Ungheria e Polonia, vittime del paternalismo democratico dell'Ue
Parlamento europeo contro Ungheria e Polonia. Nella relazione del 15 settembre, il Parlamento ha declassato l'Ungheria ad "autocrazia elettorale" e non più una piena democrazia, dando spazio alla narrazione dell'opposizione ungherese. Il suggerimento della maggioranza dei partiti è quello di privare il Paese del diritto di voto in Consiglio e dei necessari fondi europei (a cui l'Ungheria stessa contribuisce, per altro). Ma anche la Polonia resta nel mirino, dal 2017. E non ha ancora ricevuto i soldi del Recovery Fund. La pressione delle lobby abortiste, in entrambi i casi, è molto forte sui partiti europei.
- IL PD NON PARLA DI ITALIA di Ruben Razzante
Parlamento europeo contro Ungheria e Polonia; così sinistre, verdi, liberali e popolari dimostrano di essere fuori dal mondo reale. Troppe e inquietanti le ‘influenze esterne’ delle multinazionali filantropiche e abortiste. Il Parlamento europeo ha condannato l'incapacità di Commissione e Consiglio di affrontare le violazioni, presunte violazioni dello Stato di diritto e dei valori ‘comuni’, affermando che l’Ungheria è diventato un "regime ibrido di autocrazia elettorale" e non può più essere definito una democrazia.
Nella relazione adottata giovedì 15 settembre (433 voti a favore e 123 contrari), il Parlamento europeo ha sottolineato che il governo ungherese sta minando i valori dell'Ue e ha chiesto risultati rapidi e sanzioni che attraverso l’Articolo 7 (qui la procedura), cioè di togliere il diritto di voto a Budapest in Consiglio europeo e attivare il regolamento sulla ‘condizionalità del bilancio’. Oltre al diritto di voto, Budapest si vedrebbe privata dei fondi di ‘coesione europea’, ai quali la stessa Ungheria contribuisce pro quota con gli altri paesi, e si vedrebbe bloccata ogni possibilità di riceve i fondi del Recovery europeo. Domenica 18 settembre la Commissione potrebbe decidere sulla proposta da portare alla prossima riunione del Consiglio che ha un mese, prorogabile a tre mesi, per prendere una decisione, verificare le riforme dell’Ungheria ed eventualmente votare con i 4/5 di maggioranza. Secondo la Reuters , “la Commissione europea dovrebbe raccomandare di sospendere i miliardi destinati a Budapest dal bilancio comune del blocco per il periodo 2021-27, pari a 1.100 miliardi di euro”. È bene sottolineare che l'Ungheria rimane anche l'unico Stato membro senza l’approvazione del Recovery Fund post COVID-19 (5,8 miliardi).
Le accuse tratteggiate nel documento approvato sono parte della leggenda nera che accompagna l’Ungheria dalla vittoria di Orban, con i due terzi di maggioranza, dal 2010 ad oggi. C’è allarme nel Parlamento europeo per il "sistema costituzionale ed elettorale, l'indipendenza del sistema giudiziario, la corruzione e i conflitti di interesse e la libertà di espressione, compreso il pluralismo dei media. Anche la libertà accademica, la libertà di religione, la libertà di associazione, il diritto alla parità di trattamento, compresi i diritti delle persone Lgbti, i diritti delle minoranze e quelli dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati sono problematici... Le azioni intraprese da Commissione e Consiglio siano state insufficienti, mentre l'Ungheria è diventata un Paese in cui non c'è rispetto per le norme democratiche". I colloqui tra il governo ungherese, la Commissione e molti paesi dell’Ue sono fitti da molto tempo e riguardano proprio le riforme da adottare.
Questa ennesima pugnalata, relativizzata anche dall’intervento del Commissario alla Giustizia Didier Reynders il 14 settembre, non era necessaria in un continente alle prese con la peggiore crisi dal dopoguerra. Ovviamente la notizia dello schiaffo ad Orban ha fatto il giro del mondo, è stata strumentalizzata in Italia contro il centro destra e Giorgia Meloni, che ha difeso cittadini, governo e voto democratico ungherese, e ha ricevuto una ferma condanna da Orban che l’ha definita una “barzelletta che non fa più ridere” e non condizionerà le decisioni del paese contro immigrazione, indottrinamento Lgbti e difesa dei propri interessi economici. Non va dimenticato che il Parlamento europeo aveva già chiesto alla Commissione di intervenire, attivando lo stesso articolo 7, contro la Polonia nel novembre 2017 e che Varsavia , dopo le rassicurazioni e poi la retromarcia della Commissione nell’estate scorsa, non ha ancora ricevuto ancora un euro dal Recovery Fund. Forse arriveranno il prossimo novembre ma, nel frattempo, Varsavia ha già minacciato di cercare i soldi tra i paesi asiatici.
È da notare che, in una altra Relazione approvata lo stesso 15 settembre dal Parlamento europeo, quella sulla “Situazione dei diritti umani nella Ue nel 2020 e 2021”, la Polonia (e pochi altri paesi dell’Est) sia la nazione maggiormente accusata violazioni. Invece di riflettere sulle allarmanti previsioni per l’Europa del Fondo Monetario Internazionale, la Ue insiste nella caccia ai propri ‘capri espiatori’ interni. Anche per questo clima, dopo il gelo calato nelle relazioni tra Varsavia e Budapest in questi primi sette mesi di guerra in Ucraina, il Premier polacco Morawiecki sta insistentemente lavorando da settimane rafforzare le relazioni con Orban su i tanti valori, sfide e temi in comune.
Intanto, crescono ogni giorno gli indizi inquietanti su come le scelte europee siano condizionate da lobbies e abortisti vari. Come mai lo stesso 15 settembre l’IPPF europea rilascia un durissimo comunicato di accusa verso la Polonia e la nuova legge ungherese che prevede l’ascolto del battito cardiaco del bambino prima dell’aborto? Come mai Polonia e Ungheria sono definite autocrazie nel report svedese V-Dem pubblicato ad inizio settimana e sponsorizzato da Open Society? Coincidenza di terminologie? Come mai non c’è un plauso per la democrazia ungherese che ha resistito ai milioni di dollari provenienti dagli USA e per finanziare le opposizioni? Perchè non si apprezzano le manifestazioni pacifiche delle parate Lgbti nelle città polacche? Non è discriminazione quella di Donald Tusk che vieta candidature pro life nella sua coalizione? Come mai, lo stesso 15 settembre, la Corte europea dei diritti umani, emette una Sentenza che, di fatto, legalizza la blasfemia in Polonia dove è forte il sentimento religioso? I socialisti condizionano forze politiche e istituzioni ma non possono, per ora, obbligare i cittadini a votarli.