PRISMA
Una politica per il Mediterraneo
Perché i regimi autoritari mediorientali sono diventati insopportabili.
Prisma
31_01_2011
La sostanziale crescente inefficacia dell’influenza degli Stati Uniti nella vasta e cruciale regione compresa tra la riva sud del Mediterraneo e il Golfo non era in fondo colpa di Bush; dipende piuttosto da elementi di fatto a causa dei quali Obama in fin dei conti fa una politica che nella sostanza è ben poco diversa da quella del suo predecessore.
Tali elementi si riducono poi a uno solo: pur continuando a essere la massima potenza mondiale, gli Stati Uniti sono ormai definitivamente meno forti di un tempo. Non possono intervenire comunque e dappertutto con il medesimo dispiego di forze. Devono fare delle scelte di priorità, e in tale prospettiva il Sudest asiatico viene per loro prima del Vicino e Medio Oriente. Beninteso, questo non vuol dire che siano svaniti; la loro potenza militare è di gran lunga maggiore di quella di tutti gli altri paesi del mondo messi insieme. Però non possono impegnarla contemporaneamente alla massima potenza in due diversi scacchieri, e soprattutto non hanno più margini economici tali da poter consentire loro di usare liberamente della leva degli aiuti. Hanno insomma ancora il bastone in una mano ma nell’altra la carota non c’è più, o comunque è sempre più piccola.
Si aggiunga che la crisi economica internazionale se pesa sul tenore di vita di un paese ad alto reddito pro capite come il nostro tanto più colpisce paesi come la Tunisia o l’Egitto. Non a caso in questi paesi i prezzi di un “paniere” di beni di prima necessità t(olio per cucinare ma soprattutto farina e simili) sono fortemente calmierati grazie a contributi pubblici. Negli ultimi mesi tali contributi non sono però bastati a reggere in particolare l’impennata del prezzo internazionale dei cereali, che in questi paesi vengono importati in larga misura; né gli Stati Uniti possono oggi, come un tempo potevano, sovvenire elargendo aiuti ad hoc.
Il forte aumento del costo della vita (su cui in paesi così poveri i prezzi della farina e dell’olio incidono sensibilmente) combinandosi con la percezione del declino dell’influenza americana ha perciò reso insopportabili dei regimi autoritari che sin qui venivano sopportati. Adesso si tratta di favorire delle transizioni non disastrose verso nuovi assetti politici, ma soprattutto di farsi finalmente carico del problema dell’enorme differenza di tenore di vita tra la riva nord e la riva sud del Mediterraneo. La questione ha dimensioni tali da esigere l’attenzione coordinata dell’intera Europa, ma non c’è dubbio che il nostro Paese non può che essere in prima fila a causa della sua specifica collocazione geo-politica.
Occorre puntare a un rapido processo di sviluppo condiviso dell’intera area: un’azione che potrebbe peraltro dare un contributo decisivo al superamento della crisi.
Tali elementi si riducono poi a uno solo: pur continuando a essere la massima potenza mondiale, gli Stati Uniti sono ormai definitivamente meno forti di un tempo. Non possono intervenire comunque e dappertutto con il medesimo dispiego di forze. Devono fare delle scelte di priorità, e in tale prospettiva il Sudest asiatico viene per loro prima del Vicino e Medio Oriente. Beninteso, questo non vuol dire che siano svaniti; la loro potenza militare è di gran lunga maggiore di quella di tutti gli altri paesi del mondo messi insieme. Però non possono impegnarla contemporaneamente alla massima potenza in due diversi scacchieri, e soprattutto non hanno più margini economici tali da poter consentire loro di usare liberamente della leva degli aiuti. Hanno insomma ancora il bastone in una mano ma nell’altra la carota non c’è più, o comunque è sempre più piccola.
Si aggiunga che la crisi economica internazionale se pesa sul tenore di vita di un paese ad alto reddito pro capite come il nostro tanto più colpisce paesi come la Tunisia o l’Egitto. Non a caso in questi paesi i prezzi di un “paniere” di beni di prima necessità t(olio per cucinare ma soprattutto farina e simili) sono fortemente calmierati grazie a contributi pubblici. Negli ultimi mesi tali contributi non sono però bastati a reggere in particolare l’impennata del prezzo internazionale dei cereali, che in questi paesi vengono importati in larga misura; né gli Stati Uniti possono oggi, come un tempo potevano, sovvenire elargendo aiuti ad hoc.
Il forte aumento del costo della vita (su cui in paesi così poveri i prezzi della farina e dell’olio incidono sensibilmente) combinandosi con la percezione del declino dell’influenza americana ha perciò reso insopportabili dei regimi autoritari che sin qui venivano sopportati. Adesso si tratta di favorire delle transizioni non disastrose verso nuovi assetti politici, ma soprattutto di farsi finalmente carico del problema dell’enorme differenza di tenore di vita tra la riva nord e la riva sud del Mediterraneo. La questione ha dimensioni tali da esigere l’attenzione coordinata dell’intera Europa, ma non c’è dubbio che il nostro Paese non può che essere in prima fila a causa della sua specifica collocazione geo-politica.
Occorre puntare a un rapido processo di sviluppo condiviso dell’intera area: un’azione che potrebbe peraltro dare un contributo decisivo al superamento della crisi.
In tale prospettiva occorre però non limitare lo sguardo alla riva sud del Mediterraneo e al Levante ma andare oltre. Quest’area infatti oltre a valere in sé vale anche e in ultima analisi soprattutto come cerniera tra l’Europa da una parte e dall’altra l’Estremo Oriente (senza dimenticare le grandi potenzialità dell’Africa sub-sahariana). Ciò implica la necessità di sviluppare adeguati rapporti con l’India in Asia e in Africa con la Repubblica Sudafricana. Può sorprendere il richiamo all’India prima che alla Cina ma, come spiegheremo meglio in una prossima occasione, sono molti i motivi che devono indurci, come Italia e come Unione Europea, a dare priorità all’India, ovviamente senza ignorare la Cina ma avendo chiaro che per noi, malgrado tutto quanto sembra nell’immediato, il rapporto con la prima ha molto più futuro di quello con la seconda.