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IL CASO

Uomo si crede donna disabile, delirio in salsa gender

Il norvegese Jorund Alme, sano, va in giro in carrozzina perché dice di aver sempre voluto essere una donna disabile. Una scelta, afferma, “sessualmente motivata”, che si basa sulle stesse premesse dell’ideologia trans. Il punto è sempre lo stesso: la volontà che si scontra con la realtà.

Editoriali 10_11_2022
Jorund Alme_foto Good Morning Norway

Prendete la sindrome di Münchhausen, aggiungete una buona dose di teoria del gender, agitate bene e il risultato sarà la storia del signor Jorund Alme, ben raccontata da Fabrizio Cannone su La Verità. Chi è affetto dalla sindrome di Münchhausen si finge malato in genere per attirare l’attenzione, per essere al centro di cure amorevoli. Ora il signor Alme, di origine norvegese, non solo si crede donna ma anche disabile, pur essendo lui sanissimo. O meglio: si pensa donna disabile. Ciò a dire che nella sua testa egli non riesce a dissociare l’idea di donna da quella di disabilità. Infatti il nostro norvegese, intervistato durante il programma Good Morning Norway, ha dichiarato che la sua scelta è “sessualmente motivata”.

La differenza tra lui e chi soffre della sindrome di cui sopra sta soprattutto nel fatto che questi ultimi fingono una malattia e, invece, Alme non vuole ingannare nessuno sul suo stato di completo benessere, ma si identifica in una donna disabile perché questo è stato il suo desiderio da sempre, tanto che va in giro in una carrozzella. Lo sappiamo: è contraddittorio sapersi sano ma identificarsi in un malato. Ma così è.

Questa storiella si potrebbe anche chiudere qui, concludendo che il signor Alme non ha tutte le rotelle a posto e che è davvero disabile, ma nella testa, non nelle gambe. Purtroppo Jorund Alme si fa chiamare Jorund Viktoria Alme e quando c’è di mezzo una persona transessuale tutto ciò che fa e dice è serissimo e, già in partenza, rispettabilissimo. Lo scudo trans quindi rimanda al mittente qualsiasi critica e infatti, con furbizia, Alme la butta sull’appartenenza sessuale: il mio voler essere disabile è legato alla sfera sessuale, come appuntavamo poco sopra.

Non solo, ma Alme afferma “di avere un disturbo dell'integrità corporea”. Come esiste la cosiddetta disforia di genere così abbiamo anche la disforia corporea. E come nel primo caso si vuole adattare il corpo a ciò che la mente desidera così avviene anche nel secondo caso, mettendo a sedere su una sedia a rotella un uomo sano. E dunque, come un maschio si può comportare da donna, un sano può comportarsi da malato. Il ragionamento, poste le premesse erronee, non fa un grinza e, per questo motivo, la scelta di Jorund “Viktoria” Alme non può essere sindacata.

Detto tutto ciò, il sospetto che Alme si sia inventato questo “disturbo dell’integrità corporea” per cercare un po’ di notorietà è forte. Se costui si vuole davvero identificare in una donna disabile, perché allora non si fa paralizzare realmente? Anche gli uomini che si pensano donne spesso si fanno evirare. Inoltre la nostra Viktoria ha una compagna e due figli: una vita fino a 5 anni fa da perfetto maschio norvegese. Pare dunque una bizzarra versione della sindrome di Münchhausen: fingersi malato per attirare l’attenzione. Alme ci è riuscito così bene, in questo intento, che ha attirato l’attenzione anche di molte persone realmente disabili, le quali giustamente si sono sentite ferite da questo impostore, perché loro non hanno scelto la sedia a rotelle, è questa che ha scelto loro. La paralisi è un dramma che non sopporta finzione, ma solo rispetto. In merito a queste critiche il finto disabile ha così commentato: “Spero che nessuno prenda male il fatto che io usi la sedia a rotelle come ausilio, perché mi aiuta [nel senso, da lui spiegato, che si riposa, ndr]. Non utilizzo nessuna risorsa. Ad esempio, non uso il parcheggio per disabili, perché nella mia situazione non mi serve”. La pezza peggiore del buco.

In giro per il mondo vi sono casi analoghi: persone che si credono gatti o alieni (e modificano anche il loro aspetto per assomigliare a felini e marziani) o appartenenti, loro bianchi, all’etnia africana. Il punto è sempre quello: la volontà che si scontra con la realtà. La rivoluzione contro Dio ha un tratto distintivo: la lotta al reale perché inteso come limite ai propri desideri. L’uomo, nel suo delirio di onnipotenza, vuole essere anche ciò che non potrà mai essere, travalicare anche i confini della propria biologia. Ogni vincolo imposto dalla realtà - sesso, sanità, etnia, specie - deve essere abbattuto perché castrante un Io che vuole espandersi all’infinito. Una ragione messa in carrozzina.