereditata dal ragazzo, che potrebbe non corrispondere alle aspettative della famiglia adottiva (magari narcisistiche?), che la famiglia stessa si “allei” col figlio adottivo, nel tentativo di proteggerlo e tutelarlo da possibili forme di disagio, ignorando tuttavia che tale atteggiamento potrebbe scatenare reazioni ribelli, violente e ostili nel ragazzo stesso. In altri casi, invece, abbiamo assistito all’insofferenza dei figli nei confronti dei genitori, poiché tarlati dal sospetto, a torto o a ragione, che i coniugi adottivi non siano i loro “veri genitori”.
Questa dinamica “di cose mai dette”, scambiata dalla famiglia per sostegno, in realtà aggrava ulteriormente la situazione di disagio percepito nel proprio intimo dal ragazzo, alimentando ancor più l’insofferenza dei figli nei confronti dei genitori. Nelle dinamiche familiari più complesse è difficile riuscire a decodificare i messaggi di disagio esistenziale non visibili, che possono spaziare dal disinserimento sociale e familiare a veri e propri disturbi di personalità.
Dopo queste considerazioni, mi chiedo: ma c’è qualcuno che si schiera in difesa di colui che non può esprimere le proprie volontà e le proprie intenzioni, cioè del nascituro prodotto su ordinazione tramite un utero in affitto? Oltre alla mercificazione obbrobriosa del corpo (nel corso dei secoli si è combattuto contro ogni forma di schiavitù per ritrovarci ora, nel 2023, a sostenere l’utero in affitto), obbrobriosa - ripeto - in quanto vengono comprate le ovaie delle donne meno abbienti, diamo carta bianca al soddisfacimento egoistico e isterico del desiderio di possedere a qualsiasi costo un figlio.
Finita l’era delle colonizzazioni dei territori, non potendo più depredare le ricchezze del sottosuolo... si passa ora a comprare il corpo delle donne? Che mostruosità disumana e incredibile! È questa la nostra civiltà evoluta? Chi sta dalla parte del bambino, che un giorno potrebbe anche rifiutare di essere stato oggetto di scambio? Chi sta dalla parte della sua vita pagata, dicono, finanche ottantamila euro o più? Magari per chi compra, è tanto o poco, in base alla disponibilità delle proprie tasche… ma la vita ha un prezzo? Mi hanno sempre insegnato, e per questo ringrazio la mia famiglia, che la Vita non ha prezzo.
Avete mai pensato, cari Governanti, europei e mondiali, che reazione potrebbe avere in futuro un bambino, scoprendo di essere nato su ordinazione a pagamento? Siamo certi che l’eterogeneità genetica, tra il figlio e i genitori adottivi, non produca in futuro serie e gravi conseguenze? Sono temi importanti quanto disconosciuti.
Troppe volte la famiglia si chiude in sé, quasi a voler nascondere il “fallimento”, che rende difficile il dialogo e le “relazioni” con i propri figli e con l’ambito dei parenti! Se un giorno si trovassero nell’assoluta impossibilità di poter prestare aiuto al proprio figlio e cedessero alla tentazione (già verificatasi in molte adozioni) di rinunciare alla battaglia per stabilire legami forti e significativi, trovandosi al contrario con un figlio che non riconoscono più... che fare? Quando il dramma emergerà, non ci sarà più il tempo a disposizione per rimediare e correre ai ripari, perché in gioco ci sarà ormai la vita stessa! Si entra così in un circolo vizioso e disturbato dove si “gioca all’infinito” sul ricatto e sull’amore!
Non possiamo, di fronte a questo problema, porci con atteggiamento di benevola neutralità. Non possiamo sabotare il meraviglioso progetto di Dio sulla Vita! Soprattutto, non possiamo dare alla vita un “prezzo” sotto l’influsso di un’ideologia che crede, col denaro, di poter comprare tutto… ma proprio tutto!
Com’è scritto nella Bibbia: “Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell’Amore, non ne avrebbe che dispregio”. (Cantico dei cantici 8,7)
* Suora, Comunità Shalom, Palazzolo sull'Oglio